Aumentano i suicidi in Italia

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‘Il suicidio e’ un grave problema di salute pubblica. Ogni anno nel mondo abbiamo 1 milione di casi di suicidio, di cui circa 4.200 riguardano solo l’Italia. Parliamo di cifre non indifferenti, alla luce del fatto che per ogni suicidio ci sono almeno 6 persone che vengono intaccate per il resto della loro vita: familiari, amici e colleghi. Una popolazione estremamente grande che si porta dietro un lutto misconosciuto per il quale c’e’ pochissima sensibilita”. A parlarne alla Dire e’ Maurizio Pompili, responsabile del servizio per la prevenzione del suicidio nell’azienda ospedaliera Sant’Andrea di Roma e professore associato di Psichiatria della ‘Sapienza’.

‘In Italia- dice ancora Pompili- il fenomeno dei suicidi e’ aumentato del 12% negli ultimi anni a causa della crisi economica, che ha avuto un impatto importante nell’accrescere il suicidio soprattutto negli uomini in eta’ lavorativa: 25-69 anni’. Il problema, secondo il professore, ‘e’ la cultura della prevenzione del suicidio che stenta ad essere acquisita e assorbita dagli ambienti che dovrebbero accogliere i soggetti in crisi. Il tabu’, lo stigma nei confronti del suicidio, impedisce spesso di impadronirsi di concetti chiave e semplici che potrebbero favorire un riconoscimento precoce. Molto si e’ fatto rispetto al passato anche grazie ad eventi come il nostro, che continuano a riscontrare una maggiore partecipazione per questo tipo di formazione, gradita in particolare dagli operatori della salute mentale’.

Anche quest’anno lo psichiatra organizza il convegno internazionale di Suicidologia e Salute Pubblica in occasione della Giornata mondiale per la prevenzione (celebrata il 10 settembre): ‘L’urgenza oggi e’ saper identificare in anticipo il rischio di suicidio, essere in grado di riconoscere i soggetti in crisi, saperli aiutare e, nel peggiore dei casi, sostenere quanti hanno gia’ perso un caro per suicidio’. L’evento, giunto alla sua XV edizione, e’ gratuito e si svolgera’ il 14 e 15 settembre a Roma, nell’aula magna del rettorato in piazzale Aldo Moro 5.

Le richieste di aiuto sono tante: ‘Ci troviamo di fronte al fatto che mancano dei presidi specifici come il nostro. Spesso riceviamo molte richieste di aiuto da utenti lontani da noi- fa sapere il responsabile- di altre citta’ e regioni. Ogni anno riceviamo circa 1.000 richieste di visite, che svolgiamo ambulatorialmente. A queste si aggiungono almeno altre 3.000 telefonate di persone che vogliono ricevere informazioni, o solo dei riferimenti da cui andare nel territorio in cui vivono. Soprattutto i ‘survivors’ ci chiedono aiuto- ricorda Pompili- sono quelle persone che hanno perso un caro per suicidio e che ci interpellano per trovare supporti nelle loro citta’. Hanno bisogno di sostegni per andare avanti. Senza dubbio la parte piu’ nevralgica nella prevenzione del suicidio in Italia si riscontra nella difficolta’ di trovare interlocutori specifici e disponibili nell’immediato’, precisa il medico alla Dire. ‘Il riferimento piu’ immediato e’ presso i Centri di saluti mentale, o laddove abbiamo colleghi e associazione che in qualche modo fanno parte del nostro circuito. Solo in quest’ultimo caso abbiamo degli interlocutori specifici ma, ripeto, non capita spesso’.

Esistono dei segnali di allarme per riconoscere i soggetti in crisi? ‘Nella maggior parte dei casi le persone lo dicono apertamente- spiega Pompili- fanno affermazioni e comunicazioni circa l’intenzione di suicidarsi, spesso pero’ non vengono ascoltati. Poi possono manifestare cambiamenti nelle abitudini del sonno e dell’appetito, anche l’insonnia, l’ansia e l’inquietudine sono indicatori importanti. Inoltre, le persone che hanno un’intenzione suicidaria possono dar via cose care come se facessero un testamento per disfarsene e affidarle a qualcuno che poi se ne occupera”. Altri campanelli riguardano i ‘repentini cambiamenti di umore- dice lo psichiatra- nel senso che prima queste persone si mostrano molto angosciate e tristi, poi a un certo punto appaiono risollevate come se qualcosa fosse cambiato. In effetti hanno preso la decisione e di conseguenza hanno trovato cio’ che li risollevera’ dalla sofferenza in cui si trovano’.

Pompili sottolinea alla Dire che le persone che si tolgono la vita ‘non vorrebbero mai morire, vorrebbero vivere ammesso che qualcuno li aiutasse a superare il dramma che si svolge nella loro mente. Un dramma fatto di pensieri, considerazioni e bilanci. Quando vedono che tutte le opzioni tentate per risolvere la sofferenza sono andate in fallimento, allora il suicidio si configura come la migliora soluzione. Spetta a noi intrometterci in questo dialogo interiore cosi’ profondo- ripete l’esperto- il suicidio non e’ un atto improvviso, spesso c’e’ tutta una pianificazione e un frangente dove noi possiamo intervenire. Non e’ vero che chi si toglie la vita abbia obbligatoriamente un disturbo psichiatrico, chiunque soffra in una modalita’ che superi la soglia di sopportazione, di fatto ha bisogno di assistenza ed e’ purtroppo a rischio se tale assistenza non viene veicolata’.

Redazione

12/9/2017 www.controlacrisi.org

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