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Altra Informazione, Blog, Comitati di Lotta, Cronache di Lavoro, Cronache Politiche, Cronache Sindacali, Cronache Sinistra Europea, Cronache Sociali, Culture, Editoria Libera, Politiche di Rifondazione, Storia e Lotte — Luglio 30, 2020 10:11 am

Secondo l’Istat (rilevazione del 2019), persiste in Italia il pregiudizio che addebita alla donna la responsabilità della violenza sessuale subita. Addirittura il 39,3% della popolazione ritiene che una donna è in grado di sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole. Anche la percentuale di chi pensa che le donne possano provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire è elevata (23,9%). Il 15,1%, inoltre, è dell’opinione che una donna che subisce violenza sessuale quando è ubriaca o sotto l’effetto di droghe sia almeno in parte corresponsabile. Per il 10,3% della popolazione spesso le accuse di violenza sessuale sono false (più uomini, 12,7%, che donne, 7,9%); per il 7,2% “di fronte a una proposta sessuale le donne spesso dicono no ma in realtà intendono sì“, per il 6,2% “le donne serie non vengono violentate“. Solo l’1,9% ritiene che non si tratta di violenza se un uomo obbliga la propria moglie/compagna ad avere un rapporto sessuale contro la sua volontà.

Come eri vestita?

Pubblicato da franco.cilenti

Riceviamo e aderiamo. Redazione Lavoro e Salute

Chiediamo al Ministro della Giustizia la revisione dell’articolo 609-bis del codice penale, in linea con gli impegni presi nel 2013, affinché qualsiasi atto sessuale non consensuale sia punibile.

Il sesso senza consenso è stupro. Presentata la campagna

Iolochiedo – 8 Luglio 2020

Con la campagna #Iolochiedo, presentata mercoledì 8 luglio alla Casa del Cinema a Roma, ci appelliamo al Ministro della Giustizia affinché la legislazione italiana si adegui alle norme internazionali, stipulate con la convenzione di Istanbul del 2011, e modifichi l’articolo 609-bis del codice penale per considerare reato qualsiasi atto sessuale senza consenso.

Con questa campagna, intendiamo rafforzare la consapevolezza nelle giovani generazioni sul tema dello stupro, sugli stereotipi di genere da combattere e chiarire il concetto del consenso.

Per contrastare le violenze sessuali è necessario, infatti, anzitutto cambiare gli atteggiamenti sociali basati sulla discriminazione di genere e sulle relazioni di potere di genere e contrastare la cosiddetta cultura dello stupro, intesa come normalizzazione della violenza sessuale. Per questo, chiediamo che oltre alla modifica della norma del codice penale che regola la violenza sessuale siano messe in atto misure per promuovere una cultura del consenso come sinonimo di condivisione e rispetto.

“Come eri vestita? Cosa indossavi quella sera?”. Spesso sono queste le prime domande a cui deve rispondere una donna per denunciare il suo stupratore.

Secondo una rilevazione Istat del 2019 nel nostro paese persiste il pregiudizio che addebita alla donna la responsabilità della violenza sessuale subita per il modo di vestire (23,9% degli intervistati) o se sotto effetto di alcool e droghe (15,1%).

Con il nostro appello chiediamo non solo una modifica della norma del codice penale che regola la violenza sessuale, ma anche che siano messe in atto misure per promuovere una cultura del consenso come sinonimo di condivisione e rispetto.

“Il sesso senza consenso è stupro”, è un concetto semplice, che dovrebbe mettere d’accordo tutti. Purtroppo non è così.

In Italia il codice penale fa riferimento ad una definizione di stupro basata esclusivamente sull’uso della violenza, della forza, della minaccia di uso della forza o della coercizione. Senza alcun riferimento al principio del consenso, così come previsto dall’articolo 36 della Convenzione di Istanbul, ratificata dal nostro paese nel 2014.

L’introduzione del principio del consenso nella nostra legislazione contribuirebbe a garantire il pieno accesso alla giustizia alle vittime di violenza sessuale.

