37e2: una trasmissione tra controinformazione e servizio

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Intervista a Cora Ranci

Dottoressa di ricerca in Storia Contemporanea e nel 2020 ha pubblicato per Laterza il libro Ustica. Una ricostruzione storica. Ha all’attivo diversi articoli e la produzione di un documentario sul terremoto in Emilia. Dal 2019 è coautrice con Vittorio Agnoletto del programma radiofonico di inchieste sulla sanità 37e2 di Radio Popolare.

A cura di Alberto Deambrogio

Alberto Deambrogio: 37e2 è una trasmissione radiofonica che recupera appieno la feconda tradizione di quella che un tempo si sarebbe chiamata “controinformazione”. I temi della salute, pur essendo centrali nella vita di tutte le persone, stentano a trovare adeguati spazi di riflessione. Ci vuoi intanto dire perché avete scelto il media radiofonico, quello di Radio Popolare, per trattare questi problemi? Come lavora e come è organizzata la vostra redazione?

Cora Ranci: Il progetto di 37e2 nasce nel 2015 dall’incontro tra Medicina Democratica e Radio Popolare. Data la forte identità politica delle sue due anime, si tratta di una trasmissione che ha una precisa linea editoriale, incentrata su due assi principali. Da un lato c’è certamente la contro-informazione intesa come informazione che va al di là dei comunicati ufficiali e che cerca di “scavare” nelle notizie mettendone in luce gli aspetti problematici. La fonte principale dei nostri servizi di inchiesta sono gli ascoltatori e le ascoltatrici di Radio Popolare, che ci segnalano costantemente le loro “disavventure” in ambito sanitario. Il nostro compito è verificare la fondatezza delle segnalazioni e invitare in trasmissione i responsabili dei servizi coinvolti (di solito le autorità sanitarie o la Regione), chiamati a rendere conto delle diverse situazioni. Per fare un esempio relativamente recente, nei primi mesi della pandemia siamo stati i primi a denunciare un laboratorio privato convenzionato di Milano che vendeva i tamponi per la ricerca del Covid a oltre 300 euro, in un momento in cui riuscire a fare un tampone era impossibile. Il secondo asse di 37e2 è invece quello che noi chiamiamo “attività di sportello”, o trasmissione di servizio: diamo a chi ci scrive istruzioni e consigli pratici su come destreggiarsi nel labirinto della burocrazia sanitaria. In questo tipo di servizio, c’è anche un intento che potremmo definire pedagogico: informiamo sui diritti che spettano sulla base delle leggi italiane, e spieghiamo come fare per esigere formalmente il rispetto di quei diritti. Un’attenzione particolare è data ai temi che riguardano la disabilità e la non autosufficienza: ogni settimana segnaliamo le attività gratuite offerte dalle tante organizzazioni che operano in questo ambito e realizziamo interviste originali per far conoscere il mondo della disabilità andando oltre gli stereotipi. La redazione è composta da tre persone: Vittorio Agnoletto è l’ideatore e il responsabile del programma, c’è la speaker di Radio Popolare Elena Mordiglia e poi, da due anni, ci sono io a fare il lavoro di redazione. La radio non è solo un media che ci dà voce, ma un mezzo per interagire con un pubblico – quello della storica emittente Radio Popolare – particolarmente attento e partecipe. Un pubblico che non si percepisce solo come ascoltatore, ma che grazie al sistema di abbonaggio su cui la Radio è basata si fa sentire quotidianamente con segnalazioni, domande, apprezzamenti e critiche. Una radio capace di creare dibattito. 37e2 non potrebbe esistere senza una radio così.

A.D.: In questi ultimi due anni, segnati inevitabilmente dalla pandemia, è emersa con chiarezza una difficoltà sia da parte della scienza, sia da parte della politica nel comunicare in modo non contraddittorio i problemi e le soluzioni prospettate; in più di un’occasione il cortocircuito è stato evidente. Come avete affrontato la necessità di fornire elementi di analisi in modo critico, mirando a una corretta informazione di massa senza banalizzazioni?

