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    Note al fine di evidenziare quale livello di disinformazione possano produrre posizioni “di parte” disposte anche a negare la realtà – pur di difendere l’indifendibile

    A PROPOSITO DI RIDER

    Pubblicato da franco.cilenti

    Il tema dei c.d. rider, i ciclofattorini che consegnano a domicilio il cibo ordinato attraverso piattaforme digitali quali Deliveroo, Foodora, Just Eat, Glovo e Uber Eats, ha rappresentato nel corso degli ultimi due/tre anni un interessante argomento di confronto tra esperti ed “addetti ai lavori”.

    Ad alimentare la discussione hanno contribuito sentenze di diversi Tribunali, Corte di Appello e Cassazione, oltre a specifiche norme di legge; più recentemente, la stipula di un contratto collettivo.

    La questione più dibattuta è relativa all’esatta qualificazione del rapporto di lavoro instaurato tra le parti.

    Al fine di operare una breve e sintetica cronistoria dei fatti è opportuno tenere almeno presente:

    • Sentenza del Tribunale di Torino nr. 778, del 7 maggio 2018; attraverso la quale fu respinto il ricorso di alcuni rider, ex dipendenti Foodora, che chiedevano fosse riconosciuto loro lo status di lavoratori subordinati.
    • Sentenza della Corte di appello di Torino nr. 26, del 4 febbraio 2019; che confermò la natura autonoma del rapporto di lavoro, ma stabilì che gli stessi avevano diritto, in termini di sicurezza, inquadramento professionale, limiti di orario, ferie e previdenza allo stesso trattamento previsto per i lavoratori subordinati.
    • Decreto legge nr. 101 del 3 settembre 2019, convertito in legge nr. 128 del 2 novembre 2019 (attraverso la quale furono apportate modifiche al D. Lgs. nr. 81 del 15 giugno 2015); che, in particolare, estendeva ai rider la disciplina prevista dal D. Lgs. 81/2015 e, tra l’altro, sanciva il divieto della retribuzione “a cottimo”.
    • Sentenza della Cassazione nr. 1663, del 24 gennaio 2020; che contro il ricorso della Foodora (già assorbita da Foodinho) confermò quanto sancito dalla Corte di appello di Torino.
    • Sentenza del Tribunale di Firenze nr. 866, del 1° aprile 2020; che dispose l’obbligo, per Just Eat, di fornire al lavoratore ricorrente i dispositivi di protezione individuale anti Covid-19 già previsti per i lavoratori subordinati.
    • Sottoscrizione, in data 15 settembre 2020, del primo Contratto collettivo di lavoro (con validità di 3 anni, a decorrere dal 3 novembre 2020) – tra Assodelivery (Associazione sindacale cui appartengono quasi1 tutte le piattaforme di food-delivery operanti in Italia) e Ugl-Rider.
    • Nota del Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro nr. 0009430, del 17 settembre 2020; attraverso la quale il Ministero notifica a Assodelivery una serie di rilievi al contratto collettivo appena sottoscritto. Tra gli altri, sono di particolare importanza almeno tre/quattro elementi: 1) innanzi tutto, si pone il problema di verificare la titolarità della sola Ugl a sottoscrivere il contratto collettivo, 2) ne consegue la possibilità della stessa di operare in deroga alle norme previste dalla legge 128/2019. Relativamente al merito dei contenuti dell’accordo: 3) la previsione di un compenso che, in sostanza, prevede una retribuzione “a cottimo” (espressamente vietata dalla legge e non derogabile) e 4) l’art. 29, in materia di diritti sindacali, che, così come indicati, paiono riservati alla sola Ugl.
    • Sentenza del Tribunale di Palermo nr. 866, del 20 novembre 2020; che, accogliendo il ricorso di un rider, ha equiparato il suo “distacco” dalla piattaforma Glovo a un licenziamento inefficace perché disposto oralmente e lo ha qualificato, a tutti gli effetti, quale lavoratore subordinato; disponendone la reintegra con rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato. Una sentenza clamorosa!
    • Comunicato stampa a cura del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano del 24 febbraio 2021.

    Al riguardo è opportuno precisare che lo stesso ha prodotto poca sorpresa tra gli “addetti ai lavori”, ma non pochi equivoci.

    Fino al punto di indurre qualche organo di stampa e giornali online a parlare di “sentenza storica” e, addirittura, di “obbligo di assunzione per 60 mila rider in qualità di lavoratori subordinati”.

    In effetti, sono stati riportati i risultati di un’indagine – iniziata il 1° gennaio 2017 e conclusa il 31 ottobre 2020 – avviata (prima a Milano e poi estesa in tutta Italia) dopo numerosi incidenti stradali che avevano coinvolto alcuni rider.

    Le conclusioni cui è pervenuto il “tavolo tecnico” (costituito dal Nucleo Carabinieri dell’Ispettorato del lavoro, Ispettorato del lavoro, Inps e Inail) che ha valutato la documentazione relativa alla posizione di ben 60 mila rider, possono essere così sintetizzate:

    • I rider rientrano a pieno titolo nella definizione di “lavoratore”, di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) del D. Lgs, 81/2008, per cui deve essere loro applicata l’intera disciplina in materia di sicurezza del lavoro.
    • La prestazione dei rider non è eseguita né in autonomia né a titolo accessorio, ma imposta e coordinata dal modello organizzativo della singola piattaforma.
    • Non è vero che il rider goda di ampia autonomia e discrezionalità rispetto alla possibilità di accettare o meno una consegna. Questo perché condizionato dal punteggio (c.d. rating) assegnatogli in base a parametri quali: presenza, puntualità, accettazione e rapidità nella consegna degli ordini.
    • Per lo stesso motivo non è vero che il rider abbia la possibilità di scegliere le fasce orarie in cui offrire la propria prestazione lavorativa né godere di giorni di assenza per ferie (non pagate) o malattia (non riconosciuta); pena la retrocessione del rating e minori opportunità di lavoro.
    • Si deve procedere a una riqualificazione contrattuale del rapporto di lavoro dei rider, nel senso che il contratto (generalmente stipulato tra rider e piattaforme) di “lavoro autonomo di tipo occasionale (ex art. 2222 c.c.)” deve essere sostituito da quello relativo a “prestazioni di tipo coordinato e continuativo”, di cui al D. Lgs. 81/2015.

    Di conseguenza, ai legali rappresentanti e ai datori di lavoro (le piattaforme) sono stati notificati:

    • I “verbali amministrativi di riqualificazione della posizione lavorativa dei rider, con recupero delle somme contributive (in via di quantificazione) e dei premi assicurativi”.
    • I “verbali di prescrizione (ed D. Lgs. 758/1994) con cui viene intimato ai datori di lavoro di adempiere a tutti gli obblighi in materia di sicurezza del lavoro per i rider entro 90 gg. dalla notifica. Le ammende, in caso di inadempimento, saranno pari a 733 milioni di euro!“

    Appare quindi chiaro che quello del 24 gennaio scorso non è un semplice “Comunicato stampa”. Le conclusioni tratte dagli accertamenti – “condivise dal N.I.L., Ispettorato del lavoro, Inps e Inail”; come ci tiene a evidenziare il Procuratore della Repubblica, Francesco Greco – hanno prodotto ben 2 verbali e 733 mln di euro di eventuali ammende!

    Di fronte a questo quadro appare quindi difficile concordare con un’autorevole voce che, al riguardo, ha rilevato “Contratto dei rider: pirata o no, ce n’è certamente bisogno” 2. Così come occorre evidenziare che non è affatto vero che il suddetto contratto collettivo “salva dalla paralisi (il settore del food delivery) cui sarebbe stato altrimenti condannato2 a fine ottobre 2020”.

    Infatti, in caso di assenza di un contratto collettivo di settore, alle piattaforme sarebbe stato impossibile sfuggire agli obblighi di cui agli artt. 47 bis – 47 octies del D. Lgs 81/2015.

    In questo senso, in definitiva, come altrettanto autorevolmente argomentato da Gionata Cavallini 3 “Laddove il Ccnl Rider presenta effettivamente dei contenuti di originalità rispetto al dato normativo, lo fa stabilendo tutele recessive rispetto a quelle che sarebbero previste in assenza del contratto”!

    Per concludere: solo ed esclusivamente al fine di evidenziare quale livello di disinformazione possano produrre posizioni “di parte” disposte anche a negare la realtà – pur di difendere l’indifendibile e fino al punto di arrecare offesa all’intelligenza dei lettori – invito alla lettura di uno degli ultimi interventi 4 sul tema dei rider.

    Mi riferisco a un articolo pubblicato da quella che considero una tra le più autorevoli testate giornalistiche online: la “Fondazione Anna Kuliscioff”.

    NOTE
    Just Eat ne uscì poco dopo la sigla del Ccnl.
    Pietro Ichino; in www.pietroichino.it del 20 settembre 2020.
    Fonte: “Luci e ombre di un contratto che fa discutere”; in www.consulentidellavoro.mi.it
    Fonte: “Mercato del lavoro news nr. 92”; in www.fondazioneannakuliscioff.it

    Fonte: “A proposito di rider”; su www.fondazioneannakuliscioff.it (Mercato del lavoro news nr. 93)

    di Renato Fioretti

    Esperto Diritti del Lavoro

    Collaboratore redazionale del mensile Lavoro e Salute

    16/3/2021

    Tags: Contratti riders Fondazioneannakulisciof infortuni riders Pietro Ichino renato fioretti Rider Union Rider X i Diritti Riders Riders Por Derechos Riders Unidos sfruttamento sicurezza lavoro
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