Combattere la Covid a casa

I Medici di medicina generale (Mmg) sono sempre e comunque i depositari della responsabilità nel vostri confronti in caso di malattia, così come le Unità speciali di comunità assistenziali (Usca) e i presidi sia ospedalieri che sul territorio (in materia di diagnosi e terapia). Sento parlare della poca disponibilità e della irreperibilità dei Mmg: penso sia necessario chiarire qualche punto e non per giustificarli ma semplicemente per far capire in quali condizioni lavorino. Sono soli con parecchie centinaia di pazienti da gestire, spesso non hanno mezzi di protezione individuale che consentano loro di lavorare in sicurezza ma soprattutto hanno l’onere di cercare di non infettarsi non solo per se stessi e le loro famiglie ma anche e soprattutto per i loro pazienti che rimarrebbero totalmente abbandonati nel caso di malattia o contagio del curante. Inoltre non hanno a disposizione veri e chiari protocolli e debbono giocoforza insistere ed adoperare tutta la loro competenza e capacità per assistere adeguatamente chi gli si rivolge. Da ultimo: quando segnalano i casi alla Asl per chiedere tamponi il tempo che intercorre (a volte giorni) non dipende da loro ma dalla oberata Asl stessa che a sua volta patisce notevoli criticità. Consideriamo queste cose prima di criticarne il lavoro: fanno quello che possono con quel che hanno a disposizione. Migliaia di mani tese a chiedere aiuto ed un solo risolutore a soddisfare le esigenze….

Qui, con questo scritto, si vuole fornire soltanto qualche elemento per capire e per valutare la situazione in modo da rendere fluidi e meno lunghi i tempi di intervento. Mi sono premurato anche di suggerire qualche farmaco da tenere in casa pronto (ma mi raccomando, e lo dirò anche in seguito: non usateli di vostra iniziativa. Si tratta di prodotti, a parte l’aspirina, che vanno usati solo se è necessario, alle giuste dosi e soprattutto al momento giusto, pena una mancata buona funzione o l’insorgenza di effetti collaterali).

Spero di fare cosa gradita. Il testo è molto lungo ma anche molto denso di informazioni: forse stampandolo si ottiene la possibilità di poterne fruire con meno fatica.

Non si tratta di una linea guida, intendiamoci: le linee guida sono stilate dalle società scientifiche dopo consensus conference ma, dato che ancora non se ne vede traccia, ritengo sia opportuno quanto meno fornire indicazioni sul come gestire la eventuale malattia dal punto di vista della valutazione del suo decorso lasciando al Mmg la scelta dei tempi e dei modi di intervento. Ricordiamoci che ogni persona è diversa e quindi diversi debbono essere gli approcci. Non intasiamo i Pronto Soccorso al primo segno di raffreddore: impariamo ad autovalutare il decorso e iniziamo ad incorporare il concetto che una grande quantità (la maggior quota) di eventi patologici possono essere gestiti a casa con l’aiuto del proprio curante.

Progressione di malattia nella Codid: quando, come e quanto intervenire (studio osservazionale)

Già da tempo mi sono impegnato a comprendere le fasi di progressione della Covid per capire se esistono parametri che possano dare un’indicazione sullo stadio di malattia. Ciò è di vitale importanza per evitare di lasciare a se stesso il decorso per troppo tempo e quindi non contenere l’instaurarsi delle complicanze.

Teniamo conto che gli eventi più negativi non sono solo polmonari ma anche sistemici: è qui che si si rende necessario un intervento massiccio sia farmacologico che di assistenza Intensiva, non nelle forme più superficiali che, per quanto impegnative, possono essere trattate anche a domicilio. La grande differenza può e deve farla l’assistenza sul territorio per sollevare il sistema sanitario dai gravami di un eccesso di ricoveri e di occupazione di posti in terapia intensiva e contemporaneamente per rendere più efficaci le strategie che tendono al contenimento della progressione di malattia in modo che l’assistenza domiciliare sia il gold standard.

