Anche nei luoghi di cura la guerra tra gli ultimi. I lavoratori della sanità pagano le mostruose politiche di tagli

Copertinales3maggio2018

Sanità, sulle aggressioni scatta il campanello d’allarme. Secondo un sondaggio condotto dai medici il Pronto soccorso è una vera e propria trinceaIl sondaggio che l’Anaao Assomed ha condotto da aprile a maggio 2018 su episodi di violenza contro gli operatori sanitari è un vero e proprio bollettino di guerra che mostra un quadro estremamente preoccupante.

Il 65% circa dei partecipanti alla survey ha risposto di essere stato vittima di aggressioni, di questi il 66,19% riferisce aggressioni verbali mentre il 33,81% aggressioni fisiche.

Una ulteriore analisi regionale evidenzia che la percentuale di aggressioni sia fisiche che verbali si incrementa al 72,1% nel Sud e nelle Isole.

Dato ancora più allarmante per i Medici che lavorano in Pronto Soccorso e 118 dove le stesse percentuali salgono all’80,2%.

Rispetto alle aggressioni fisiche invece particolarmente colpiti sono i medici dei reparti di Psichiatria/SERT (il 34,12% di tutte le aggressioni fisiche) e i medici di Pronto soccorso/118 (il 20,26% di tutte le aggressioni fisiche).

Il 23,35% degli intervistati ha risposto di essere a conoscenza di casi di aggressione da cui è scaturita invalidità permanente o decesso. Dalle aggressioni sono scaturiti dai 3 a i 100 giorni di prognosi.

Il 70% del campione riferisce di essere stato testimone di aggressioni verso il personale sanitario, il che fa supporre che il fenomeno sia di fatto sottostimato rispetto a quanto emerso a domanda diretta nel sondaggio.

Altro elemento che rinforza l’ipotesi della sottostima del fenomeno sia da parte degli operatori sia da parte delle amministrazioni, è che oltre il 50% dei responders ignora che le aggressioni dovrebbero essere identificate come evento sentinella dalla propria Direzione aziendale come previsto dalla raccomandazione n. 8 del 2007 del Ministero della Salute, mentre il 18% asserisce che addirittura non vengono riconosciute.

Le cause delle aggressioni per i medici coinvolti nell’indagine sono da riferire a fattori socio-culturali per il 37.2%, definanziamento del SSN per il 23,4%, carenze organizzative per il 20%, carenze di comunicazione per l’8,5%. Le risposte più frequenti per chi ha risposto altro sono tutte le precedenti.

Da segnalare che più di un responders dichiara che l’aggressione verbale è provenuta da un collega sul posto di lavoro.

Sorprendenti infine le risposte all’ultimo quesito inerente il ruolo del sindacato come tutore della sicurezza degli operatori: il 56,4% non sa se il problema viene trattato ai tavoli sindacali, mentre il 30,8% è convinto che esso non venga mai discusso.

Il problema ha assunto ormai una rilevanza tale che il presidente nazionale della FNOMCeO Filippo Anelli ha inserito il problema della sicurezza nei luoghi di lavoro nei punti del suo programma di lavoro.

L’analisi è stata condotta su 1280 soggetti con un tasso di risposte crescente all’aumentare dell’età: il 6,67% è di età compresa tra 25 e 35 anni, il 21,63% tra 35 e 45 anni; il 27,83% tra 35 e 55 anni e il 43,88% tra 55 e 65 anni.

Questa distribuzione corrisponde ai partecipanti al sondaggio. Le donne hanno mostrato maggiore partecipazione dimostrando maggiore sensibilità al problema: 53,95%. Le Regioni di provenienza dei responders rispecchiano la numerosità degli Iscritti Anaao cui è stata destinata l’indagine, con percentuali di risposta che superano il 10% in Emilia Romagna, Piemonte, e Veneto e tra il 5-10% in Campania, Toscana, Lazio e Sicilia.

“E il tema del sovraffollamento è strettamente legato al Pronto Soccorso – si legge in una nota di Anaao-Assomed – ed al taglio dei posti letto, che risulta dall’indagine il reparto con il più alto tasso di aggressioni verbali e fisiche: percentuali insostenibili per chi vi lavora che condizionano notevolmente il burnout di medici e infermieri”.

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Con un rapporto di 3,7 per mille per abitante, contro il 6 della Francia e l’8 della Germania. La denuncia arriva dal Sindacato dei medici italiani, Smi, che si è riunito a Napoli per il Congresso nazionale.
“Tra le ragioni di questo declino, i tagli selvaggi, l’aziendalizzazione, il decentramento, le privatizzazioni – dice il segretario Pina Onotri”. E aggiunge: “Le scelte politiche e amministrative in questo campo dovrebbero essere orientate non solo all’economia, ma soprattutto alla inviolabilità della dignità umana”.
I numeri parlano da soli, indica lo Smi: “La riduzione dei posti letto con la crisi dei pronto soccorso e le scene da trincea sono solo la punta dell’iceberg. La realtà è che il lavoro in sanità è sempre più incerto. Nel Ssn il ricorso al precariato è cresciuto tra il 2014 e il 2015 di circa 3.500 unità per complessivi 43.763 lavoratori, tra cui 9.500 medici, 1500 solo in Sicilia”. E ancora: “Il blocco del turnover dura da 10 anni, regalandoci una gamma fantasiosa di contratti che vanno dalle partite iva, cococo, cocopro e bruciando un’intera generazione di professionisti: il pubblico impiego in generale, ha perso qualcosa come 10 miliardi di massa salariale l’anno”.
nel corso del convegno inoltre è stato ricordato che in un futuro molto vicino, il pensionamento del personale sanitario, e il mancato rimpiazzo, (19.000 medici generalisti e 55.000 specialisti), porterà “alla scomparsa dei servizi sanitari per i cittadini”. Il sindaco ha quindi voluto ricordare i dati dell’Euro Index Consumer Health, dove l’Italia è al 22mo posto su 35 Paesi: “un vero crollo di 11 posizioni in 10 anni”.

20/6/2018  www.controlacrisi.org

Introduzione dal numero di maggio del periodico cartaceo Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org

 

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