C.R.: Sin dai primi giorni della pandemia abbiamo cercato di fornire un’informazione quanto più possibile accurata su quello che stava accadendo. Abbiamo preso le distanze dalla narrazione mediatica dominante di stile sensazionalistico-impulsivo, a mio parere assolutamente inadeguata a fornire le chiavi interpretative necessarie per comprendere la situazione inedita in cui ci siamo improvvisamente trovati nel febbraio 2020. Abbiamo quindi cercato di ancorarci per quanto possibile ai dati scientifici confermati, e di spiegare sempre in maniera critica le ragioni alla base delle misure decise dal governo. Per la parte di inchiesta, il nostro focus è sempre stato sulla sanità pubblica: durante i primi mesi di pandemia abbiamo raccontato l’abbandono dei malati in Lombardia, la strage nelle RSA, le falle del servizio sanitario lombardo. Abbiamo messo l’accento sulla totale inadeguatezza di un sistema sanitario – come quello della nostra regione, la Lombardia – in cui la sanità territoriale era stata scientemente smantellata a favore dei grandi ospedali in un modello misto pubblico-privato che finisce per avvantaggiare la sanità privata a scapito dei servizi di base. Data la nostra linea editoriale, abbiamo cioè cercato di raccontare e analizzare i problemi di sanità pubblica che la pandemia ha brutalmente portato alla luce. Per quanto riguarda il tema caldo dei vaccini, ci siamo scontrati con la difficoltà dovuta alla polarizzazione di un dibattito che finisce col delegittimare automaticamente qualsiasi opinione minimamente critica nei confronti della principale arma contro il virus. Credo che nonostante le difficoltà siamo riusciti a portare avanti un discorso critico all’interno di una posizione decisamente vaccinista, o almeno lo sforzo è stato questo. Abbiamo cioè spiegato i vantaggi offerti dai nuovi vaccini, ma abbiamo sempre anche parlato dei loro limiti. Ad esempio abbiamo sin da subito spiegato che il vaccino non impedisce alle persone di infettarsi, in un momento in cui la narrazione bellicista della maggior parte dei media e del governo imponeva di presentare i vaccini come panacea di tutti i mali. Abbiamo anche, credo coraggiosamente dato il clima generale, presentato opinioni critiche verso la vaccinazione dei bambini al di sotto dei 12 anni.
Soprattutto, abbiamo ampliato lo sguardo verso il sud del mondo, e denunciato la gestione capitalistica della produzione e della distribuzione dei vaccini, che anche a causa di un sistema di brevetti impedisce di far arrivare questa preziosa arma contro il virus nei paesi più poveri. Tenere insieme questa complessità non è stato facile. Il nostro modus operandi è stato quello di presentare le diverse opinioni, attraverso interviste ad esperti selezionati, offrendo agli ascoltatori degli spunti credo validi per formarsi una propria opinione.

A.D.: in radio avete costantemente sostenuto la campagna #noprofitonpandemic.eu/it a favore della sospensione dei brevetti sui vaccini anticovid. Avete anche cercato di far passare notizie in merito ai rapporti di potere che intercorrono tra le grandi aziende farmaceutiche e la politica, riallacciandovi direttamente a fonti d’informazione internazionali, anche insospettabili. Che idea ti sei fatta sui silenzi e le connivenze che caratterizzano su questo punto la linea dei media italiani?

C.R.: Memori di quanto accaduto negli anni ’90 in Africa con i brevetti applicati ai farmaci antiretrovirali per la cura dell’AIDS, il tema dell’equa distribuzione dei vaccini anti-Covid a livello globale ci è parso sin da subito assolutamente centrale e dirimente. Continuiamo infatti a sostenere convintamente l’iniziativa dei cittadini europei per chiedere alla Commissione di Bruxelles di adoperarsi per rendere i vaccini e le cure anti-pandemiche un bene pubblico globale, accessibile gratuitamente a tutti (noprofitonpandemic.eu/it). Attraverso aggiornamenti e interviste frequenti seguiamo l’evolversi del dibattito internazionale sulla questione. Stiamo anche cercando di approfondire il tema dei profitti delle aziende farmaceutiche e dei legami tra queste ultime e il mondo della politica. Devo dire che purtroppo siamo un caso quasi isolato nel panorama mediatico italiano. Le inchieste su questi aspetti ricevono scarsa attenzione nel dibattito pubblico e non sortiscono l’effetto sperato di suscitare reazioni forti nell’opinione pubblica e nella politica – al di là di certi ambienti sensibili al tema, che restano ancora purtroppo minoritari. Quando si parla di vaccini, il paradigma comunicativo dominante è infatti quasi esclusivamente incentrato sull’andamento della campagna vaccinale in Italia, trascurando il contesto internazionale in cui la pandemia si muove. Questo provincialismo ombelicale dei media italiani – che purtroppo non stupisce perché riguarda da tempo qualsiasi altra questione all’ordine del giorno – appare paradossale se consideriamo l’imprescindibilità del contesto globale rispetto all’opzione di un’uscita dalla pandemia. L’arrivo di nuove varianti dal sud del mondo – prima Delta dall’India, ora Omicron dal Sud Africa: guarda caso, proprio i due paesi che hanno richiesto al WTO la sospensione dei brevetti sui vaccini – non sembra risvegliare nel nostro giornalismo l’urgenza di adottare un punto di vista più ampio in grado di mettere in discussione le modalità di produzione e distribuzione dei vaccini. Mobilitare le masse nella campagna vaccinale è stato e continua a essere un obiettivo giusto e necessario, che però ha troppe volte portato a porre in secondo piano questioni prioritarie come la mancanza di un accesso globale ai vaccini. Non è nemmeno difficile immaginare che effettivamente vi siano anche connivenze che portano a silenziare un tema scomodo come quello della sospensione dei brevetti, che intaccherebbe i profitti milionari delle aziende farmaceutiche.