Da queste premesse e intenti è scaturito quanto segue: a seconda della stadiazione della malattia tempi e modi di intervento verranno valutati anche alla luce della letteratura disponibile allo stato attuale.

Si considera la Covid 19, nei casi sintomatici (che rappresentano una frazione dei “positivi” corrispondente più o meno al 15-20 per cento del totale), sia in adulti che (anche se meno di frequente) nei bambini, come una affezione del tratto respiratorio alto. La sintomatologia dunque è sovrapponibile a quella dei comuni virus respiratori stagionali ed endemici. Il dato non è secondario, considerando il fatto che in alcuni casi la aggressività del sars-cov-2 si esprime sul parenchima polmonare con attacco a livello alveolare e interstiziale ed esito in polmonite, quindi il riconoscimento eziologico si fa primario.

Il tempo medio di passaggio dalla forma superficiale a quella profonda dall’inizio dei primi sintomi (febbre anosmia, disgeusia, rinite, faringodinia) e ancora in assenza di viraggio verso la forma infiammatoria parenchimale polmonare, è piuttosto breve (in media quattro giorni) e si esprime con tosse secca e sensazione di difficoltà respiratoria.

Il gap temporale esistente fra attecchimento alto (che se non evolve ha decorso benigno) e progressione verso le porzioni più profonde, è il momento cruciale per decidere il ricovero dato che ulteriori attese (oltre il quarto-quinto giorno di sintomatologia) tendono più facilmente a esitare in polmonite interstiziale (collocazione alveolare, Pneumociti di I e II tipo, Ards) e possono essere complicate da desaturazioni importanti con danno multiorgano (rene, cuore, possibile catena infiammatoria mediata dalle interleuchine, possibile coagulazione intravasale disseminata).

La prudenza suggerirebbe dunque di stadiare la malattia sia per gradi sia per fasce di rischio che sono ben note e nei mesi hanno dimostrato essere sempre le stesse (obesi, anziani, sindromi metaboliche, cardiopatici, ipertesi, allettati, immunodepressi e, sembra, categorie di sportivi agonisti con notevoli masse muscolari e con recente storia di sollecitazioni massimali dell’organismo).

A un primo stadio (rinite, febbre che risponde agli antipiretici comuni, anosmia, disgeusia ma sostanziale conservazione delle condizioni generali a parte l’astenia che in alcuni casi è significativa) e la cefalea, è quindi necessario effettuare rapidamente il tampone a domicilio (l’ideale sarebbe entro le 48 ore per i motivi esposti in premessa riguardo alla rapidità di evoluzione) e iniziare terapia antipiretica (meglio se con Acido Acetilsalicilico, data la sua azione anche antiaggregante piastrinica) senza copertura antibiotica. A tampone positivo questo stadio di patologia può essere gestito al domicilio con attenta e frequente osservazione del decorso. I conviventi vanno a loro volta sottoposti a screening con tampone e il soggetto isolato il più possibile.

Qualora, entro le 96 ore, si sia osservata sospetta progressione verso l’apparato respiratorio basso (tracheite, tosse più o meno produttiva, febbre costantemente sopra ai 39°C oppure più bassa ma resistente agli antipiretici) è opportuno non indugiare troppo col ricovero dato che il passaggio da una fase lieve a una complicata è quasi costantemente molto rapido. Il ricorso al ricovero va valutato dal curante.

L’opportunità di ricovero risiede quindi nel vantaggio di una diagnostica più fine (TC, Eco polmonare, D-dimero, ecc.) che permette di precisare meglio il grado della eventuale compromissione generale dell’organismo oltre che dei polmoni. Non secondario è il vantaggio di poter fruire di ausili di sostegno alla funzione respiratoria (O2), farmaci preventivi delle complicanze e uso di principi attivi che hanno lo scopo di prevenire le microtrombosi polmonari, causa di insufficienza respiratoria di tipo perfusivo e non solo restrittivo). Tutto ciò, ove applicato, limiterebbe in modo drammatico il numero di pazienti da assistere in Terapia Intensiva con metodiche spinte, aumentando invece il numero di pazienti che possono fruire di terapie e sostegno meno aggressivi (con notevole beneficio sul carico del sistema sanitario ed evitando di incorrere nei noti problemi assistenziali del periodo marzo/aprile, che non vorremmo certamente mai più vedere).

In questa prospettiva i Mmg, per potersi coordinare con questo progetto di selezione e contenimento, dovrebbero essere messi in grado di:

– Effettuare valutazione a domicilio del paziente (dotati di opportuni mezzi di protezione individuale) di persona o tramite Usca;
– richiedere e ottenere l’effettuazione del tampone in tempi rapidi (massimo 48 ore): ora è possibile coi test rapidi;
– impostare la terapia sintomatica dopo accertamento dello stato effettivo del paziente e del grado di compromissione;
– controllare direttamente o tramite telematica l’evoluzione quotidiana del quadro entro i primi e cruciali quattro giorni;
– fornire ai pazienti (qualora non ne fossero dotati) strumenti per rilevazione della saturazione di ossigeno nel sangue.

Quanto precede non muta per le varie fasce di rischio se non per il fattore peggiorativo determinato da eventuali patologie associate. Per questo motivo all’inizio della sintomatologia in un paziente a rischio i tempi di diagnostica e di intervento dovrebbero essere auspicabilmente abbreviati se non dimezzati e il ricovero anticipato in caso di positività pur in presenza di sintomi non particolarmente importanti. Questo atteggiamento fornirebbe vantaggi dal punto di vista dello smistamento dei pazienti dato che al ricovero arriverebbero praticamente soltanto i soggetti che più probabilmente potrebbero evolvere in forme maligne e impegnative, non intasando i reparti con pazienti affetti da forme gestibili a domicilio e ricoverate semplicemente per cautela.

Insomma far rimanere i pazienti a casa non deve significare trascurarne il decorso poiché è sulla base di quest’ultimo che si giocano le partite più importanti nell’ottica di una congrua decisione terapeutica (con immaginabili risvolti sull’esito). L’attesa troppo prolungata della diagnosi eziologica (effettuazione e risposte dei tamponi dovranno dunque richiedere tempi rapidi e certi) e una dilazione impropria nei decorsi sospetti (troppo “aspettiamo e vediamo come va”) sono i due freni maggiori a una assistenza efficace ed efficiente e possono incidere su impegno ospedaliero e numero di casi severi/critici.

“Sto male… sarà Covid?”: suggerimenti e indicazioni utili per non spaventarsi e per agire in modo corretto

Disclaimer: per motivi ovvi questo scritto è puramente indicativo, non fornisce schemi terapeutici ne sottointende che si possa ricorrere ad automedicazione. Ricordo che la diagnosi di certezza di Covid 19 può essere effettuata soltanto tramite Pcr (tampone), o test rapido (attualmente ci si sta organizzando per renderlo disponibile in modo diffuso) o sierologico (dosaggio anticorpi, da convalidare però con eventuale conferma clinica o con tampone o test rapido). Si sottolinea che l’intervento diretto o indiretto del medico curante è essenziale sia per impostare eventuali terapie domiciliari, sia per il controllo del decorso, sia per l’attivazione delle procedure burocratiche di intervento (attivazione Usca, effettuazione tampone, certificazioni e quant’altro).

Ciò detto cercherò di fornire qualche informazione, utile (spero) per la gestione dell’ansia più che della malattia in se.

I dati disponibili (Epicentro) dimostrano in modo inequivocabile che sul totale dei positivi rilevati mediante tampone (alla data del 23 settembre), più del 60 per cento sono totalmente asintomatici (cioè infetti ma senza alcun segno di malattia), circa il 15 per cento sono paucisintomatici (o solo febbre o solo tosse o solo rinite), circa il 20 per cento sono malati lievi (febbre con tosse e altri sintomi respiratori tipo dolore alla gola e affaticamento respiratorio) e solo il 5 per cento circa sono casi severi (sintomi come sopra ma associati a dispnea e desaturazioni). Di questi ultimi, una frazione (meno dell’1 per cento) è critico (grave compromissione respiratoria con interessamento multiorgano).

