BRASILE, DISTRUZIONE DEL SISTEMA SANITARIO UNICO, PUBBLICO E GRATUITO

Brasile: Instabilità politica e istituzionale, imprevedibilità degli accadimenti.

Il governo golpista del Brasile, che ha destituito DilmaRousseff senza alcuna base legale, non perde tempo nel devastare uno dei grandi successi della Costituzione del 1988, nata dopo la dittatura: il Sistema Unico della Salute (SUS); questa Costituzione stabilisce che la salute è un diritto di tutti, garantito dallo Stato con l’accesso universale e egualitario alle azioni e ai servizi per la sua promozione, salvaguardia e cura mediante un sistema pubblico, integrato, solidale e gratuito finanziato con risorse fiscali. Bisogna sottolineare che il SUS non è composto da un pacchetto di servizi ma offre servizi integrali a tutta la popolazione, inclusi quelli di elevata complessità.

Il SUS è stato costruito nel corso di quasi tre decenni, con molte difficoltà, dato che i servizi pubblici dedicati alla salute erano quasi inesistenti in passato; nonostante gli ostacoli, questo sistema ha aperto l’accesso al 60% della popolazione, ovvero circa 115 milioni di persone che prima erano scoperte; per questo ha costruito una vasta infrastruttura e assunto équipe sanitarie per l’assistenza. Con la strategia della medicina famigliare e un vastissimo programma di formazione di medici di famiglia con incentivi salariali si è vinta la resistenza dei medici ad andare in zone lontane e povere; a tutto questo si è agiunto il programma  “Mais Médicos”, grazie a un accordo con Cuba mediato dall’Organizzazione Panamericana per la Salute; entrambi i programmi hanno aree di responsabilità territoriale e le loro équipe di settore lavorano con le comunità sulla promozione e sull’educazione alla salute.

Tuttavia, il 25% della popolazione brasiliana ha, oltre al SUS, assicurazioni o piani salute privati che consentono di accedere ai servizi privati, anche se generalmente questi non coprono gli interventi molto costosi che sono quindi canalizzati verso il SUS. Questo schema ha un costo molto elevato per il fisco, poiché i piani di assistenza, le assicurazioni e i servizi privati sono deducibili dal pagamento delle imposte e si calcola che il sacrificio fiscale sia intorno al 22% del bilancio pubblico per la salute; a questo si aggiunge la spesa in piani sanitari privati per i dipendenti pubblici, che costa allo Stato l’equivalente del 5% del bilancio pubblico per la salute. Queste risorse permetterebbero di rafforzare il SUS e di diminuire il suo prolungato sottofinanziamento.

L’ambito della salute è un terreno di intense dispute in Brasile e gli assicuratori, come anche i prestatori di servizi privati, hanno i loro maneggioni al congresso e, inoltre, un gruppo di loro parlamentari. Il SUS è oggi sotto tiro da parte dell’illegale governo di Temer e della sua implacabile politica di austerità neoliberista; Il già approvato emendamento costituzionale “PEC241” praticamente congela i fondi pubblici per la salute per i prossimi vent’anni, il che renderebbe impossibile sostenere il SUS.

A quanto sopra si aggiunge la proposta di stabilire piani di salute “popolari” per i lavoratori in regola, eventualmente obbligatori; questi piani prevederebbero un pacchetto ristretto di servizi, il che significa che i lavoratori perderebbero diritti, non disponendo più di un SUS universale. Al contrario, si darebbe ossigeno al settore privato, creando un nuovo mercato sia per gli assicuratori, sia per i fornitori di servizi privati. In questo contesto, bisogna sottolineare che i grandi sindacati da tempo hanno già negoziato piani di salute per i loro iscritti, in aperta contraddizione con il loro tradizionale ruolo di guida nelle lotte per ottenere diritti sociali e collettivi per tutti; il predominio degli interessi corporativi sulla solidarietà ha spianato la strada a questa proposta.

Inoltre, si stanno congelando i posti di lavoro vacanti nel SUS e non si rinnoveranno i visti dei medici che lavorano nel programma Mais Médicos; queste misure vanno contro la Costituzione brasiliana, poiché negano il diritto alla salute come diritto civile sociale, rimpiazzandolo con la salute come bene di servizio soggetto a transazione sul mercato. Come ha detto un economista brasiliano, “stanno distruggendo la Costituzione”, in riferimento alla destituzione illegale di DilmaRousseff.

Questi fatti mostrano il disprezzo per la vita umana, mantenendo loro un’assistenza povera per i poveri; non è molto di verso da quanto accade in Messico. Anche il nostro sistema è fondato sulla visione della salute come un bene di servizio prima che come un diritto irriducibile di cittadinanza sociale; le diverse assicurazioni sanitarie, siano esse private, sociali o l’Assicurazione Popolare, danno un accesso molto diseguale e stratificato ai servizi richiesti. La proposta di presunta universalizzazione, oggi ridotta a un interscambio di servizi tra le istituzioni pubbliche, non obbliga lo Stato a garantire il diritto universale alla salute, è solo un meccanismo di finanziamento di questi beni di servizio.

Asa Cristina Laurell

La Jornada

Traduzione a cura di Gorri per il periodico Lavoro e Salute

Fonte:  http://www.jornada.unam.mx/2016/11/02/opinion/a03a1cie

 

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