Arrivano i taser. Pistole elettriche in diciotto città

Da lunedì prossimo, la pistola elettrica taser entrerà ufficialmente a far parte dell’equipaggiamento in dotazione alle forze di polizia italiane. La ministra dell’interno Luciana Lamorgese ha annunciato che 4482 dispostivi a impulso elettrico finiranno nelle fondine di polizia, carabinieri e guardia di finanza nel territorio delle quattordici città metropolitane e nei capoluoghi Caserta, Brindisi, Reggio Emilia e Padova. A quel punti, nel giro di due mesi, l’uso del taser sarà esteso gradualmente ai reparti di tutt’Italia.

Taser. Foto Imagoeconomica

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«È un passo importante per ridurre i rischi per l’incolumità del personale» dice Lamorgese. L’idea è che il taser aiuti gli uomini in divisa a gestire «situazioni critiche» evitando l’uso delle pistole tradizionali. Come dire: meglio folgorare che colpire con un proiettile. Ieri Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi, e Giuliano Giuliani, padre di Carlo Giuliani, hanno giustamente sottolineato che più che nuove armi servirebbero formazione psico-fisica e consapevolezza democratica perché le forze dell’ordine sappiano leggere le situazioni che si trovano di fronte.

L’iter per l’introduzione della pistola elettrica, feticcio dei cultori della tolleranza zero di scuola statunitense, era stato avviato da Matteo Salvini, all’epoca dei decreti sicurezza del governo gialloverde. Auspicava che il taser potesse essere impiegato anche «sui treni e nelle carceri». Oggi il leader leghista esulta, insieme ad alcuni sindacati di polizia.

«Non risulta essere stato condotto (o, quanto meno, non è stato reso pubblico) uno studio rigoroso e indipendente sugli effetti sulla salute per stabilire le conseguenze dell’utilizzo della pistola Taser sulle persone, specie su soggetti potenzialmente a rischio – aveva protestato mesi fa la sezione italiana di Amnesty InternationalDi fronte a un uso standardizzato delle pistole Taser da parte delle forze di polizia, compresa la polizia locale, chiediamo che vengano adottate tutte le precauzioni e messi a disposizione i necessari studi medici onde scongiurare al massimo gli effetti letali di un’arma ‘non letale’».

Nel luglio scorso l’azienda Axon si è aggiudicata la gara nazionale per la fornitura delle prima quattromila pistole per 10,3 milioni di euro.

Quella che l’Onu ha classificato come «strumento di tortura», secondo le linee guida del Dipartimento della pubblica sicurezza è «un’arma propria».

L’indicazione è di sparare da una distanza che va dai 3 ai 7 metri, ma prima il taser «va mostrato senza esser impugnato per far desistere il soggetto dalla condotta in atto». Se il tentativo fallisce si spara il colpo, «considerando per quanto possibile il contesto dell’intervento ed i rischi associati con la caduta della persona dopo che la stessa è stata attinta». Bisogna inoltre tener conto della «visibile condizione di vulnerabilità» del soggetto (meglio non colpire una donna incinta, dice almeno il protocollo) e fare attenzione all’ambiente circostante per evitare esplosioni, scosse elettriche.

Qual è stato l’iter italiano che ci ha portato fino a qui? Durante il Governo Conte I, nell’ottobre 2018, l’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini, si fece promotore di un decreto legge – convertito poi in legge a fine anno– che introdusse l’utilizzo, in alcune zone, del taser per un periodo di prova.

Della pistola elettrica si è poi tornati a parlare nel gennaio 2020, dopo il via libera del Consiglio dei Ministri del Governo Conte II alla modifica delle norme del DPR 5 ottobre 1991. Le novità includevano un “ammodernamento” dell’armamento delle forze dell’ordine. In quell’anno l’utilizzo del taser è stato legalmente approvato in 12 città (Milano, Napoli, Genova, Torino, Bologna, Firenze, Palermo, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia e Brindisi), autorizzato dal decreto legge 119/2014 e sua successiva proroga.

Tuttavia, nel luglio del 2020, l’attuale Ministro dell’Interno Lamorgese sospese l’utilizzo dell’arma con una circolare ministeriale, ritenuta non idonea dopo una serie di prove balistiche. Ma il suo ritiro, visto l’annuncio di questi giorni, è stato solo temporaneo.

Il taser serve davvero? Secondo uno studio dell’università di Cambridge di qualche anno fa, in realtà la pistola elettrica ha aumentato (quasi raddoppiato) il rischio che la polizia usi la violenza e che gli agenti vengano aggrediti. Mentre l’Organizzazione delle Nazioni Unite lo ha addirittura definito uno strumento di tortura.

Secondo una stima effettuata dall’agenzia Reuters, dall’inizio degli anni 2000, negli USA sarebbero state colpite a morte con un taser azionato dalla polizia 1.042 persone. Un quarto di loro soffriva di crisi psicotiche o disturbi neurologici, in nove casi su dieci la vittima era disarmata. Reuters ha potuto consultare le autopsie di 712 del totale delle vittime censite. In 153 casi il taser è indicato come unica causa o come fattore che ha contribuito alla morte, le altre autopsie menzionano invece una combinazione di problemi, da scompensi cardiaci all’abuso di droghe e traumi di vario genere.

Giuliano Santoro

11/3/2022 https://www.osservatoriorepressione.info

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