Autonomia regionale differenziata: un rischio da sventare per sanità pubblica e salute

Premessa

Siamo in campagna elettorale e per la sanità, e la salute, l’autonomia regionale differenziata è un rischio tanto sottaciuto quanto immanente.

Anzi, un danno immanente.

La “regionalizzazione” della sanità in Italia è stata statuita dall’art.117 della Costituzione adottata il 27.12.1947 in attuazione del progetto avanzato dal CLN Alta Italia nel 1945.

“il decentramento regionale delle funzioni sanitarie e assistenziali, l’unificazione dei servizi di sanità pubblica e di assistenza sanitaria, nell’ambito del Ministero della Sanità, l’erogazione a livello locale delle prestazioni sanitarie ed assistenziali ad opera di organismi unitari” (Augusto Giovanardi, Medicina e Cultura, 1981) è stato lo strumento per il superamento del sistema mutualistico (sanitario e assistenziale) vigente prima e durante il fascismo.

La materia “Beneficienza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera” era affidata alla attività legislativa delle regioni “nei limiti fondamentali stabilititi dalle leggi dello stato, sempreché le norme stesse non siano in con l’interesse nazionale e con quello di altre regioni”.

Tale regionalizzazione si inseriva, e si inserisce tutt’oggi, però nel disegno istituzionale definito dall’art. 5 della Cost: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo [118]; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento [114 e segg., IX].”

Trascinatosi per altri tre decenni dopo la Seconda guerra mondiale il sistema mutualistico, in relazione alle modificazioni del tessuto sociale, allo sviluppo delle tecniche e delle forze produttive e al progresso tecnologico della medicina, aveva accumulato insostenibili costi finanziari incompatibili con la sua esistenza, manifestato totale inadeguatezza nell’erogazione delle prestazioni sanitarie e determinato ingiuste ed insopportabili diseguaglianze tra classi sociali ed ambiti territoriali.

Solo con L. 833 del 1978 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale si pose fine all’assetto mutualistico e si diede forma di legge non solo alle istanze del CNL e dei Costituenti, ma anche ad un quadro organico delle relazioni in sanità tra Stato Centrale (Parlamento e Ministero della Sanità), Regioni ed Enti Locali (Provincie Comuni e più recentemente, Città Metropolitane).

Come ben sappiamo, prima ancora della sua piena attuazione, la L.833/’78 è stata deformata in senso neoliberale, in successive ondate, ipocritamente definite “riforme”, col fine di privatizzare il Servizio Sanitario Nazionale e ridurre il costo del diritto fondamentale alla Salute (art.32 Cost.) a carico del Bilancio dello Stato.

L’ultimo in ordine di tempo è il mancato ripiano del governo Draghi alle Regioni dei costi Covid.19/ correlati 2020 – 2021.

Uno degli strumenti di questi obbiettivi neoliberali in sanità, ed anche nelle altre materie previste nel 3° comma art.116 Cost. di cui sopra, è il disegno, in questi giorni dichiarato dalla coalizione di centro destra e finalmente ostacolato nei comizi delle altre coalizioni e partiti rappresentati in Parlamento e nelle amministrazioni di Regioni ed Enti Locali, di attuare decentramento amministrativo e promuovere autonomie regionali e locali, in contrasto con l’unità e la indivisibilità della Repubblica (art.5).

Tale unità ed indivisibilità non si sostanzia sul piano meramente territoriale ma, in tutta evidenza in primo luogo, nel riconoscere e garantire i diritti dei cittadini e richiedere ad essi l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale (Art. 2), e nel perseguire il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitano di fatto la libertà` e l’eguaglianza dei cittadini (Art. 3).

Questo essendo il fine della “leale collaborazione” tra gli enti che la compongono, Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato. (Art. 114)

Tali fini costituzionali, se disattesi nei fatti politico amministrativi, come frequentemente avviene, vanno riaffermati sempre, non certo inficiati con iniziative legislative che ne impediscano la completa attuazione come nel caso dell’attuazione dell’autonomia regionale differenziata, ex 3° comma dell’art.3 della Cost., interpretata e rivendicata in funzione di un Federalismo che la Costituzione, non prevede, e che quindi nei fatti risulta eversivo.

Anche per la Salute

Quanto segue, non è la sintesi completa delle ragioni che impongono di opporsi alla attuazione, nello spirito e nei fatti incostituzionale, dell’autonomia regionale differenziata ex comma 3 art.116 Cost. come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 («Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione»), in particolare per la sanità.

Quanto segue è un tentativo di segnalare alcune argomentazioni, e solo per cenni generali, a fronte della loro vastità e complessità in termini di diritto, costituzionale e amministrativo, di politologia, di politiche fiscali e di politica ed economia sanitaria…………………….

Gianluigi Trianni

Puoi scaricare o leggere il rimanente testo qui

trianni autonomia differenziata web

Qui delle slides riassuntive

2022.09.15 G. Trianni No AD Bologna 15.09.2022

17/9/2022 https://www.medicinademocratica.org

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *