AFFRONTANDO IL PRESENTE POSSIAMO DECIDERE IL FUTURO DELLA SANITA’ PUBBLICA

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Come sempre la sanità è la cenerentola della scena politica, il percorso politico che porterà alla sostituzione della Lega con il PD nel nuovo governo lo conferma. Lo stato delle cose ha portato a riaffermare l’urgenza della lotta politica e sindacale, con gli operatori e i cittadini, per fermare il silenzioso ma concreto processo di privatizzazione della sanità pubblica.

Le risorse finanziare per il Servizio sanitario Nazionale (S.S.N.) vengono ridotte continuamente dai governi, anche da quello 5stelle/Lega, spesso mascherandole ipocritamente da lotta agli sprechi. In quasi dieci anni sono sottratti al Servizio sanitario nazionale 28 miliardi; ricordiamo che la sanità pubblica è finanziata dalla fiscalità generale (nostre tasse) per circa 115 miliardi di euro l’anno, non considerando le tangenti che ci impongono con i tickets. Questi tagli governativi vedono l’attivo assenso e complicità delle Regioni, in particolare quelle nord, le stesse che hanno chiesto, e ottenuto dal governo Gentiloni e dal governo Conte, la secessione dal S.S.N. La scelta di staccarsi dal Servizio Sanitario nazionale porterà queste Regioni ad aprire sempre più spazi alla sanità integrativa e a quella privata, rendendo definitive le scelte di privatizzazione che hanno fatto negli ultimi dieci anni.

Di queste scelte si è fatto portatore attivo anche il Piemonte con la riduzione drastica delle asl (con relativa chiusura di reparti di degenza e specialità) e la chiusura di ospedali territoriali e di poliambulatori, nel mentre nascono come funghi quelli privati in ogni quartiere delle città e nei paesi. Se il nuovo governo confermerà la flat tax (meno tasse ai ricchi) avremo effetti ancor più devastanti su quello che resta funzionante del Servizio sanitario nazionale. La diminuzione delle entrate dello Stato comporterebbe, infatti, l’impossibilità di garantire la sanità pubblica ai titolari di redditi medi che dovrebbero ricorrere a sistemi assicurativi o mutualistici e aprirebbe la strada a una sanità di serie A e a una di serie B. Sarebbe un colpo ferale al già martoriato Sistema sanitario minato da una controriforma – formalizzata dai nuovi Livelli essenziali di assistenza (LEA) del governo Gentiloni – che ha spostato i malati cronici non autosufficienti in un settore “a parte” rispetto a quello sanitario, caratterizzato dall’obbligo di compartecipazione degli utenti al costo delle prestazioni (fino a oltre il 50% del totale), e impoverito da un decennio di brutale sottofinanziamento. Nel contempo sono stati regalati oltre 4 miliardi di agevolazioni fiscali per fondi integrativi e welfare aziendale. Un fiume di denaro pubblico sotto forma di incentivi fiscali alimenta profitti privati senza integrare realmente l’offerta dei livelli essenziali di assistenza, permettendo l’espansione di un servizio sanitario “parallelo” che aumenta le diseguaglianze, non riduce la spesa delle famiglie e alimenta il consumismo sanitario.

CHE FARE?

Ecco cinque proposte per riprendere un controllo sulle scelte istituzionali che la nuova Giunta regionale farà sulla scia di quelle fatte dalla precedente:

> Liste di attesa: c’è una legge che permette di utilizzare l’intramoenia pagando solo il ticket per ottenere una visita medica o un esame specialistico in tempi adeguati all’esigenza di cura è diventato molto difficile perchè siamo tutti costretti a fare i conti con lunghissime liste di attesa. Questo costringe spesso chi ha necessità a doversele pagare ricorrendo alla sanità privata o all’intramoenia (attività privata negli ospedali pubblici) oppure ci si rivolge al Pronto Soccorso come soluzione immediata. Inoltre, collegare l’Intramoenia, cioè la libera professione svolta dai medici ospedalieri dipendenti di ospedali pubblici, all’inesistenza di liste di attesa e allo svolgimento di tali visite private in orari pomeridiani o al sabato, in modo da non intralciare la normale attività ambulatoriale del SSN.

> Affrontare il “problema Cronici” (citiamo il Piemonte con oltre 30.000) con un semplice accorgimento: fissare, come avveniva in passato, già al momento di una visita e/o in occasione della dimissione ospedaliera (opponendosi per legge a quelle ingiuste) l’appuntamento per la successiva visita di controllo; si risparmierebbe così tempo, denaro e il paziente sarebbe sicuro di essere seguito dallo stesso specialista o almeno dalla stessa equipe. Per ottimizzare questa scelta vanno potenziati i servizi di cura domiciliare.

> Negare la convenzione a quelle strutture private, anche già accreditate, che non rispettano i tempi di prenotazione, che non mettono a disposizione del SSN un numero minimo, inserito nella convenzione, di esami e visite all’anno. Inoltre, poiché tali strutture spesso si avvalgono di specialisti dipendenti degli ospedali pubblici, sarebbe bene che ciò venisse svolto in orari e con modalità tali da non intralciare la normale attività istituzionale svolta dalle strutture sanitarie pubbliche.

> Rivedere le piante organiche, in particolare di infermieri e medici, per riempire i buchi creati i questi anni con i blocchi del turn-over e affrontare i vuoti che si verranno a creare con i prossimi pensionamenti. Altresì, ricordiamo che il grave problema dei Pronto Soccorso non si risolve, ad esempio, aggiungendo due colori ai codici di entrata ma solo con un adeguato numero di medici e infemieri in rapporto alla densità di popolazione di ogni PS.

> Esenzione totale dal pagamento delle prestazioni per i pensionati a basso reddito e per i disoccupati.

METTIAMOCI IN CAMMINO VERSO I LUOGHI DELLE DECISIONI POLITICHE PER RICOMINCIARE A DIFENDERE CONCRETAMENTE IL NOSTRO DIRITTO ALLA SALUTE.

Franco Cilenti

Pubblicato sul periodico cartaceo Lavoro e Salute – settembre 2019 www.lavoroesalute.org

 

 

 

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