Covid-19. Le strategie cinesi

Active case finding with case management: the key to tackling the COVID-19 pandemic”[1] (Ricerca attiva dei casi con conseguente loro gestione: la chiave per affrontare la pandemia COVID-19), questo il titolo di un recente paper pubblicato su Lancet, che vuole anche essere una chiara indicazione di politica sanitaria proveniente dalla Cina.

Il paper fa infatti un bilancio delle strategie adattate dalle autorità cinesi da quando alla fine di gennaio fu dichiarata (con settimane di ritardo, vedi il post Cina: la paralisi virale) l’emergenza sanitaria nella città di Wuhan e nella provincia di Hubei (dove si è verificato il primo focolaio della pandemia).

La prima strategia è quella del contenimento (containment): si applica nelle fasi iniziali dell’epidemia in un’area geograficamente limitata ed è finalizzata a prevenire la trasmissione interpersonale del virus e l’importazione e l’esportazione dell’infezione. Alla base di questa strategia di contenimento c’è la ricerca attiva dei casi, il tracciamento e l’isolamento dei contatti, e il trattamento dei pazienti. Tale strategia comporta la chiusura (lockdown) delle aree endemiche, la cessazione delle attività non essenziali, la chiusura delle scuole e la forte limitazione dei trasporti, l’immediata riorganizzazione dei servizi sanitari. È ciò che è avvenuto nella città di Wuhan e nella provincia di Hubei dove gli sforzi maggiori sono stati nell’allestire in brevissimo tempo nuovi ospedali per isolare e trattare oltre 12.000 pazienti, e laboratori per eseguire test di ricerca del DNA virale. La collaborazione della cittadinanza è stata fondamentale: attività non essenziali sospese, restare al domicilio, uscire solo con mascherina, blocco dei trasporti da e verso Wuhan. In tutto il paese ci sono state restrizioni sui trasporti di vario grado per almeno un mese. Massima tempestività è stata richiesta agli ospedali, ai laboratori e ai dipartimenti di prevenzione per testare, trattare e isolare ogni caso sospetto e rintracciare e isolare i contatti nel minor tempo possibile (il tempo intercorso tra l’inizio dei sintomi alla diagnosi è passato da 12 giorni nel mese di gennaio a soli 3 giorni ai primi di febbraio) : i modelli statistici hanno dimostrato che è stato soprattutto questo a ridurre il numero degli infetti e dei morti, rispetto alle restrizioni sui viaggi e sui contatti. Senza queste misure il numero dei contagi sarebbe stato circa 67 volte maggiore.

Ersilia Sinisgalli

CONTINUA SU https://www.saluteinternazionale.info/2020/07/covid-19-le-strategie-cinesi/

29/7/2020

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *