Amazzonia, ecco come il made in Italy “spinge” la deforestazione

Cosa lega i consumatori italiani alla deforestazione della foresta amazzonica, minacciata in questi giorni da migliaia di incendiLegno, pellame e soia, usata per alimentare il bestiame. Questo legame viene raccontato e per certi versi svelato da un documentazione appena uscito Deforestazione made in Italy di Francesco De Augustinis.
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Due anni di indagin racchiuse in un film di inchiesta ambientato tra Italia, Europa e Brasile. Un lungo viaggio fino al cuore della foresta Amazzonica, e da lì ci riporta indietro seguendo le rotte che portano nel nostro paese il legname illegale, la carne di manzo, la pelle, la soia. “Uno scorcio inedito sul rapportodiretto che esiste tra le principali eccellenze del made in Italy e la deforestazione tropicale” spiega l’autore che aggiunge: “La deforestazione tropicale è uno dei principali responsabili dell’emergenza che sta vivendo il nostro pianeta, per l’aumento delle temperature e la drammatica perdita della biodiversità. Ma allo stesso tempo viene percepita come un fenomeno remoto, che non dipende da noi. Questo film racconta il legame solido tra l’Europa e l’Italia delle eccellenze con la deforestazione tropicale, in particolare in Sudamerica. Un passaggio importante, per capire cosa non va del nostro modo di produrre consumare, e iniziare a progettare un futuro che si basi su presupposti diversi”.

Il fuoco per fare spazio all’agricoltura intensiva

Il documentario è stato presentato in Italia il 15 agosto al Clorofilla Film Festival (Grosseto), ma negli ultimi giorni è diventato di drammatica attualità per i roghi che hanno preso d’assalto la foresta Amazzonica. Da gennaio ad agosto del 2019 sono stati registrati in Amazzonia circa 73mila incendi. Negli ultimi mesi il tasso di deforestazione tropicale in Brasile ha registrato ripetuti record (738 km quadrati a maggio 2019, 932 km quadrati a giugno, 2.115 km quadrati a luglio). L’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazioni Unite, uscito pochi giorni fa, ha avvisato che la difesa delle foreste è una priorità assoluta per contrastare l’emergenza climatica.

Al momento l’Amazzonia, come ricorda un documentato articolo pubblicato su Vice,  è la più grande regione al mondo per allevamento di bestiame, e la situazione sta peggiorando. In Brasile gli animali allevati sono cresciuti da 158 milioni di capi nel 1996 a 219 milioni nel 2016, facendo diventare il paese il più grande esportatore di manzo e pollame nel mondo. “Lo scorso anno – scrive Vice citando fonti Reuters – il Brasile ha esportato 1,6 milioni di tonnellate di manzo, il numero più alto nella storia. E si prevede che entro la fine del 2019 la cifra cresca di 1,8 milioni di tonnellate, con la Cina come destinazione prediletta. Altri grandi importatori di manzo brasiliano sono Hong Kong, Egitto, Russia e Unione europea“. Il Wwf infine collega i roghi appiccati a migliaia nel polmone verde del Sudamerica alla produzioni di cibo da bestiame attraverso la coltivazione di soia.

Enrico Cinotti

26/8/2019 https://ilsalvagente.it

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