C@mbia – menti Senza spessore.

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Ci siamo lasciati, lo scorso numero, con diverse domande aperte a proposito di come sia cambiata la relazione con se stessi, con gli altri e con il corpo nell’era dei social network.
La diffusione dei social appare ad uno sguardo psico-logico collegato alla ricerca del piacere.
Le nuove tecnologie ed i social network evidenziano la necessità di relazione ed il bisogno degli individui di acquisire visibilità all’interno del proprio contesto sociale.

La televisione e la pubblicità hanno creato dei modelli di adolescente, giovane adulto, adulto e anziano, uomini e donne, eterosessuale o omosessuale, talmente standardizzati che differire da tali modelli così concreti e definiti produce angoscia.
Per quanto un individuo desideri essere se stesso, differenziarsi troppo produce in lui/lei vissuti di insicurezza e instabilità nelle relazioni sociali.
Il nostro contesto sociale, anche quello più adulto e maturo, richiede comunque un omologarsi poiché il gruppo è diventato un luogo-cuscinetto rispetto alla complessità quotidiana.

Le persone più fragili hanno potuto lenire ansia da prestazione, vissuti di impotenza e di inadeguatezza, difficoltà di relazione o di integrazione trovando nel web spazi espressivi sostitutivi, protetti, luoghi per offrire attraverso le varie strategie di profile – immagini di sé idealizzate o una selezione accurata di parti di sé .
Il primo bisogno espresso è quello di essere visibili, non scomparire nella folla, ESISTERE.

Fin dai primi giorni di vita il bambino , dopo essere stato accolto tra braccia che gli rimandano la sensazione di essere contenuto da confini rassicuranti, ecco, subito dopo, cerca gli occhi di chi si occupa di lui.
Intorno a quello sguardo nasce la sensazione di essere amato. Nel tempo essere visti diventa essere riconosciuti nelle proprie esigenze e perciò ancora essere amati.

L’esistere, essere visibili, è una necessità dell’individuo e la nostra società per anni ha dimenticato questo bisogno dell’Uomo.
E come si esprime il piacere di essere visti? Nell’uomo con l’erezione, fin da bambino; nella donna nel sentirsi bella,un vissuto di piacere fisico diffuso, fin da bambina.
Il corpo ritorna: è il mezzo per sentirsi esistere; è il pianoforte senza il quale non potremmo sentire la melodia.

Facebook, Twitter, Istagram sono luoghi in cui il corpo è imbellettato, in posa, messo in scena.
Per trovare piacere nel corpo si cancella il corpo stesso nella sua concretezza e differenza individuale, nel le sue parti difettose che tanto si scollano dai modelli massmediatici.
Nei social il corpo è rappresentato dagli adolescenti come un oggetto sessuale spendibile; gli adulti single lo promuovono o nascondono a seconda che aderisca o meno ai modelli di cui abbiamo parlato; quelli in coppia mettono foto delle unioni come a certificarle, renderle stabili, inserirle nelle graduatorie virtuali di adeguatezza. Difficilmente si possono vedere foto del corpo vero, nella sua complessità e differenza. I nuovi superesperti di fotografia lo raffigurano in forma di una metafora di atmosfere con allusioni di intimità .

Troppo spesso nel web il corpo è concepito come bidimensionale, piatto: una immagine spiaccicata, rappresentante una forma esteriore e un’espressione del volto condivisibile, comprensibile al primo impatto.

Il corpo ha perso spessore. Lo spessore viene letto come contenuto abbondante. Anche la magrezza che ha acquisito negli studi sull’alimentazione un valore assoluto, conferma l’ipotesi di un corpo in cui tutti i fattori vanno a qualificare la sottigliezza dell’immagine, il venir meno di uno spessore su cui proiettare essenze, complessità, temperatura, odore, morbidezze al tatto.

La mancanza di spessore è affine alla condensazione tipica del social che in un “profile”, in una pagina, in brevi frasi o in una fotografia sintetizza la personalità dell’utente.
Spessore è la verità, complessa e articolata che solo nell’esperienza reale dell’altro esprime il pieno senso dell’essere.

Si ricerca il mondo virtuale alla ricerca del piacere ma il timore della nostra dimensione reale provoca problemi di intimità, sessuali e del desiderio, difficoltà nel costruire relazioni sentimentali e amicali REALI.
…Ma questa è un’altra storia e ne parleremo nel prossimo numero.

Deborah Carta

www.lavoroesalute.org

Deborah Carta è psicologa, psicoterapeuta, psicofisiologa clinica ed arteterapeuta. Laureata in Psicologia Clinica e di Comunità.

Specializzata in Psicoterapia Psicanalitica dell’Infanzia, Adolescenza e Coppia e in Psicofisiologia Clinica integrata e Artiterapie.

Sarda, esercita la libera professione a Sassari e Cagliari. E’ vicepresidente dell’associazione Ebagiara – http://ebagiara.jimdo.com/ – Centro per la sostenibilità ed il bene-essere in ambiente urbano. Si occupa di relazione tra mente, corpo e ambiente; lavora alla crescita dell’individuo, alla costruzione della relazione tra individui, alla costruzione del gruppo, alla relazione del gruppo con il contesto sociale, umano e professionale .

Progettista in contesti multiproblematici. È animatore/facilitatore degli incontri con tecnica EASW e applicazione di metodologie esperienziali innovative, progettazione esecutiva del percorso, esperto in gestione di gruppi di lavoro, costruzione di reti di collaborazione e cooperazione tra attori sociali, operatori economici ed organismi pubblici, di reportering ed analisi risultati, di networking post- eventi e supporto disseminazione sul WEB.

www.deborahcarta.altervista.org

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