In merito alla distribuzione per fasce di età notiamo che da febbraio/marzo è cambiata l’età media di rilievo dell’infezione dato che prima venivano testati soltanto i malati (collocati pressoché costantemente sopra ai 65-70 anni con massimi intorno agli 80) mentre ora gli screening e i tracciamenti, rilevando anche gli asintomatici, hanno influito sulle età medie che si sono abbassate. È però importante sottolineare che il numero totale dei contaminati non corrisponde al numero degli effettivamente malati. La veridicità di quanto affermo è data dal fatto che la maggior percentuale di sintomatici più o meno importanti (cioè di coloro che presentano sintomi e che sono quelli che ci interessano) tende a rimanere sempre la stessa e sempre collocata nelle stesse fasce di età, cioè dai 65-70 anni in poi.

Si nota inoltre che la percentuale di soggetti cosiddetti “critici”, che a febbraio/marzo era collocata intorno al 6-7 per cento, attualmente è appena rilevabile dai grafici (dato corroborato dal numero esiguo di persone in terapia intensiva rispetto al periodo iniziale della diffusione del sars-cov-2).

Perché ho iniziato con la parte epidemiologica? Lo scopo è quello di dare un inquadramento pratico alla Covid-19 (senza volerne sminuire l’importanza dato che, come ho sempre sottolineato, il prefisso Sars cioè Severe Acute Respiratory Syndrome fornisce la connotazione specifica della malattia che, contrariamente ad altre virosi, può essere anche molto seria e dannosa come abbiamo visto). Rispetto al Sars-Cov-1 e alla Mers (che hanno avuto un tasso di letalità molto più alto) il Sars-Cov-2 ha impatto più ridotto dal punto di vista della patogenicità ma un potere di espansione molto maggiore.

Contrarlo quindi non corrisponde a una condanna ineluttabile e dopo i primi sei mesi (forse più, secondo alcuni studi) di convivenza col virus siamo giunti ad alcuni traguardi che hanno reso gestibile il decorso e hanno abbattuto in modo significativo le complicanze rendendolo potenzialmente e auspicabilmente curabile anche senza necessità di ricovero ospedaliero. Un problema di non poca importanza, però, risiede nel fatto che i sintomi di Covid, in fase iniziale, sono indistinguibili da quelli di praticamente tutte le virosi stagionali endemiche (altri coronavirus, Influenza-like Illness, Influenza, Rhinovirus, Adenovirus, ecc.) quindi nel momento in cui si dovesse manifestare qualche sintomo diviene importante fare una diagnosi eziologica (di causa). Attenzione: ciò non solo perché la covid richieda particolari trattamenti “in se” ma perché:

a) può essere facilmente trasmessa ad altri, magari soggetti fragili ed esposti a complicanze;
b) deve essere monitorata nel suo decorso per prevenire degenerazioni.

Una caratteristica che emerge da numerosi studi è che a differenza di altre virosi il primo e più comune segno di Covid è la febbre (contrariamente a quanto accade nella media con le altre virosi intercorrenti in cui la febbre segue di 1-2 giorni l’inizio di sintomi respiratori), anche da sola, o associata ad altri sintomi aspecifici (ad esempio la diminuzione o l’abolizione dell’olfatto e del gusto). La tosse interviene nelle ore/giorni successivi e abbastanza tipicamente è asciutta, insistente, non produttiva. Nella scala di probabilità di evenienze sintomatologiche la rinorrea (scolo dal naso) è al 5°-6° posto mentre vomito e diarrea sono infrequenti. La cefalea può essere importante ma è incostante e comunque non è caratteristica così come il mal di gola che potrebbe essere interpretato anche come elemento sovrapposto (superinfezione batterica, comune in tutte le virosi respiratorie).

Cosa pensare e cosa fare?

Se si presentano sintomi simili (febbre e poi tosse secca con iniziale fatica respiratoria), quindi, cosa pensare e cosa fare?