Chiediamo l’adeguamento della nostra legislazione e una forte spinta ad un cambiamento culturale perché sia chiaro che il sesso senza consenso è uno stupro.

Il consenso è tutto quando si tratta di sesso.

Il concetto di “consenso” richiama alla necessità, in una relazione, di rispettare sempre la volontà dei due partner.

Per fare sesso, devi sapere che anche la persona con cui desideri farlo vuole la stessa cosa.

L’espressione del consenso non è la firma di un contratto, è la comunicazione di una volontà, è assicurarsi che in tutti i momenti del rapporto esista la reciproca voglia di stare insieme.

Essere in silenzio o non dire di “no” non equivale a dare il proprio consenso.

Il consenso ad avere un rapporto sessuale deve essere una scelta volontaria e libera per tutte le parti coinvolte.

La regola generale è: in caso di dubbio sul consenso, chiedilo espressamente. Se sei ancora in dubbio, fermati.

Il “consenso” nel Diritto

Nel diritto internazionale non esiste una definizione legale di consenso a cui far riferimento. Quando parliamo di “consenso” parliamo di rispetto dell’altro, di rispetto dei limiti fisici e psicologici che ogni persona ha. È importante educare fin da piccoli all’importanza dei limiti del proprio corpo, della privacy e di come rispettare sé stessi e gli altri.

Questo vuol dire che ogni governo ha la possibilità di introdurre nel proprio ordinamento la definizione più adatta alla propria società.

Il consenso è una forma di permesso che dai liberamente a qualcuno (in maniera verbale e non verbale) per fare cose* che tu vuoi e che ti vanno bene che riguardano il tuo corpo e il tuo spazio personale.

Il consenso è specifico perché dire sì ad una cosa non vuol dire sì anche ad altre; è variabile perciò chiunque può cambiare idea riguardo cosa desidera fare in ogni momento, anche se l’ha già fatto in passato se lo sta facendo in quell’istante; è informato ovvero non può essere basato su una bugia o l’omissione d’informazione.

Tuttavia, l’articolo 36, paragrafo 2, della Convenzione di Istanbul specifica che il consenso “deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della quella di chi che induce l’altra persona a compiere o subire atti sessuali abusando delle sue condizioni di inferiorità fisica o psichica. L’articolo 609-ter c.p., invece, prevede delle circostanze (dette aggravanti).

In nessun caso, il reato di stupro è definito esplicitamente come un “rapporto sessuale senza consenso”.

È inoltre prevista un’aggravante della pena se i fatti sono commessi nei confronti di una persona che ha fatto uso di

situazione e del contesto”. La relazione esplicativa alla convenzione di Istanbul chiarisce inoltre che i procedimenti giudiziari “richiederanno una valutazione sensibile al contesto delle prove per stabilire, caso per caso, se la vittima abbia liberamente acconsentito all’atto sessuale compiuto. Tale valutazione deve riconoscere l’ampia gamma di risposte comportamentali alla violenza sessuale e allo stupro che le vittime manifestano e non deve basarsi su ipotesi di comportamento tipico in tali situazioni.”

Esistono tre modelli giuridici:

“modello consensuale puro”, per il quale è reato qualsiasi tipo di atto sessuale nel quale manchi il consenso valido della persona offesa;
“modello consensuale limitato”, che considera reato qualsiasi atto sessuale rispetto al quale la vittima abbia manifestato un chiaro dissenso;
“modello vincolato”, che ritiene violenti solo gli atti sessuali nei quali ricorrano i vincoli della costrizione, della violenza e della minaccia.

In Italia si predilige il “vincolato”, con recenti orientamenti verso il “consensuale limitato”

Le altre legislazioni europee

Analizzando la legislazione sullo stupro in 31 paesi in Europa, solo 9 di questi hanno adottato leggi basate sul consenso.

Ma le cose stanno cambiando.

Nel 2018 l’Islanda e la Svezia sono diventate il 7° e 8° paese in Europa ad adottare legislazioni che definiscono lo stupro come assenza di consenso. A giugno 2019 la Grecia è diventata la nona. Gli altri paesi sono Regno Unito, Irlanda, Lussemburgo, Germania, Cipro, Belgio e Portogallo.

