A proposito del decreto sul “green pass”

Foto da repubblica.it

C’è bisogno di mettere da parte certezze e interpretazioni eccessivamente statiche, per misurarsi con ciò che si muove, consapevoli che magari per lungo tempo la strada sarà stretta ed il sentiero tortuoso e che ci troveremo diverse volte a misurarci con fenomeni che ci fanno stare scomodi, ma che ci sfidano ad acuire lo sguardo e attrezzarci per il futuro.

Date queste premesse entriamo nel dibattito sui sommovimenti che si stanno dando sulla questione del Green Pass con alcuni appunti sparsi e provvisori:

1 La questione del Green Pass va oltre al tema “vaccino sì, vaccino no”. Riguarda il modo in cui la nostra società e i suoi sistemi di potere stanno affrontando la crisi pandemica e la gestione della crisi sanitaria. Più in generale è un esempio delle soluzioni tecnocratiche che il capitale pone ai suoi stessi fallimenti (l’incapacità di ricostruire una narrazione unitaria degli interessi, il paradosso per cui l’individualismo piccolo borghese rischia di essere sui livelli più alti un blocco per il rilancio della valorizzazione, la devastante crisi della riproduzione sociale complessiva). E’ evidente che il Green Pass era solo una delle opzioni possibili per affrontare questa fase della crisi, ed è stata scelta per due motivi: per tentare di evitare lockdown totali o parziali a causa delle varianti che interrompessero o rallentassero nuovamente la valorizzazione e per velocizzare la campagna vaccinale che è proceduta al rilento per diversi motivi (l’inefficacia della narrazione mainstream, la paura tutt’altro che infondata – come si è visto nel caso di AstraZeneca – rispetto alla scarsa sperimentazione e anche una certa dose innegabile di egoismo sociale sempre più diffuso). Dunque a livello europeo è stato deciso di imporre d’imperio il Green Pass come soluzione tecno-politica.

2 Il vaccino da solo non è la soluzione. Lo diciamo da mesi. Se è innegabile che la campagna vaccinale ha dato i suoi frutti in termini di calo delle morti e di ricoveri in terapia intensiva, è altrettanto vero che non è stata affatto la soluzione definitiva alla pandemia come era stata presentata all’inizio. Qui esistono due problemi di scala con cui si affronta il fenomeno. Il primo è su un livello macro: una campagna vaccinale totalmente efficace in grado di evitare la mutazioni del virus dovrebbe essere globale e molto rapida. Un’operazione del genere dovrebbe passare per un coordinamento generale delle singole governance e naturalmente da una almeno parziale redistribuzione globale d’emergenza delle risorse. E’ evidente come una ipotesi del genere sia allo stato attuale impraticabile da parte capitalista. In secondo luogo su un piano più basso per ovviare a questo limite sarebbe stata necessaria una mobilitazione generale di risorse, capacità e prevenzione a livello territoriale al fine di evitare e contenere nuovi cluster che inficiassero la campagna vaccinale. E’ dunque evidente che ancora una volta il capitale per evitare qualsiasi tipo di redistribuzione si è affidato ad un soluzionismo tecnoscientifico che ha dimostrato tutta la sua fallacia e che ha esasperato ulteriormente la situazione socio-economica. Dunque non c’è da stupirsi rispetto alla diffidenza che sempre più persone a livello più o meno esplicito nutrono nei confronti della capacità degli Stati di venire fuori dalla crisi.