1) Mantenere a posto la testa, non farsi sopraffare dall’ansia e restare a casa.

2) Considerare la propria collocazione in fasce di rischio per età tenendo presente che le persone sopra ai 65-70 anni sono quelle più comunemente affette da forme più significative (ma non necessariamente gravi).

3) Considerare la propria appartenenza a categorie di rischio di complicanze (se si è obesi, cardiopatici, diabetici, ipertesi, ecc. occorre un intervento certamente più rapido delle autorità sanitarie per una diagnosi eziologica rapida e provvedimenti più mirati).

4) Chiamare tempestivamente il curante descrivendo i sintomi ma anche e soprattutto: a) se si è avuto contatto con soggetti affetti o positivi; b) se si è frequentato qualche ambiente a rischio nei 14 giorni precedenti l’insorgenza dei sintomi (luoghi affollati o frequentati da persone che non hanno rispettato la distanza o non portavano mascherine, ritorno da luoghi/Paesi considerati a rischio, lavoro svolto se questo è a contatto col pubblico ed in ambienti chiusi con scarso ricambio di aria, ecc.).

5) Isolare la persona affetta collocandola in una stanza, proteggendola con una mascherina che va cambiata ogni 4-6 ore (o meno in caso di rinorrea o tosse frequente e produttiva), usare suppellettili o strumenti o stoviglie e comunque oggetti dedicati da non confondere con quelli degli altri conviventi. Sanificare sempre tutto dopo ogni uso, incluso il bagno (se in casa ne è disponibile uno solo) o far usare al malato sempre lo stesso bagno nel caso se ne abbia più di uno.

6) Tutti i conviventi dovranno indossare la mascherina e l’accesso al luogo dove dimora il malato sarà consentito ad una sola persona, meglio se sempre la stessa.

7) Prepararsi al fatto che in caso di tampone positivo si dovranno sottoporre alla stessa procedura tutti i conviventi e tutte le persone esterne ai conviventi che sono venute a contatto con la persona affetta secondo il seguente criterio: distanza inferiore ai due metri per un tempo pari o superiore a 15 minuti nei quatto giorni precedenti i sintomi.

8) Adottare terapia sintomatica (antipiretici e in particolare Aspirina, dato il suo potere anche antiaggregante piastrinico e fluidificante sulla circolazione sanguigna, antidolorifici, decongestionanti nasali in caso di rinite, idratazione) per contenere le manifestazioni più fastidiose. Tenere in casa in pulsiossimetro.

9) Idratare efficamente il soggetto affetto con soluzioni (tisane, succhi di frutta diluiti oppure mediante sali in bustine da sciogliere) e non con sola semplice acqua (la febbre elevata induce sete ma la somministrazione di sola acqua può provocare, se ingerita in eccesso, emodiluizione con successiva diselettrolitemia e disturbi associati).

10) Mantenere un contatto quotidiano, anche solo telefonico, col curante in modo da monitorare l’evoluzione e decidere eventualmente se il decorso impone un ricovero per terapie più specifiche non effettuabili a domicilio oppure se si è in presenza di patologia gestibile a domicilio.

Farmaci… da non usare

Farmaci da tenere in casa ma rigorosamente da non usare se non dopo indicazioni del medico curante:

a) Complesso Amoxicillina/acido Clavulanico in compresse da 1 grammo (l’azitromicina è una alternativa in caso di testimoniata allergia alle penicilline).
b) Desametasone in compresse.
c) Clexane 4000 in fiale (uso sottocutaneo).
d) Acido acetilsalicilico come antipiretico (al posto della tachipirina a meno di essere allergici all’aspirina).
e) N-Acetilcisteina in bustine.

Sulla Idrossiclorochina (Plaquenil) non si possono dare indicazioni attendibili date le recenti controversie in letteratura scientifica. I lavori sono ancora in corso.