Negli altri paesi europei, affinché il crimine sia considerato stupro, la legge richiede che ci siano elementi come l’uso della violenza, della forza o la minaccia della forza, ma questo non è ciò che accade nella grande maggioranza dei casi di stupro.

Di conseguenza, molte vittime non sono in grado di chiedere giustizia e scelgono di non denunciare la violenza alla polizia.

Violenza sessuale in Italia

Il codice penale italiano (risalente al 1930 e tuttora in vigore nonostante le numerose modifiche adottate), all’articolo 609-bis, introdotto con la legge n 66 del 1996, punisce la condotta di chi,

Il codice penale italiano (risalente al 1930 e tuttora in vigore nonostante le numerose modifiche adottate), all’articolo 609-bis, introdotto con la legge n 66 del 1996, punisce la condotta di chi,

con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringa l’altra persona a subire atti sessuali e alcool. In nessuna di queste norme è richiamato l’elemento del consenso così come indicato nella Convenzione di Istanbul.

L’Italia ha sottoscritto la Convenzione di Istanbul nel settembre del 2012 e il 27 giugno 2013 il Parlamento l’ha ratificata. Si tratta del primo strumento internazionale giuridicamente vincolante sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica. La violenza viene riconosciuta come forma di violazione dei diritti umani e di discriminazione. Qui la Convenzione di Istanbul contro la violenza nei confronti delle donne e l’attuazione nel nostro ordinamento interno

I dati

I dati sulla violenza sessuale, probabilmente sottostimati, dipingono una realtà terribile. I risultati di un sondaggio a livello dell’Unione Europea mostrano che:

1 donna su 20 di età pari o superiore a 15 anni nell’UE è stata stuprata. Sono circa 9 milioni di donne.
1 su 10 donne di età pari o superiore a 15 anni nell’UE hanno subito qualche forma di violenza sessuale.

La stupro è una forma di violenza diffusa e sistemica in tutto il mondo. Non ci sono paesi in cui le persone vivano libere dalla sua minaccia e nessun genere o gruppo di persone sono esenti dai suoi effetti distruttivi.

Lo stupro e altri reati sessuali costituiscono un grave attacco all’integrità fisica, mentale e all’autonomia sessuale della vittima. Sono violazioni dei diritti umani in sé stesse e compromettono anche il godimento da parte della vittima di una serie di altri diritti umani, come il diritto alla vita, la salute fisica e mentale, la sicurezza personale, la libertà, l’uguaglianza all’interno della famiglia e davanti alla legge, indipendentemente dall’identità di genere, il diritto di essere liberi da discriminazioni e torture e altri maltrattamenti. Le vittime spesso non conoscono i propri diritti e si trovano di fronte a molteplici ostacoli nell’accesso alla giustizia e ai risarcimenti, compresi stereotipi di genere dannosi, idee sbagliate su violenza sessuale, accuse di colpevolezza, domande di credibilità, sostegno inadeguato e legislazione inefficace.

In Italia, nel febbraio 2018 i dati della commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e violenza contro le donne hanno evidenziato che circa il 50 per cento dei processi per questo tipo di reati si conclude con l’assoluzione degli imputati e che, elemento ulteriore di preoccupazione, esistono profonde differenze nelle valutazioni dei giudici e delle conseguenti sentenze emesse dai tribunali italiani.

PER FIRMARE E TUTTE LE ALTRE NOTIZIE SULLA CAMPAGNA CONTRO LA VIOLENZA: www.amnesty.it

Pubblicato sul numero di luglio del mensile Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org
ANCHE IN VERSIONE INTERATTIVA
www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-luglio-2020

Tags: Amnesty International Campagna iolochiedo Caporalato Consenso Convenzione di Instambul costumi donne migranti femminicidio maschilismo Non Una di Meno Omofobia sesso Stupro violenza alle donne violenza alle donne migranti
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Autore: franco.cilenti

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