BRUNETTA CONTRO I GIOVANI

In questi giorni, con il decreto legge 44 del 1 aprile, il governo Draghi sta già cominciando il suo lavoro nella ristrutturazione del mercato del lavoro del nostro Paese con un occhio di riguardo, per niente gradito, sui giovani. L’urgenza oggi non dovrebbe essere quella di chiudere le porte della Pubblica Amministrazione, ma aprirle a milioni di giovani disoccupati, rivendicando uno Stato diverso che torni ad essere datore di lavoro di ultima istanza per un’intera generazione. Per questo la riforma voluta da Brunetta va fermata immediatamente e generalizzata verso un piano di assunzione massiccio!

Il decreto, che riguarda principalmente le misure per il contenimento dell’epidemia, con l’articolo 10 inserito dal ministro Brunetta, va a modificare, addirittura in maniera retroattiva e strutturale i bandi le cui prove non sono ancora iniziate o che verranno emessi in futuro, i criteri d’accesso ai concorsi pubblici sostituendo alle prove preselettive, modalità già problematica, la valutazione dei titoli e delle esperienze lavorative pregresse.

I criteri individuati sono l’ennesima mannaia per quanto riguarda la possibilità d’accesso dei giovani alla PA e un assaggio ce lo dà il primo bando emanato con la formula di Brunetta, quello per l’assunzione di 2.800 tecnici specializzati nelle amministrazioni del Mezzogiorno. I diplomi di laurea hanno un valore irrisorio – 0,1 punti su un massimo di 4 per i titoli di studio – mentre un peso importante viene dato al possesso di master – lasciando quindi anche grandi margini a università, pubbliche e private, per speculare su questi corsi – ed esperienze lavorative pregresse in ambiti affini. Le favole sulla meritocrazia, sulla professionalizzazione dei corsi di studio per avere più possibilità di trovare lavoro si rivelano ancora una volta solo fumo negli occhi, utili soltanto ai processi di trasformazione e svilimento della formazione universitaria, nonché come strumento classista. La realtà è che in questa società a fare la differenza sono le condizioni materiali di partenza: puoi ambire ad un lavoro dignitoso, anche nel pubblico, se hai la possibilità economica di pagare per master e corsi di alta formazione, altrimenti ti aspetta il pantano dei lavoretti.  Per i giovani, neolaureati o intrappolati nel misero mercato del lavoro privato, è evidente che questa modifica porta ad un’esclusione quasi automatica.

Questa norma si inserisce, poi, in un processo più lungo di smantellamento e trasformazione del settore pubblico in chiave privatistica ed aziendalista. Le misure di austerità imposte dall’UE e rafforzatesi dopo la crisi finanziaria del 2008 hanno massacrato il già debole settore pubblico italiano. L’incapacità della sanità pubblica di affrontare il momento di emergenza sanitaria ne è la tragica dimostrazione. Scelte politiche chiare e funzionali al processo di costruzione del polo imperialista europeo che si sono tradotte, molto concretamente, nelle aziendalizzazioni, nelle esternalizzazioni, nelle privatizzazioni e nella perdita di circa 200.000 posti di lavoro nella PA negli ultimi dieci anni (più del 5%): l’Italia ha oggi il 70% dei dipendenti pubblici della Germania, il 60% della Francia, con appena 13 lavoratori su 100 impegnati nel pubblico. Di pari passo si è assistito ad un invecchiamento del personale, che oggi ha un’età media superiore ai 50 anni; appena il 2% dei dipendenti è under 30 e per la maggior parte impegnati nelle forze armate.[1]

Gli stessi processi hanno prodotto una situazione drammatica per le prospettive di lavoro e di vita delle giovani generazioni, che il ministro Brunetta torna oggi a colpire con questa manovra.
La deindustrializzazione, le privatizzazioni, il blocco del turnover nel pubblico e il continuo attacco ai diritti sociali a colpi di flessibilizzazione e precarizzazione, ci restituiscono oggi un mercato del lavoro estremamente polarizzato, composto da una minoranza di posti qualificati per l’élite e quell’uno su mille che ce la fa – quello che poi serve ad alimentare la narrazione mistificatoria sulla meritocrazia – e una maggioranza schiacciante di posti di lavoro miseri, con contratti inesistenti o ultra-precari e con retribuzioni da fame. Questo è quel che ci dicono anche i dati: disoccupazione giovanile oltre il 30%, NEET oltre il 20% (il dato più alto d’Europa), emigrazione di massa e la metà dei giovani che ha un tenore e delle prospettive di vita peggiori di quelle dei genitori alla stessa età.

Di fronte a questa realtà, uno Stato la cui funzione fosse quella di tutelare l’interesse collettivo, invece che solamente la garanzia del profitto privato, dovrebbe assumersi la responsabilità politica di garantire il pieno impiego e un futuro dignitosi ai giovani. Il caso del concorso alla Regione Campania, il caos che sta generando e l’incertezza lavorativa nella quale sta abbandonando migliaia di persone[2] è un’altra dimostrazione che non sono queste le intenzioni di questo governo. L’enorme mancanza di organico nella PA e l’età avanzata degli attuali dipendenti pubblici rappresentano, potenzialmente, una opportunità in questo senso, per garantire ai giovani l’accesso a un lavoro che possa fornire una prospettiva di vita. Infatti, oltre alla perdita di organico in questi 10 anni passati, si stimano circa 1 milione di posti di lavoro che si libereranno nei prossimi 10 per i pensionamenti.[3]

La crisi (economica, pandemica, sociale, ecc) del Covid-19 ha palesato in modo inequivocabile che questo modello economico-sociale è incapace di garantire anche solo la soddisfazione dei bisogni minimi della popolazione, oltre al fatto che tutte le regole economiche che ci avevano fatto credere essere immutabili ed eterne, come il pareggio di bilancio, sono in realtà solo scelte politiche.

Tutto ciò pone l’urgenza di un rilancio dell’azione pubblica attraverso un piano di assunzione massiccia di personale. Un’intera generazione senza prospettive, oggi schiacciata nel tritacarne del mercato del lavoro privato e nella disoccupazione, deve essere inserita nelle maglie di una pubblica amministrazione fortemente in difficoltà e che vedrebbe queste assunzioni come una boccata d’ossigeno. L’ISTAT ci dice che a dicembre 2020 i disoccupati fra i 15 e i 35 anni sono circa 1 milione[4], neanche sufficienti a colmare il vuoto che è già stato prospettato. Assorbire questa disoccupazione e restituire dignità a noi giovani è un’urgenza sociale.

Non dobbiamo soffermarci a contestare i criteri di accesso ai concorsi pubblici, ma questa è una lotta che deve mettere in discussione la funzione assunta oggi dallo Stato e il ruolo del pubblico nei confronti di una generazione tradita. Questo oggi significa costruire una forte opposizione alla riforma dei concorsi pubblici voluta da Brunetta e rivendicare un lavoro garantito per tutti.

Generalizziamo la lotta contro un modello costruito contro di noi! Lottiamo per un lavoro garantito per tutti e tutte, perché il lavoro è un diritto!


[1] https://www.forumpa.it/riforma-pa/lavoro-pubblico-la-ricerca-a-forum-pa-2019-turnover-unopportunita-di-rinnovamento/

[2] https://contropiano.org/regionali/campania/2021/04/14/concorso-regione-campania-dove-sono-le-10mila-assunzioni-0138037

[3] https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2021/02/22/dipendenti-pubblici-statali-concorso/

[4] https://www.istat.it/it/archivio/253019

15/4/2021 http://cambiare-rotta.org

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