Cannabis, quei falsi miti del proibizionismo

Che carcere sarebbe senza proibizionismo?

Il processo di regolamento legale in atto in particolare nelle Americhe permette di avere finalmente dati e studi sugli effetti della legalizzazione della cannabis e sfatare definitivamente alcuni miti proibizionisti. Ecco un’anticipazione del Nono Libro Bianco sulle droghe appena presentato al Senato dal “Cartello di Genova”: La Società della Ragione insieme a Forum Droghe, Antigone, CGIL, CNCA e Associazione Luca Coscioni e con l’adesione di A Buon Diritto, Arci, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione Pubblica CGIL, Gruppo Abele, Itaca, ITARDD, LegaCoopSociali, LILA. Nel volume si fa il punto sulla relazione tra le politiche sulle sostanze, il trend dei consumi, la salute, la repressione, la ricerca scientifica e il gap italiano rispetto alle tendenze internazionali, specie americane, dal Canada all’Uruguay, che segnano dati positivi a fronte dell’inversione di tendenza rispetto alle politiche proibizioniste dall’era Reagan in poi. 

Il 30% dei detenuti entra in carcere a causa della droga, ovvero 14.139 dei 48.144 ingressi in cella nel 2017. Ma si tratta per lo più di «pesci piccoli», «mentre i consorzi criminali restano fuori dai radar della repressione penale», emerge dal nono Libro Bianco sulle droghe presentato oggi presso la Sala Caduti di Nassirya in occasione della giornata internazionale contro il Narcotraffico. Dai dati raccolti emerge un altro dato preoccupante, ovvero un quarto della popolazione detenuta è tossicodipendente. Hanno infatti un rapporto ‘problematico’ con sostanze stupefacenti 14.706 dei 57.608 detenuti presenti in carcere al 31 dicembre 2017, pari al 25%. «L’attuale legge sulle droghe si conferma il volano delle politiche repressive e carcerarie. Secondo le nostre simulazioni, senza detenuti per art. 73, ovvero imputati per detenzione ai fini di spaccio, non si avrebbe l’attuale sovraffollamento» spiega Marco Perduca, coordinatore della Campagna Legalizziamo.it dell’Associazione Coscioni. Dai dati, denunciano le associazioni del ‘Cartello di Genova’, costituito da Associazione Luca Coscioni, Forum Droghe, Antigone, CGIL e Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA), «emergono politiche repressive non solo verso chi spaccia ma anche verso chi detiene». Aumenta inoltre del 15%, anche il numero delle sanzioni amministrative: da 13.509 nel 2015 a 15.581 nel 2017. E a esserne colpiti sono 8 volte su 10 i consumatori di cannabinoidi (79%), seguono cocaina (14%) e eroina (5%). D’altronde l’Italia si conferma il terzo paese europeo in cui si consuma più cannabis, con il 33% della popolazione che l’ha usata almeno una volta nella vita. Dal 1990 a oggi sono ben 1.214.180 le persone segnalate per possesso di sostanze stupefacenti ad uso personale; di queste il 73% per derivati della marijuana (884.044). Questi dati, spiega Marco Perduca, coordinatore della Campagna Legalizziamo.it dell’Associazione Coscioni, «riportano al centro dell’attenzione pubblica la mancanza in Italia di politiche e risposte istituzionali in materia».

  1. La cannabis provoca i buchi nel cervello?

La cannabis ha sicuramente effetti psicoattivi, in particolare grazie alla presenza del THC, e non si possono certo escludere variazioni della funzionalità dei neuroni dovuta al suo uso. Ma da alcuni anni gli scienziati stanno cercando di trovare prova dei famosi “buchi del cervello” senza particolare successo1. In particolare si è sempre temuto effetti a lungo termine nell’uso negli adolescenti, in particolare relativamente alle psicosi, che però studi recenti minimizzano rilevando che le “associazioni tra l’uso di cannabis e il funzionamento cognitivo negli studi trasversali su adolescenti e giovani adulti sono piccole e possono essere di dubbia rilevanza clinica per la maggior parte degli individui. Inoltre, l’astinenza di più di 72 ore diminuisce i deficit cognitivi associati all’uso di cannabis”2. Risultati simili sono stati ottenuti da altri studi effettuati su gemelli “discordanti” riguardo l’uso di cannabis: non è stata dimostrata riduzione del quoziente di intelligenza, danno alle funzioni esecutive o riduzione delle performance educative3

  1. La Cannabis è una droga di passaggio?

La cannabis non è una sostanza ponte per consumi più pericolosi come quello dell’eroina. Il mantra proibizionista, oltre che essere perdente per logica, oggi lo è per scienza. Numerosi studi hanno dimostrato che l’uso di cannabis non facilita il passaggio a sostanze più pericolose, ma anzi l’uso frequente lo inibisce4. Gli studi dimostrano oggi come la cannabis è invece una potenziale sostanza di uscita dalle dipendenze, in particolare da oppiodi 5. L’unico reale collegamento fra sostanze che hanno usi personali e sociali differenti rimane il mercato illegale.

