Ci sarà una lista di sinistra alle elezioni europee

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1/4/2019
Siamo partite/i. Le prossime elezioni europee sono vicine ed è in corso la costruzione della lista: uno spazio comune di sinistra, antirazzista, ambientalista e femminista, a disposizione di tutte le soggettività, politiche, culturali, sociali, civiche e di movimento. Per realizzare questo progetto è necessario anche il vostro sostegno. Da oggi iniziamo la  consultazione sul simbolo e sul nome della lista. Dateci la vostra opinione, perché le scelte di tante/i sono meglio della scelta di poche/i.
La consultazione  sarà aperta a partire dalle ore 14.00 di lunedì 1 aprile fino alle ore 24.00 di martedì 2 aprile; vi chiediamo di esprimere un parere tra i simboli che presenteremo utilizzando il link http://www.sinistraeuropea.eu/index.php/poll/scegli/. Segnaliamo inoltre che il simbolo potrà essere integrato con altri elementi grafici qualora altre soggettività politiche convergano nel percorso. 
Per saperne di più https://bit.ly/2UbyJyF

Per un’alternativa di sinistra, antirazzista, femminista, ecologista in Europa.

 Le prossime elezioni europee rappresentano una sfida molto alta: costruire uno spazio politico alternativo sia alla prosecuzione delle politiche neoliberiste, causa di disuguaglianze e povertà, sia al crescere della barbarie dei razzismi e dei nazionalismi.

Uno spazio a disposizione di quei movimenti che oggi costituiscono la principale speranza su scala planetaria: il movimento delle donne che partendo dalla denuncia della violenza maschile mette in discussione tutte le forme di dominio – di sesso, di classe, di culture -, ed il movimento per il clima e l’ambiente che vede una generazione di ragazze e ragazzi pretendere un futuro per la terra e le specie viventi, quindi un cambiamento radicale del modello di sviluppo. Uno spazio a disposizione di chi nel nostro paese in questi anni ha condiviso l’impegno per la difesa e l’attuazione della Costituzione nata dalla Resistenza, le lotte per la difesa dei beni comuni e i diritti civili e sociali, l’opposizione alle “riforme” neoliberiste a partire da quella delle pensioni, alle privatizzazioni, alla precarizzazione del lavoro. Uno spazio per chi si schiera da anni contro xenofobia e razzismo nelle mobilitazioni e nella solidarietà attiva.

L’Europa che vogliamo costruire si fonda sulla democrazia reale e sull’autodeterminazione di donne e uomini; sulla giustizia sociale, ambientale e fiscale; sulla redistribuzione della ricchezza e del lavoro; sulla riconversione ambientale e sociale dell’economia; sul diritto al reddito e sui diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, sulla solidarietà contro le politiche securitarie e di respingimento delle e dei migranti; sulla pace, il disarmo e la cooperazione internazionale.

Per questo è necessario rompere la gabbia neoliberista definita dai trattati e porre fine alle politiche di austerità, che hanno aumentato le disuguaglianze sociali nei paesi della UE e gli squilibri fra paesi dell‘Unione, fornendo terreno fertile per i tanti imprenditori della paura e dell’odio, facendo risorgere nazionalismi, xenofobia, razzismo.

Lavoriamo in Italia ed in Europa per la confluenza di tutte le soggettività politiche, culturali, sociali, civiche e di movimento, che si battono per l’uguaglianza, la solidarietà, l’umanità, con un programma i cui punti fondamentali si articolano a partire dalla piattaforma del Partito della Sinistra Europea e dal Green New Deal di Primavera europea.

  1. NO alla UE delle élites e dei tecnocrati, per la rifondazione democratica dell’Europa.

Oggi nell’Unione Europea, gli effettivi poteri sono concentrati nella Commissione e nel Consiglio, a scapito del Parlamento, solo organo elettivo. La Banca Centrale Europea non risponde a nessun organismo democratico. Sono gli esiti fallimentari dell’idea che l’unità europea si potesse costruire a partire dal mercato unico e dal suo allargamento, che ci ha portato all’impianto neoliberista dei trattati, peggiorato durante la crisi dall’intervento della Troika e da nuove misure restrittive. La recente proposta di Aquisgrana ribadisce il primato dell’asse franco-tedesco, accentuando la militarizzazione della Ue e dei suoi confini.

Siamo per la radicale rifondazione democratica dell’Europa.

