Cresce la precarietà e il lavoro degli anziani

pensione e morte

I dati mensili sull’occupazione sono oggetto di costanti operazioni di propaganda da parte del governo, così Gentiloni oggi twitta “fiducia in risultati Jobs Act e ritorno crescita”, mentre era ovviamente restato in silenzio il mese scorso quando sia su occupazione che su disoccupazione si registravano dati negativi sul mese precedente.

Il problema è che si tratta per l’appunto di operazioni propagandistiche che volontariamente non si confrontano con quello che gli stessi dati rivelano, solo a leggerli con qualche rigore, e che nascondono le tendenze fortemente negative che si vanno consolidando.

La prima riguarda il dilagare tra i lavoratori dipendenti, degli occupati a termine, cioè delle diverse forme di precarietà.  Nel confronto tra giugno 2017 e giugno 2016, gli aumenti degli occupati sono infatti al 72,2% precari contro meno del 28% di tempo indeterminato. Nel giugno 2016 rispetto al giugno 2015 le percentuali erano rovesciate: gli occupati in più erano all’84,1% a tempo indeterminato contro il solo 16% di rapporti precari!

In sostanza le imprese hanno usufruito delle ingenti risorse pubbliche messe a disposizione -nel 2015 in particolare – per la trasformazione dei contratti precari nel “contratto a tutele crescenti” (oltre 8000 euro l’anno per contratto per un totale di non meno i 18 miliardi nel triennio). Man mano che gli incentivi si esauriscono, torna a esplodere il lavoro a termine.

Con una differenza rispetto a prima del Jobs Act: “grazie” alla cancellazione dell’articolo 18 in realtà ora anche chi ha un contratto a tempo indeterminato è licenziabile e precario.

La seconda tendenza negativa che si consolida riguarda l’età degli occupati. I 147mila occupati in più del giugno 2017 rispetto al giugno 2016 sono il risultato dell’aumento di 335mila occupati sopra i 50 anni di età e della diminuzione di 189mila occupati nelle classi di età tra 15 e 49 anni. Siamo in realtà di fronte agli effetti dalla controriforma Fornero delle pensioni, che tiene inchiodati al lavoro donne e uomini più anziani e fuori dall’accesso all’occupazione i più giovani. Non è un caso che la povertà colpisca particolarmente le persone sotto i 35 anni di età!

Infine Gentiloni non solo non dice una parola sullo scarto che continua ad esserci con gli altri paesi dell’eurozona, sia per quel che riguarda l’occupazione che la disoccupazione (11,1% in Italia contro il 9,1% della media dell’Eurozona), ma è costantemente rimosso dal dibattito un altro dato: l’anomalia italiana relativa alle cosiddette “forze di lavoro potenziali”.

L’Italia è il solo paese europeo in cui ci sono 3milioni e 200mila persone che non cercano lavoro ma sarebbero immediatamente disponibili a lavorare, e tra di essi sono moltissimi i cosiddetti scoraggiati. Non sono ufficialmente censiti tra i disoccupati ma indicano che la disoccupazione reale è stellarmente più alta di quella ufficialmente censita!

Le politiche dei governi Renzi e Gentiloni hanno dato una quantità enorme di risorse alle imprese (oltre 40 miliardi nel triennio tra decontribuzioni, riduzioni Irap e Ires, incentivi di ogni tipo) producendo solo precarietà, mentre l’allungamento dell’età pensionabile della controriforma Fornero è un ulteriore ostacolo per l’accesso al lavoro dei più giovani.

Serve tutt’altro: un piano per il lavoro attraverso l’intervento pubblico diretto e la riduzione dell’orario per redistribuire il lavoro che c’è, a partire dalla cancellazione degli aumenti dell’età pensionabile della controriforma Fornero.

Roberta Fantozzi

Segreteria Nazionale PRC-SE

31/7/2017 www.rifondazione.it

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