Contrasto alla pirateria informatica: un nuovo pretesto per perseguire una società del controllo?

Nell’ultimo anno l’Italia ha rappresentato, come più volte accaduto nella nostra storia, un esperimento d’avanguardia. L’esperimento è consistito nell’utilizzo stringente di tecnologie disponibili alla massa per la negazione o concessione di diritti costituzionalmente garantiti. Ci stanno addestrando all’obbedienza.

Le tecnologie informatiche, infatti, sono ormai mature per accogliere una nuova società, la cosiddetta “società del controllo”, una società dove l’individuo non ha diritti riconosciuti a prescindere, ma diritti “concessi” solo se soddisfa specifiche caratteristiche (di salute, fiscali, sociali, ambientali ecc… immaginazione ed etica saranno gli unici limiti).

La propaganda e la paura hanno garantito il “successo” di strumenti come il greenpass che sono stati percepiti dalla gran parte della popolazione come “necessari” e/o “giusti”. L’esperimento ha mostrato solo una debole opposizione da parte della popolazione sotto ricatto sociale, lavorativo e sanitario. Le ragioni di questo successo si possono trovare in un piano ben architettato che negli ultimi decenni ha di fatto distrutto il senso critico dei cittadini italiani (in primis distruggendo la scuola), ha fatto scomparire un’intera classe sociale, la media borghesia, riducendo ai limiti della povertà milioni di italiani che hanno dovuto sottostare al ricatto di Stato.

“Cosa c’entra la pirateria informatica?” mi chiederete. Così come il virus è stato un pretesto per giustificare strumenti pericolosi come il greenpass, restrizioni alla libertà, diritti calpestati, atteggiamenti punitivi e lesivi della dignità, allo stesso modo temo che la pirateria informatica verrà utilizzata come pretesto per un controllo e una censura sempre più pervasiva di chi non si allinea al cosiddetto “sistema”. O almeno questa è stata la mia immediata impressione leggendo la proposta di legge sulla tutela del diritto d’autore e contrasto alla pirateria informatica, attualmente in discussione in Commissione Cultura e Trasporti alla Camera. Una legge scritta malissimo, fatta con i piedi e fuori da ogni logica. Una legge slegata dal diritto giuridico perché dà la forza a dei privati che sono titolari di diritti di qualche opera di chiudere dei siti non di loro proprietà attraverso l’AGCOM.

Cosa prevede? In sintesi, AGCOM con proprio provvedimento può ordinare ai prestatori di servizi, compresi i prestatori di accesso alla rete (chi vi fornisce la connessione a internet, per intenderci), di disabilitare l’accesso ai contenuti illeciti mediante il blocco della risoluzione DNS dei nomi di dominio, e il blocco del traffico di rete verso gli indirizzi IP. Non solo: ordina anche il blocco futuro di ogni altro nome di dominio, sottodominio creato attraverso variazioni di nome, declinazione o estensione (così come è scritta la proposta, se viene aperto un sito pirata “camera.movie”  potrebbe essere bloccato anche il sito della Camera dei Deputati “camera.it”!).

In pratica i detentori dei diritti ordinano ad AGCOM di bloccare i DNS/IP di una lista di siti (redatta a loro discrezione), che a sua volta ordina a prestatori di servizi, motori di ricerca e fornitori di servizi di rendere inaccessibili i contenuti trasmessi. La lista di domini/IP può essere aggiornata periodicamente da parte dei titolari dei diritti, che nel caso possono notificare direttamente ai destinatari del provvedimento, senza più nemmeno passare da AGCOM!

In tutto ciò i prestatori dei servizi devono bloccare i DNS/IP “senza indugio e in tempo reale” altrimenti commettono reato penale (oltre alla sanzione amministrativa per l’ente). Una follia!

Quindi ci sono privati che fanno una lista di proscrizione dei siti da chiudere e l’AGCOM obbliga “senza alcun indugio e in tempo reale” tutti i prestatori di servizi, motori di ricerca, tutti quelli che hanno un ruolo attivo nell’accessibilità del sito come server, strutture tecnologiche, motori di ricerca, a chiudere e rendere inaccessibili questi siti. E se qualcuno non dovesse ottemperare a quest’obbligo dell’AGCOM, quindi non di una forza di polizia o un organo giudiziario e non dopo ordine di un giudice, potrebbe finire a processo per reato penale. C’è poi anche il tema della fattibilità tecnica di una proposta del genere, ossia: è realmente efficace bloccare siti tramite oscuramento di domini e IP in modo istantaneo senza coinvolgere o provocare danni a siti/piattaforme legali?

Come se non bastasse, probabilmente i costi che per forza di cose graveranno sui prestatori di servizi verranno scaricati sui cittadini.

Qualcuno potrebbe obiettare che “è l’unico modo per bloccare la pirateria informatica”. Peccato che la pirateria sia in netto calo negli ultimi anni, soprattutto grazie all’enorme offerta di piattaforme di contenuti digitali a costi accessibili. Inoltre faccio notare che la normativa sul tema esiste già: la Legge 633/1941, più volte aggiornata nel corso dei decenni, da ultimo con le modifiche dei d.lgs 177 e 181/2021, regola il diritto d’autore nel mercato digitale. C’è poi il codice di procedura penale, per esempio l’art 321 che prevede il sequestro e l’oscuramento dei contenuti illegali tramite la guardia di finanza o la polizia postale dopo l’ordine del giudice.

Così come il covid è stato un pretesto per introdurre il greenpass in salsa italica, così la pirateria informatica può essere il pretesto per introdurre una procedura di controllo dell’informazione online discrezionale e totalmente arbitraria, che bypassa il sistema giudiziario mettendo in mano a soggetti privati con la complicità di un’agenzia di nomina politica il potere di decidere cosa rendere accessibile o meno nel mondo del web. In altre parole, si avvalla un sistema di censura dove i censuranti (o censuratori!) sono soggetti privati che utilizzano un ente statale, il quale obbliga altri soggetti privati a censurare immediatamente specifici siti, pena la denuncia penale ed amministrativa.

Ora, finchè si applica alla pirateria informatica potrebbe anche essere “accettabile”, ma immaginate questo sistema di controllo applicato nel contesto dell’informazione: una manciata di gruppi editoriali, “titolari della verità”, potrebbero a loro discrezione censurare notizie o siti di informazione scomodi, ritenuti responsabili della diffusione di fake news (“fake” secondo loro ovviamente).

Che sia un altro tassello verso la società del controllo, un controllo onnipresente, totalitario, che di fatto distruggerà la libertà di espressione e informazione?

Paolo Giulidori

6/6/2022 https://www.lafionda.org

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