3 La maggior parte di coloro che non si vaccinano non sono necessariamente negazionisti o No Vax. A prevalere sono soprattutto gli indecisi, coloro che rimandano la vaccinazione per paura, perché hanno altre priorità al momento, perché vogliono comprendere meglio cosa c’è in gioco, perché non sono in territori particolarmente colpiti fino ad oggi oppure perché sul proprio territorio sono scarsi i servizi. Negli Stati Uniti paradossalmente la campagna vaccinale ha incontrato le maggiori difficoltà proprio nei quartieri black dove il numero delle morti e dei contagi da Covid è stato maggiore. Molti studiosi hanno evidenziato la correlazione tra l’insurrezione di Black Lives Matter e la pandemia, eppure quelli sono stati i territori dove insisteva una maggiore diffidenza rispetto al vaccino. Varie possono essere le motivazioni che andrebbero analizzate e comprese, dall’assenza e dai ritardi nei servizi, alla diffidenza rispetto al sistema sanitario inefficace e magari razzista con cui si viene in contatto in certi territori, altri bisogni più urgenti, la tendenza al fatalismo ecc… ecc… Anche in Italia ci troviamo davanti ad una situazione simile: le regioni con il maggior numero di non vaccinati sono Calabria e Sicilia, a percezione se le stesse stime venissero fatte sulle città probabilmente si scoprirebbe che i quartieri popolari sarebbero quelli con il tasso di vaccinazione più basso. Senza parlare dei migranti, dei senza casa e di tutti coloro che sono esclusi o hanno un difficile accesso al sistema sanitario. E’ evidente dunque che il Green Pass funzionerà anche da sistema di esclusione sociale per fasce della popolazione che già stanno vivendo le avversità della crisi.

4 Il Green Pass non è di certo la soluzione. E’ vero che una parte degli indecisi spinti dall’eventualità di non avere più accesso a determinati servizi ha scelto di rompere gli indugi e prenotare il vaccino. Ma scegliere di polarizzare a questo livello il discorso pubblico potrebbe portarne molti altri a decidere di non farlo di fronte alla forzatura del governo. A questo punto oltre all’evidente esclusione sociale a cui andrebbero incontro questi soggetti verrebbe alla luce un problema più generale. Infatti siamo di fronte al paradosso per cui le fasce d’età meno vaccinate sono anche quelle più a rischio e chi invece ha il Green Pass potrebbe diventare un silenzioso vettore di contagio proprio tra queste persone. Di questo la controparte ne ha assoluta contezza ed ha deciso che è un rischio accettabile. Puro darwinismo sociale nella sua versione più brutale.

5 E’ chiaro che per come si dà oggi lo scontro su questo tema si tratta di un dibattito interamente interno alla sfera del capitale dal punto di vista discorsivo. Rilancio della valorizzazione contro libertà individuali. Al momento sembra esserci poco spazio per un discorso diverso in questa polarizzazione, ma rimane vero che il Green Pass è una misura escludente e tecnocratica e che è oggettivamente necessario avversarla per chiunque si ponga un punto di vista anticapitalista. Inoltre ancora una volta, uno sguardo superficiale alla composizione di quelle piazze ci porta a dire che almeno in parte al loro interno vi siano soggettività con cui sarebbe importante relazionarsi per costruire percorsi di rottura dell’esistente.

Concludiamo questi brevi appunti con una serie di domande, come inchiesta aperta sui fenomeni a cui stiamo assistendo:

Quanto sta accadendo è solo il prodotto di un diffuso egoismo sociale e di interessi economici ben specifici o c’è altro?

Questi sommovimenti si pongono su un terreno antistituzionale? In che forma?

E’ possibile almeno in parte introdurre dentro questi sommovimenti temi e parole d’ordine che superino la contrapposizione tra Si Vax e No Vax e si propongano di porre in discussione la gestione dall’alto della crisi?

Abbiamo visto una continua confusione all’interno dei saperi tecnoscientifici. Si può ipotizzare che questo campo stia andando incontro ad una progressiva ripoliticizzazione. Come possiamo inserirci in queste faglie, alla luce anche delle piazze che stiamo osservando, per immaginare una ricomposizione che vada nella direzione di affermare la priorità di una vita degna sulla produzione e sul consumo?

Si può essere contro il Green Pass anche se si ritiene che sia giusto o per lo meno utile vaccinarsi al fine della cura collettiva di tutt*, ma si vuole vivere in una società che non lasci indietro nessuno.

E’ evidente che lo spazio è stretto, come dicevamo all’inizio, e lo sarà ancora per lungo tempo, ma non sarà a partire da certezze granitiche che ricostruiremo una possibilità di contrapposizione di massa in senso antagonista. Si tratta con umiltà di confrontarsi, sperimentare, mettersi in gioco mantenendo alcuni punti fermi, ma con la consapevolezza che tocca sporcarsi le mani.

Ps. Al di là di come la si pensi sui vaccini o sul green pass, togliere i social a Burioni sarebbe un’operazione di salute pubblica.

26/7/2021 https://www.infoaut.org

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