In merito alla prevenzione (seppure generica e non specifica per il Sars-Cov-2) si raccomanda, qualora si sia in presenza di carenza, di reintegrare la vitamina D (ovviamente dopo consultazione col curante che ne indicherà dosi e tempi di somministrazione: vedere l’articolo pubblicato su Pillole di ottimismo a firma Puoti, Sestili et al.)

Attenzione: i prodotti sopra indicati non vanno adoperati autonomamente dato che il loro impiego è dettato dalla fase di malattia: in decorsi lievi è possibile che non abbiano giustificazione ma averli in casa accelera le procedure dato che, in caso di prescrizione, qualcuno dovrebbe uscire a procurarli, dovendo andare in farmacia e quindi rischiando per se e per gli altri un contagio. Mi raccomando: non usare nulla se non dopo avallo e prescrizione del medico curante. È sufficiente averli a casa disponibili.

Il tampone, auspicabilmente, dovrebbe essere (gold standard) effettuato entro le 48 ore dall’inizio dei sintomi ma anche oltre se la progressione della sintomatologia è blanda e non mostra segni di degenerazione. La decisione sui tempi e sui modi spetta al Mmg. Attualmente si sta diffondendo la metodica del test rapido che fornisce una risposta di primo livello quasi in tempo reale.

Una progressione sospetta

Come riconosce i segni di una progressione sospetta (complicanze)?

1) Se la persona affetta ha febbre superiore ai 39°C costantemente per più di 3-4 giorni consecutivi.

2) Se la persona affetta ha febbre persistente anche non molto elevata ma che non si abbassa coi comuni antipiretici.

3) Se la persona affetta manifesta dispnea franca (difficoltà respiratoria, sensazione di “fame di aria” che si può avvertire anche a riposo).

4) Se la persona affetta, anche in presenza di attività respiratoria non particolarmente compromessa, ha una saturazione di ossigeno al pulsiossimetro inferiore al 93-94% a riposo (indicativamente).

5) Se la persona affetta, al walking test (camminare senza fermarsi per 5-6 minuti) mostra una saturazione di ossigeno inferiore al 90-91% (indicativamente).

In questi casi è indicato (anche se non si è ancora effettuato il tampone o lo si è effettuato ma non si ha disponibile l’esito) ricorrere rapidamente al Mmg per valutare l’opportunità di iniziare terapie più spinte e complesse (in pratica l’impiego dei farmaci sopra suggeriti) oppure di ricovero ospedaliero (in caso di difficoltà a contattare il Mmg, chiamando il 118). Ricordo che il passaggio da una forma superficiale ad una profonda nella Covid può essere rapida.

Per ciò che attiene ai farmaci si sottolinea di nuovo in modo netto che l’automedicazione (uso autonomo di sostanze di cui si parla in giro per Internet o consigliate dal vicino di casa) è vivamente sconsigliata, a parte l’uso di antipiretici. È importante che anche avendo in casa prodotti farmaceutici (quelli elencati sopra) potenzialmente adoperabili occorrono sempre e comunque l’approvazione, la prescrizione e la corretta posologia da parte del medico: non finirò mai di ripeterlo.

Diamoci una mano: non corriamo in ospedale al primo starnuto o alla prima linea di febbre.


Ringraziamenti:
– Prof. Piero Sestili (ordinario di Farmacologia Università degli studi di Urbino “Carlo Bo”)
– Prof. Alessandra Petrelli (Internista e Ricercatrice – Università Vita Salute – San Raffaele Milano)
– Dr Mario Puoti MD
La loro pazienza e disponibilità nei miei confronti non può essere descritta a parole: spero che un sentito “grazie” sia sufficiente.

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Andreas Kronbichler,a,1 Maria Effenberger,b,1 Michael Eisenhut,c Keum Hwa Lee,d and Jae Il Shind,⁎

Stefano Tasca

31/10/2020 https://comune-info.net

Questo articolo lega due pezzi apparsi su Pillole di ottimismo il 16 e 23 settembre 2020 opportunamente rimaneggiati dall’autore, medico, in ottobre. E qui pubblciate con il consenso di Pillole di ottimismo.

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