C’era una volta la sanità pubblica, nonostante quasi tutti i ministri

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È davvero in atto un processo di privatizzazione, e di impoverimento, del Servizio Sanitario Nazionale?
Dalla comunicazione quotidiana massificata all’opinione pubblica in questa epoca pandemica pare di no tra i fumogeni della chiamata generale contro i No Green Pass per nascondere la vigliaccheria del governo nell’evitare di decidere l’obbligo emergenziale del vaccino contro il covid, per non combattere contro i No Vax nella sua compagnia parlamentare e per non affrontare l’unica soluzione rappresentata dalla ricostruzione di un’industria farmaceutica nazionale e liberarsi del cappio delle multinazionali.

Intanto, 2,5 milioni di infermieri dai sindacati di 28 paesi hanno presentato una denuncia contro l’UE, il Regno Unito, la Svizzera, la Norvegia e Singapore per aver bloccato un rapido ed equo lancio del vaccino anti Covid-19

E’ inconfutabile che si stia usando il Green pass anche come scorciatoia per non investire sulla sanità. Questo immane sforzo organizzativo ed economico potrebbe essere indirizzato sulle altre misure di prevenzione che riguardano anche le altre patologie rispetto alle quali non abbiamo smesso di morire e il cui accesso alla prevenzione e alle cure è molto peggiorato negli ultimi anni. In prevenzione è fondamentale fare una informazione pacata e seria, tenendo la complessità e senza colpevolizzare le persone.

In realtà sotto la cappa comunicativa si sta completando la totale privatizzazione del SSN, un processo iniziato già poco dopo la rivoluzionaria (termine adeguato se consideriamo che fino al 1977 la sanità era in mano alle familistiche varie mutue) Riforma con la Legge 833 che ha istituito il SSN.

Solo in Italia è potuto succedere che l’applicazione di una Legge fosse affidata perlopiù a uomini e donne che hanno votato contro e poi boicottata durante il loro mandato.

Ricordiamo chi hanno operato come talpe della sanità privata, con poche eccezioni (nomi in corsivo):
Tina Anselmi, Renato Altissimo, Aldo Aniasi, Costante Degan, Carlo Donat-Cattin, Francesco De Lorenzo, Raffaele Costa, Mariapia Garavaglia, Elio Guzzanti, Rosy Bindi – periodo proficuo solo con Rifondazione nel Governo Prodi – (96/98) maggio 1996 aprile 2000 – Umberto Veronesi, Girolamo Sirchia, Francesco Storace, Maurizio Sacconi, Ferruccio Fazio, Renato Balduzzi, Beatrice Lorenzin, Giulia Grillo, Roberto Speranza in carica.

Il primo che poi ha concretamente reintrodotto le mutue e i fondi assicurativi è stato De Lorenzo nel 1992 pur limitandosi ad ammettere solo prestazioni sanitarie non comprese nei lea, ma poi la Bindi nel 1999 allarga la platea delle prestazioni private ed ammette anche quelle comprese nei Lea, quelle accreditate e quelle sociosanitarie. Quindi con il suo secondo mandato nel governo D’Alema, la Bindi predispone che l’assistenza integrativa diventi sostitutiva consentendo di fatto al privato può sostituire il pubblico.
Prima sancisce il principio “dell’economicità nell’impiego delle risorse”, quindi riconosce il principio di compatibilità subordinando di fatto il diritto alla salute al limite economico, infine definisce “contestualmente” i Lea alle risorse rese disponibili dal governo.

Il ministro Speranza è complice degli antiabortisti nel boicottaggio della legge 194. Molto grave che non fornisca dati sulla presenza di medici obiettori negli ospedali italiani. Di certo 22 ospedali in 10 regioni raggiungono il 100% di obiettori negando il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza.

Possiamo dire che la Bindi (nonostante abbia introdotto il rapporto unico di lavoro con il SSN per i medici) ha creato i presupposti per il completamento del percorso di una controriforma mutuando la norma di De Lorenzo che prevedeva tra le fonti istitutive dei fondi integrativi contratti e gli accordi collettivi, anche aziendali determinando la fine della 833 nel ’78.

Quindi un processo che parte da lontano. Un processo silenzioso e per questo ancora più insidioso perché sottratto al pubblico dibattito, nel disinteresse (apparente) della politica e nel silenzio assordante di Roberto Speranza, il quale dovrebbe dismettere l’ipocrita immaginario ruolo di Ministro delle Vaccinazioni, tanto è risaputo che non ha parola di fronte al monarca Draghi e ai voleri delle multinazionali, per dedicarsi alla soluzione degli annosi e irrisolti problemi del nostro malandato SSN, per di più aggravati dalla pandemia e dare seguito alla roboante affermazione “chiudere per sempre la stagione dei tagli alla sanità” e “rilanciare il Servizio sanitario nazionale”.

In realtà gli investimenti previsti dal P.N.R.R. per la sanità pubblica, lungi dal prospettare una inversione della tendenza alla privatizzazione mirano ad accentuare queste tendenze in maniera ancora più pesante e ora l’allungamento esponenziale delle lunghe lista d’attesa, formatesi in seguito all’epidemia, si acquisteranno più prestazioni dai privati e si ricorrerà all’impiego negli ospedali di medici come liberi professionisti distraendo risorse dalla sanità pubblica a quella privata, quella spacciata per innocuo “secondo pilastro” ma che è stata finanziata progressivamente da tutti i governi come servizio sanitario sostitutivo del pubblico.

Un ex “secondo pilastro” che genera la crescita dei costi assicurativi più dell’incremento della spesa sanitaria pubblicsanità intea e di quella diretta del cittadino. La defiscalizzazione applicata ai fondi sanitari è un regalo ai gruppi assicurativi: è stato calcolato un gettito di oltre 4 miliardi di Euro (di mancate entrate fiscali). Una cifra che cozza con un SSN in sofferenza sempre più grave per i continui tagli di risorse.

Il tutto sotto gli occhi del ministro della sanità disperanza in carica.

Franco Cilenti

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