Abood Nasser: Crescere nella “Prigione” di Gaza senza medicine e futuro

Abood Nasser

Hai detto: “qua mancano gli ingredienti necessari per vivere”. Quali più di altri?

Lavoro e la disoccupazione dilagano, c’è anche una grave carenza di risorse di base, viviamo in un continuo stato di blackout elettrico quasi totale e il tasso di inquinamento dell’acqua raggiunge il 75%. La gente si sente persa e moltissimi trascorrono la maggior parte del loro tempo buttati nelle strade. La situazione è peggiorata con lo scoppio del Covid.

Cosa significa per un bambino crescere a Gaza?

Significa che cresce e non ha futuro, che cresce senza i diritti più elementari, che cresce a rischio di contrarre una malattia e sa che a Gaza non troverà medicine che possano curarlo.

E per dei genitori?

Il 60% delle persone qui muore per malattie croniche e il tasso di speranza di vita non supera i 70 anni, e questo è dovuto anche a forti componenti psicologiche: disagio, depressione e stress cronico.

Ci arrivano immagini agghiaccianti di azioni compiute dai militari israeliani, ci puoi raccontare?

Ci sono molte immagini che parlano delle atrocità compiute da questo esercito che uccide brutalmente persone innocenti, bombarda case e comunità residenziali. Questo esercito non fa differenza tra un militare e un civile, tutti sono uguali a loro avviso e, in quanto palestinesi, rappresentiamo per loro un pericolo. Tutti noi. Ogni palestinese, senza distinzione. Per non parlare di ciò che ha fatto l’esercito israeliano per 14 anni, con un assedio totale ha impedito l’ingresso di aiuti a Gaza, inclusi medicinali, materiali di base e materiali per le infrastrutture. E’ stato addirittura negato e impedito ai cittadini palestinesi il diritto alle cure mediche all’estero, rifiutando loro di entrare negli ospedali palestinesi o israeliani in Cisgiordania, la Palestina Occidentale.

Come se ne esce da tutto questo?

Possiamo uscirne solo affrontando l’occupazione con tutti i mezzi legittimi, anche attraverso il sostegno internazionale. Possiamo uscirne con l’ottenimento tutti i nostri diritti legittimi, rappresentati dal porre fine all’occupazione dei territori palestinesi e dichiarando uno stato palestinese con piena sovranità e internazionalmente riconosciuto.

Come consideri la politica statunitense nell’affrontare la questione Palestinese?

L’amministrazione americana è da sempre stata dalla parte dell’occupazione israeliana dei territori palestinesi per diversi motivi, compreso l’interesse, da parte degli Stati Uniti, a far diventare sempre più Israele una superpotenza in Medio Oriente, una forza deterrente e la prima linea di difesa per l’America, dall’Iran e da altri.

Cosa vuoi dire ai giornalisti e alle giornaliste in Italia che non si occupano in alcun modo di ciò che accade a Gaza e in Cisgiordania?

L’Italia non sostiene il popolo palestinese, perché non vuole mettere a dura prova i rapporti con i suoi alleati occidentali, quindi tende ad assumere una posizione di neutralità.
Vorrei dire loro che devono cambiare posizione e non chiudere gli occhi di fronte a ciò che il popolo palestinese subisce a causa di assedi ingiusti, guerre e massacri, perché tra le pagine dei libri di storia ci saranno scritti i nomi di chi è stato accanto al popolo palestinese e chi invece ha contribuito a dilaniare le vite di milioni di persone e di questo, dei loro silenzi complici, ne dovranno dare conto.

Cosa pensi dell’accordo tra Emirati Arabi e Israele?

Penso che sia un accordo sospetto. I media affermano sia un accordo di pace, ma in realtà ci sono cose che accadono nell’oscurità, come il commercio di armi e tutto il tema dell’intelligence. E’ un accordo con forti implicazioni anche per la regione. Questo accordo ha dimensioni politiche importanti ed è anche un’alleanza congiunta tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti di fronte a molti oppositori, in particolare l’Iran. Per quanto riguarda la Palestina, si tratta di una palese normalizzazione e pieno riconoscimento di Israele mentre sono ignorati tutti i diritti dei palestinesi e la loro giusta causa. Un’ulteriore delusione per il popolo palestinese.

Hai ancora speranza che le cose possano cambiare?

Sì, certo. Finché saremo vivi e respireremo l’aria, ci sarà speranza. Non rinunceremo ai nostri principi e non rinunceremo ai nostri diritti, non importa quanto ci costerà. Nemmeno l’ultimo bambino in Palestina.

Intervista realizzata da Cristina Mirra

13/10/2020 https://www.lantidiplomatico.it

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