  1. La legalizzazione aumenta i consumi?

È certo un aumento nel breve periodo, dovuto probabilmente più che alla disponibilità della sostanza in canali legali, all’effetto legalità che spinge le persone che usano sostanze ad uscire allo scoperto nei questionari che rilevano le prevalenze d’uso di sostanze che prima era illegale consumare. Ma nel medio e lungo periodo, anche grazie a politiche di prevenzione degli abusi e di promozione dell’autoregolazione e al divieto di pubblicità contenuto nella stragrande maggioranza delle normative sulla cannabis, il consumo si assesta, ed in alcuni casi diminuisce. Molto più semplicemente è difficile che la legislazione riesca a influire sui fenomeni sociali6, che come tali si comportano e si muovono indipendentemente dalle norme giuridiche7 (e dai confini nazionali). Lo dimostra anche qui l’esperienza olandese8. Peraltro, rispetto all’uso problematico (che è quello che dovrebbe preoccupare maggiormente) l’esperienza, anche italiana9, sull’alcol dimostra che il contesto è più significativo rispetto alla prevalenza d’uso, e non è affatto detto che maggiori consumi determino aumenti di quelli problematici.

  1. La legalizzazione aumenta il consumo di cannabis fra i più giovani?

I dati che provengono dagli stati USA che hanno legalizzato, ma la stessa esperienza di tolleranza olandese, dimostrano che laddove è legale sia per uso terapeutico10 che per uso ricreativo11 i consumi di cannabis da parte degli adolescenti non aumentano, ma addirittura in molti casi diminuiscono12. Questi dati sono accompagnati anche dalla riduzione dei problemi comportamentali, tra cui risse, crimini contro la proprietà, uso di armi e spaccio di sostanze. I ricercatori hanno scoperto che le due tendenze sono collegate, in quanto i ragazzi, diventati meno “propensi” a seguire comportamenti sociali devianti (o avendo rimosso per via legislativa alcuni comportamenti dalla sfera della punibilità), hanno anche meno probabilità di cadere in problemi legati all’uso della marijuana13.

  1. La legalizzazione fa aumentare il crimine?

Il mito che con la disponibilità legale di cannabis possano aumentare i reati è smentito dagli studi che via via si sono susseguiti a seguito delle prime legalizzazioni negli USA. Anzi, lasciando stare gli ovvi crolli per i reati legati direttamente alla sostanza ora legale, in particolare per i reati violenti si registrano sensibili diminuzioni. Per esempio è stato rilevato come nei primi anni della legalizzazione nello Stato di Washington i reati siano tutti fondamentalmente diminuiti, in particolare gli stupri del 30% e i furti del 20%14. E questa diminuzione è più accentuata verso i confini. Ad esempio, gli stati USA al confine con il Messico che hanno legalizzato la cannabis ad uso terapeutico (e non ricreativo) hanno visto una diminuzione dei reati violenti in media del 13%, con punte del 15% in California e del 7% in Arizona15.

  1. La legalizzazione della cannabis aumenta gli incidenti stradali?

L’incidentalità stradale non è stata influenzata dalla legalizzazione della cannabis. Lo dimostrano numerosi studi che hanno paragonato i livelli di incidenti negli Stati USA che hanno legalizzato l’uso ricreativo e terapeutico confrontandoli con quelli che non lo avevano fatto16. Gli autori di una recente meta analisi hanno concluso che la loro “analisi suggerisce che la dimensione dell’effetto generale per DUIC [guida sotto l’influenza della cannabis] sulle UTE [eventi di traffico sfavorevoli] non è statisticamente significativa.”17

Note

1 Crestani F. I buchi nel cervello sono una bufala, Rubrica di Fuoriluogo su il manifesto, 16 maggio 2018

fuoriluogo.it/mappamondo/i-buchi-nel-cervello-sono-unabufala

a cura della redazione di Fuoriluogo

26/6/2018 www.fuoriluogo.it

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