Va abolita la Troika. Vanno ampliati i poteri del Parlamento Europeo a scapito degli organismi intergovernativi come il Consiglio e la Commissione. La Banca Centrale Europea deve essere sottoposta al potere di indirizzo del Parlamento Europeo. Vanno potenziate tutte le forme di espressione e di democrazia diretta dei cittadini su scala europea.

Il nostro obiettivo è quello di aprire subito un percorso costituente per un’Europa federale che ponga alla sua base i diritti sociali, civili, di libertà, delle persone.

  1. STOP austerità e neoliberismo: cancellare il Fiscal Compact, disobbedire ai trattati.

Oggi di fronte al rischio dell’esplodere di una nuova bolla finanziaria continuare con le politiche di austerità è totalmente irresponsabile. La risposta non può che essere la disobbedienza ai trattati per imporre una svolta e difendere i diritti di tutte e tutti.

Il Parlamento europeo pochi mesi fa ha rifiutato di inserire nei trattati il Fiscal Compact, ma la Commissione continua a applicarne i parametri folli. Parametri che per quel che riguarda l’Italia, considerano “naturali” gli attuali livelli di disoccupazione, oltre il 10%.

Il Fiscal Compact deve essere cancellato. Così come deve essere eliminato dalla Costituzione italiana il principio del pareggio di bilancio.

Vanno radicalmente riscritti i trattati, cambiando i parametri arbitrari di Maastricht e cancellando i principi fondativi del neoliberismo che li ispirano, quali la competitività, la libera circolazione dei capitali senza alcuna regolazione della finanza speculativa.

Vanno trasformati missione, ruolo, strumenti della BCE: il suo obiettivo deve diventare la piena e buona occupazione, deve rispondere agli indirizzi del Parlamento europeo, deve essere prestatore di ultima istanza, contrastando in questo modo ab origine il ricatto della speculazione e dello spread. Va istituita un’agenzia di rating pubblica per sottrarsi al solo giudizio di quelle private attualmente operanti. Vanno avviate commissioni di audit sulla formazione del debito che, come nel caso italiano non è dovuto a eccesso di spesa sociale ma alla separazione del Tesoro dalla Banca d’Italia avvenuto nel 1981.

Va promossa una conferenza internazionale, per la ristrutturazione del debito, come è successo con il taglio del debito tedesco dopo la II Guerra Mondiale.

  1. STOP paradisi fiscali, STOP finanza tossica.

La UE calcola che ogni anno si perdano oltre 1000 miliardi di euro tra evasione ed elusione fiscale. I paradisi fiscali sono anche dentro l’Europa, in Lussemburgo, Paesi Bassi, Irlanda.

E’ urgente una bonifica del sistema finanziario. Il valore dei derivati è oggi superiore di 3 volte a quello del 2008, 33 volte il Pil mondiale. Nella UE della libertà assoluta di movimento dei capitali, la finanza speculativa non ha nessuno controllo.

Per questo proponiamo di:

  • armonizzare i sistemi fiscali secondo criteri di progressività e introducendo una patrimoniale chesi applichi a tutte le forme di ricchezza mobiliari ed immobiliari
  • vietare tutte le transazioni con i paradisi fiscali anche quando si tratta di stati membri della UE, sanzionando le banche che hanno relazioni con i paradisi fiscali;
  • introdurre un’aliquota minima sulle società del 25% in tutti gli Stati membri. Tutte le multinazionali, con particolare riguardo a quelle del web, devono garantire piena trasparenza delle loro attività attraverso la rendicontazione paese per paese e pagare le tasse dove realizzano un profitto;
  • introdurre una vera tassazione sulle transazioni finanziarie a solo fine speculativo, ovvero la Tobin Tax e il controllo sui movimenti dei capitali;
  • attuare una drastica limitazione dei derivati, proibire le vendite allo scoperto;
  • separare in modo netto le banche commerciali da quelle di investimento.
  1. STOP TTIP, per un commercio equo e sostenibile.

Va abolita l’istituzione di commissioni arbitrali private, uno spazio giuridico sottomesso alle leggi del mercato, a cui le grandi multinazionali potranno denunciare le istituzioni pubbliche che con norme di protezione del lavoro o dell’ambiente, a loro avviso compromettano la remunerazione degli investimenti.

I parlamenti nazionali, fra cui quello italiano non devono ratificare l’approvazione avvenuta in sede europea del Ceta, l’accordo di libero scambio tra Canada e UE, né va consentito alla Commissione UE di forzare nuovamente per l’approvazione del TTIP.

Le politiche commerciali europee devono all’opposto essere subordinate al rispetto dei diritti del lavoro e alla salvaguardia della natura, attraverso la definizione di standard retributivi, dei diritti, ambientali.

  1. Un Green New Deal per la natura, il clima, la transizione ecologica dell’economia.

Secondo l’IPCC, International Panel on Climate Change dell’ONU, abbiamo un decennio per vincolare i governi a scelte energetiche, produttive, economiche, che contengano l’aumento delle temperature entro 1,5 gradi centigradi, prima che il cambiamento climatico diventi incontrollabile e distruttivo. Per la loro vita e il futuro di tutti, si sono mobilitati i giovani di tutto il mondo.

Il nostro obiettivo è che L’Europa entro il 2030 riduca le emissioni di gas serra del 65%, il consumo di energia del 40%, e perché il 45% dell’energia venga da fonti rinnovabili.

Per questo motivo proponiamo un programma di riconversione ecologica con investimenti nelle filiere industriali, dei trasporti, dell’efficienza energetica e nelle fonti rinnovabili, pari ad almeno il 3% del Pil europeo, che si può finanziare con buoni emessi dalla Banca Europea degli investimenti e sostenuti dalle Banche Centrali Europee. Non abbiamo bisogno di un superministro delle finanze, ma di una capacità di indirizzo e di controllo da parte del Parlamento europeo sull’allocazione delle risorse. In questo modo si può rilanciare l’indispensabile intervento pubblico in economia, per orientarla alla riconversione.

Il Piano interverrà anche per la salvaguardia dal rischio sismico e idrogeologico, coinvolgendo nella progettazione e nella gestione le comunità locali e i territori.

Bisogna impedire i processi privatizzazione, inquinamento e sfruttamento delle risorse naturali, ed all’opposto difendere ed estendere i beni comuni.

Bisogna bloccare le grandi opere inutili e dannose, come la TAV Torino-Lione.

Un nuovo sviluppo e valorizzazione dell’agricoltura vanno perseguiti attraverso una difesa delle biodiversità, quindi opponendosi agli Ogm, difendendo le aree agricole dalla cementificazione, ripopolando le zone rurali interne, valorizzando le produzioni mediterranee.

Contemporaneamente vanno difese le risorse del mare, combattendo l’inquinamento e la pesca eccessiva e incontrollata.

  1. Un lavoro e una vita buona per tutt@: 32 ore a parità di salario, salario minimo europeo, reddito di base, welfare.

Il Green New Deal è un piano per la transizione ecologica che creerà nuova occupazione. Ma il salto tecnologico in corso, continuerà a sopprimere posti di lavoro e creare disoccupazione e sottoccupazione, che il sistema non è in grado di compensare come in parte avveniva in passato.

Per questo proponiamo la riduzione generalizzata dell’orario di lavoro a 32 ore settimanali a parità di salario, modificando la direttiva europea sulle condizioni e gli orari di lavoro, che definisce gli standard minimi da rispettare per tutti gli stati membri.

Il che significa anche rimettere in discussione le controriforme pensionistiche che ovunque in Europa hanno aumentato l’età della pensione.

E’ necessario definire un salario minimo orario a livello europeo, con l’armonizzazione dei contributi, che contrasti i processi di dumping sociale.

Proponiamo inoltre l’introduzione di una “scala mobile” europea, cioè un sistema di indicizzazione automatica dei salari in tutta Europa.

Il lavoro a tempo determinato e altre forme di contratti atipici devono essere l’eccezione e non la regola. Il contratto di lavoro europeo deve essere quello a tempo indeterminato, che garantisca tutti i diritti minimi, da quello alla malattia, alla maternità, alle ferie, al riposo settimanale.

L’obiettivo della piena e buona occupazione non è affatto in contrasto con la necessità di istituire un reddito di base, che garantisca il diritto all’esistenza, e sia fissato al 60% del valore del reddito mediano di ogni paese.

La definizione di standard sanitari, educativi, per il diritto all’abitare, sono gli altri pilastri necessari per un welfare europeo, che non solo blocchi le privatizzazioni in corso, ma riaffermi la responsabilità pubblica nei processi di riproduzione sociale, contrastando la perdurante penalizzazione delle donne e le asimmetrie di genere.

  1. Per un’Europa femminista. Per l’autodeterminazione e la libertà delle persone.

Il movimento femminista Non Una di Meno è la forza che a livello mondiale denuncia il carattere sistemico della violenza maschile: la perdurante divisione dei ruoli che scarica sulle donne il lavoro riproduttivo e di cura, le gerarchizzazioni e discriminazioni nel lavoro, il dominio maschile nello spazio pubblico, la violenza che si consuma quotidianamente tra le mura domestiche. Discriminazioni e violenze che colpiscono anche gay, lesbiche, trans e tutte le persone LGBTQI.

Se il neoliberismo e le politiche di austerità hanno acuito le asimmetrie di genere con il taglio dei sistemi di welfare, l’onda reazionaria che attraversa l’Europa sta portando un attacco violentissimo alle conquiste di libertà delle donne. Come accade in Italia, dal DDL Pillon all’attacco alla 194.

Il movimento femminista è oggi per questo protagonista tanto di una resistenza quanto e soprattutto di un cambiamento che va alle radici di tutti i rapporti di dominio, che chiede una rivoluzione delle visioni del mondo, dell’organizzazione della società, delle coscienze individuali.

Vogliamo:

  • la piena parità di accesso, diritti, mansioni, retribuzioni nel mondo del lavoro,in un Europa che vede le donne guadagnare il 16% meno degli uomini, l’equivalente di 2 mesi di lavoro l’anno;
  • la rottura delle asimmetrie tra uomini e donne nel lavoro domestico e di cura a partire dall’incremento e dall’equa divisione dei congedi parentali. Riduzione d’orario, rafforzamento del welfare, reddito di base, sono strumenti per ridefinire radicalmente il rapporto tra produzione e riproduzione sociale;
  • norme per garantire l’uguale rappresentanza delle donne nella politica e nello spazio pubblico;
  • l’estensione e la piena attuazione della convenzione di Istanbul sulla violenza domestica in tutti i paesi europei;
  • la reale autodeterminazione sulle proprie vite e i propri corpi: il pieno diritto alla salute sessuale e riproduttiva, all’interruzione volontaria di gravidanza, l’accesso alla fecondazione assistita, anche eterologa, la promozione della contraccezione;
  • l’affermazione dei diritti delle persone LGBTQI: l’introduzione del matrimonio egualitario, il diritto all’adozione anche a single, per riconoscere il desiderio di maternità e paternità di tutte e tutti.
  1. Per i diritti delle e dei migranti.

La linea di demarcazione fra la barbarie e la civiltà passa dal modo in cui si garantisce il diritto alle migrazioni.  Vogliamo una Europa dell’accoglienza, antirazzista e inclusiva. Oggi la UE e i suoi Stati membri, hanno legislazioni fra loro difformi in materia di immigrazione. In comune ci sono il Regolamento Dublino, che limita la circolazione dei richiedenti asilo e che va radicalmente riformato garantendo libertà di movimento alle persone, e le normative riguardanti lo “Spazio Schengen” che limitano comunque tale libertà ai soli cittadini UE.

Occorre garantire e fornire:

  • la possibilità di ingresso in Europa per ricerca di occupazione;
  • la realizzazione di canali di ingresso certi per richiedenti asilo;
  • investimenti per le politiche di inclusione sociale che prevedano la regolarizzazione delle donne e uomini già presenti negli Stati membri, compreso chi è stato costretto a svolgere lavoro irregolare emerso;
  • la possibilità di voto amministrativo ed europeo;
  • l’armonizzazione estensiva delle norme per l’ottenimento della cittadinanza, garantendo in ogni paese lo ius soli;
  • la rottura degli accordi o bilaterali o stipulati in sede UE con i paesi in cui non vengono rispettati i diritti umani e in cui non è garantita agibilità democratica;
  • la chiusura delle strutture di detenzione amministrativa;
  • l’elaborazione di norme che permettano ai migranti di difendere, ovunque siano, i loro diritti (il diritto dell’ospitalità) e la contemporanea cancellazione di tutte le normative che, come nel caso italiano contrastino tale diritto e il senso di solidarietà e umanità;
  • l’invalidazione e il sanzionamento di provvedimenti assunti che impediscano il soccorso in mare o in qualunque luogo e circostanza dei migranti;
  • il godimento dei diritti pensionistici, anche nei paesi d’origine, a fronte dei contributi versati.
  1. Un nuovo modello per il Sud

La questione meridionale non è solo italiana, ma europea. Dobbiamo impedire che passi il disegno di un’Europa a due velocità, sia di fatto che, peggio ancora, istituzionalizzato. Come si vorrebbe fare in Italia con la “secessione dei ricchi” contenuta nel progetto di autonomia regionale differenziata. Il riequilibrio Nord-Sud è uno degli aspetti centrali di un nuovo modello di sviluppo.

Questo significa:

  • esigere una priorità per gli investimenti pubblici in infrastrutture materiali (come la rete dei trasporti) e umane (come scuola e ricerca) nel Sud per iniziare a colmare il differenziale con il Nord;
  • opporsi ai tagli di bilancio per le politiche agricole comunitarie e sui fondi di coesione, inserendo il livello di disoccupazione in particolare giovanile quale indicatore principale per assegnare i fondi europei;
  • favorire lo sviluppo materiale e culturale delle zone interne dei paesi mediterranei, attraverso politiche di ripopolazione, in cui i processi di integrazione dei migranti (si pensi al modello Riace) possono fornire un sostegno decisivo, di riqualificazione urbana e di risanamento del territorio, capaci di assorbire occupazione;
  • puntare allo sviluppo di relazioni economiche, culturali, politiche all’insegna della pace e della solidarietà in tutto il Mediterraneo e con tutti i paesi extraeuropei che vi si affacciano.
  1. Per l’Europa dei saperi e della cultura

Alla Maastricht dei trattati economici vogliamo contrapporre idealmente e praticamente la “Maastricht dei saperi e della cultura”. Non ci basta evidentemente l’Erasmus, che coinvolge una minoranza dei giovani europei e che comunque non deve diventare una forma di stage.

Per questo è necessario:

  • garantire e potenziare la scuola pubblica di ogni ordine e grado, elevare l’obbligo scolastico a 18 anni, garantire la laicità e la libertà di insegnamento, il lavoro cooperativo e la collegialità nelle scuole;
  • garantire l’accesso libero e gratuito al sistema universitario, abolendo i numeri chiusi. Finanziamenti adeguati per tutte le università, incrementandoli per quelle in maggiore difficoltà, ed il potenziamento delle risorse per il diritto alla studio;
  • proteggere e promuovere la diversità delle espressioni artistiche, culturali e linguistiche;
  • considerare la cultura ambito strategico di investimento pubblico a garanzia dell’autonomia e del pluralismo culturale, dell’indipendenza produttiva e distributiva. Proteggere dalle privatizzazioni e dal degrado i beni pubblici di valore culturale. Riconoscere il carattere “intermittente” del lavoro culturale e adottare normative per la protezione dei lavoratori;
  • garantire l’accesso ad Internet mantenendo la neutralità della rete, evitando intrusioni tese a sfruttare e condizionare le opinioni dei cittadini;
  1. Un’Europa in pace e fattore di pace nel mondo

Va contrastata la tendenza alla militarizzazione, nell’ottica dell’Europa “fortezza” che porta ai progetti di nuovi armamenti, di portaerei, di un nuovo esercito europeo.

Coerentemente chiediamo il superamento della Nato, che appartiene, non con merito, ad un’altra epoca storica.

La Ue deve esigere il disarmo nucleare, una drastica riduzione dell’armamento convenzionale, deve controllare e limitare il commercio delle armi, avviare la conversione dell’industria bellica.

La Ue deve agire da subito per la pace nel Mediterraneo, impegnandosi per i diritti del popolo palestinese e per la soluzione pacifica del conflitto israelo- palestinese, riportare la pace in Siria e nelle zone di conflitto in Africa.

La UE deve operare per la fine del piano imperiale di Erdogan, perché lo stato turco rispetti i diritti umani e la libertà di espressione, contro la repressione e per i diritti del popolo curdo.

La Ue deve sviluppare la cooperazione internazionale valorizzando i soggetti sociali della cooperazione e opponendosi al land grabbing

La Ue deve sviluppare la lotta a tutte le forme di criminalità, alle mafie, allo schiavismo e allo sfruttamento sessuale di donne e minori.

La Ue deve dare coerente seguito agli impegni assunti con l’approvazione della risoluzione che condanna ogni violenza e ogni organizzazione neofascista e neonazista.

www.transform-italia.it

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