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La sentenza della Cassazione sulla rinegoziabilità dei contratti è un’arma potente in mano ai padroni. Il concetto di rivedibilità di un contratto consentirà ai datori, pubblici e privati, di esigere nuovi negoziati, pensiamo alla crisi pandemica e alle ripercussioni negative sulla economia e sui profitti, sarà facile per le associazioni padronali o per l’Aran rivendicare la insostenibilità di parte dei contratti per ridurre il costo del lavoro e l’agibilità sindacale.

Contratti: sentenza di Corte

Pubblicato da franco.cilenti

Un evento eccezionale rende rinegoziabili i contratti, lo dice la Suprema Corte e i datori di lavoro prenderanno subito la palla al balzo. E’ il caso dell’emergenza pandemica, fino da oggi il ricorso al lavoro agile è stato lo strumento con cui le amministrazioni pubbliche e i datori privati hanno evitato l’affollamento di uffici e reparti ricorrendo o agli ammortizzatori sociali o al lavoro agile.

La discussione attorno allo smart è stata sterile e fuorviante, per molti lavoratori e lavoratrici è stata una conquista, ben presto sperimenteranno sulla loro pelle gli effetti di questo autentico cavallo di troia per la contrattazione sindacale e il potere di acquisto dei salari.

Sia lungi da noi criticare il lavoro agile ma fino ad oggi i sindacati hanno accettato acriticamente le circolari ministeriali e dei dirigenti obiettando sul numero dei rientri in presenza o sulla mancata erogazione di istituti contrattuali senza mai mettere in campo una iniziativa adeguata a tutelare il loro potere contrattuale e gli istituti previsti da contratti che avevano sottoscritto.

Nelle prossime settimane il governo metterà mano alla legge 81\ 2017 nell’ottica di rivedere il meccanismo che obbligava la stipula di un accordo individuale con il lavoratore per la modalità agile. Si va verso un accordo valido erga omnes , attraverso la contrattazione nazionale, a conferma che lo smart non è solo funzionale all’epoca pandemica ma rappresenta ben altro.Si passa quindi alla contrattazione nazionale, con gli stessi sindacati silenti e complici e, con il solito accordicchio, si favorirà una intesa con il Governo per ricorrere con grande facilità al lavoro agile, anzi per imporlo liberamente nei luoghi di lavoro.

I nuovi contratti dovranno prima di tutto stabilire un insieme di regole che salvino in apparenza il ruolo sindacale, ad esempio l’obbligo, formale piu’ che sostanziale, alla disconnessione da parte dei lavoratori, riconoscere, sempre formalmente, la validità degli istituti contrattuali salvo poi derogarne l’applicazione agli accordi di secondo livello con i quali i datori ottengono quasi sempre cio’ che vogliono.

Ancora poche settimane prima del 15 Ottobre, entro questo termine dovranno mettere a norma le regole, farle recepire dai contratti nazionali e passare poi a un ampio ricorso al lavoro agile per rispondere ai processi di ristrutturazione della Pa e del privato.

50% della forza lavoro pubblica quest’ anno, 60% nel 2021 sono obiettivi raggiungibili? Si andrà oltre 1,8 milioni di lavoratori in smart? E qualora dovesso pagare i buoni pasto, dentro un quadro di contenimento della spesa pubblica, dove andranno a tagliare?

Quanti soldi risparmieranno nel capitolo spese di manutenzione, pulizie e quanti con il mancato acquisto degli strumenti di lavoro visto che lavoreremo da casa con i nostri strumenti privati?

Di questo non si parla, l’obiettivo è avere un accordo per decidere liberamente chi mettere a casa e chi invece opererà in presenza, anche in questo caso a rimetterci saranno il potere di acquisto e di contrattazione della forza lavoro

E cosi’ il potere dirigenziale sarà ulteriormente rafforzato…

Dovremmo quindi aprire un confronto reale sullo smart analizzando vantaggi e svantaggi ma soprattutto l’utilizzo che Aran e Confindustria intendono farne, un utilizzo che non sarà di certo funzionale agli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici.

Il concetto di rivedibilità di un contratto consentirà ai datori, pubblici e privati, di esigere nuovi negoziati, pensiamo alla crisi pandemica e alle ripercussioni negative sulla economia e sui profitti, sarà facile per le associazioni padronali o per l’Aran rivendicare la insostenibilità di parte dei contratti per ridurre il costo del lavoro e l’agibilità sindacale.

La sentenza della Cassazione prevede (citiamo da Il sole 24 Ore) l’ obbligo di rinegoziazione dei contratti ogni qualvolta una sopravvenienza rovesci il terreno fattuale e l’assetto giuridico-economico su cui è eretta la pattuizione negoziale: la parte danneggiata «deve poter avere la possibilità di rinegoziare il contenuto delle prestazioni».

Il diritto borghese, lo stesso che ha inasprito i reati per i picchetti e i blocchi organizzati dagli operai nel corso degli scioperi, aggiunge un ulteriore tassello allo smantellamento dei diritti contrattuali, del nostro potere di acquisto e di contrattazione e lo fa con una sentenza estiva alla vigilia del prossimo autunno con il silenzio assenso dei sindacati complici.

Dietro alla rinegoziazione non si cela solo la volontà di affrontare tematiche escluse dai contratti vigenti (come appunto lo smart) ma il disegno di ridefinire gli assetti di contrattazione. E da qui alla approvazione di una legge sulla rappresentanza finalizzata a ridurre il conflitto e la presenza dei sindacati di base il passo è breve.

Federico Giusti

13/9/2020 http://www.controlacrisi.org

Tags: Aran Carlo Bonomi cgil Confindustria contratti Corte di cassazione diritti del lavoro diritti sindacali Evento eccezzionale Federico Giusti Maurizio Landini Pandemia sindacati di base
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Autore: franco.cilenti
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