A.D.: La vostra è una trasmissione di servizio, in qualche modo persino supplente su un terreno che dovrebbe essere appannaggio delle istituzioni della salute pubblica. Siamo davvero lontani dal Maccacaro del 1973, che poteva “puntare su tutte le forme di appropriazione e di autogestione” all’interno della lotta per la salute. Come giudichi l’apporto che vi arriva costantemente da chi vi ascolta? Su quali direttrici agite per riattivare circuiti di consapevolezza, di disponibilità all’azione collettiva?

C.R.: L’apporto di chi ci ascolta è fondamentale. Spesso sono gli ascoltatori di 37e2 a fare la trasmissione attraverso le loro segnalazioni, le loro storie, la loro indignazione e senso di impotenza per qualcosa che gli è accaduto e che non sanno a chi raccontare. Penso ad esempio alle tantissime mail che ci arrivano – anche da prima del Covid – da persone che non riescono a prenotare visite ed esami a causa della lunghezza delle liste di attesa in Lombardia e che si sentono dire che è meglio rivolgersi alla sanità privata. Penso ai famigliari delle persone residenti nelle RSA che ci chiedono perché ancora non gli è concesso fare visita ai propri cari. Penso ai tantissimi rimasti senza medico di base che non sanno come fare per avere le ricette mediche. Mi piace l’espressione “riattivare circuiti di consapevolezza”: è esattamente quello che cerchiamo di fare portando queste storie in trasmissione e mostrando quali sono le possibilità di azione concreta. Ricordiamo che come cittadini abbiamo dei diritti ben precisi sanciti in primis dalla Costituzione e poi anche da leggi come la 833/78 che ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale, o la 124/98 che tutela i tempi di attesa del malato. Spesso, scrivendo alle direzioni delle autorità sanitarie competenti si riescono a sbloccare le situazioni. Nei casi più difficili, consigliamo di richiedere l’intervento del Difensore Civico Regionale. Alcune volte interveniamo noi direttamente portando in trasmissione i casi che ci sembrano più paradigmatici e di interesse collettivo. Spesso siamo riusciti a risolvere situazioni difficili, come quando in seguito a un nostro servizio in radio è stato finalmente vaccinato a domicilio un ragazzo con disabilità gravissima di Milano, che da mesi aspettava il vaccino senza che nessuno si degnasse di dargli una risposta. In questi casi portiamo a casa una vittoria, ma anche molta amarezza perché è scandaloso che certi diritti vengano negati fino a che non fanno notizia. Abbiamo anche attivato un Osservatorio Coronavirus che offre alcuni servizi gratuiti tra cui consulenza e assistenza legale. Per questa attività specifica nel 2020 abbiamo anche ricevuto la benemerenza civica dell’Ambrogino d’Oro dal Comune di Milano, un riconoscimento che ci ha riempiti di orgoglio in un momento di grande fatica dovuta alla pandemia.

A.D.: Il tema della sicurezza e degli incidenti sul lavoro è tragicamente presente sui media del nostro Paese. Occorre però dire che in molti casi non si sa andare oltre la rubrica dell’”ennesima tragedia”. Come state affrontando a 37 e 2 questo nodo, in modo particolare oggi che la pandemia da Covid ha fatto emergere nuovi rischi, antiche debolezze e una politica corriva?

C.R.: Il tema degli infortuni sul lavoro è caro a 37e2. Lo trattiamo spesso e di recente abbiamo dedicato al tema una rubrica ad hoc grazie alle competenze e all’apporto di esperti di Medicina Democratica. Di solito non partiamo dai casi di cronaca, che comunque sono sempre riportati dal Giornale Radio di Radio Popolare – purtroppo quasi quotidianamente. Ci occupiamo principalmente delle cause di fondo sottese alle morti e agli infortuni sul lavoro, che quest’anno hanno tra l’altro visto una crescita, e monitoriamo criticamente i provvedimenti presi dal governo. La pandemia ha allargato la platea dei lavoratori fragili nei confronti dei quali si pone urgentemente il problema della sicurezza sul luogo di lavoro, quindi il tema è certamente sempre molto centrale.

Alberto Deambrogio

Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

Intervista pubblicata sul numero di gennaio 2022 del mensile

In versione interattiva https://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-gennaio…

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