Cresce la protesta: «Manifestiamo a Roma»

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«Siamo tornati indietro fino al Medioevo». La definizione esce dalla televisione, ed è una donna residente nei pressi di Giulianova, in Abruzzo, a lanciarla, per descrivere la situazione che da una settimana si vive nell’Italia centrale. Le famiglie senza luce sono ancora migliaia: non esiste un dato preciso, ma si stima che il loro numero non sia inferiore alle 11mila unità. Perché se è vero che, nella neve, sono state aperte strade fino a raggiungere quasi tutti i Comuni e le frazioni compresi nella zona montana tra Pescara e Macerata, è vero anche che i disagi non sono finiti. Il meteo prevede un innalzamento delle temperature per i prossimi giorni, particolare che preoccupa un po’ i sindaci e la protezione civile per il rischio di nuove valanghe e inondazioni lungo le vallate e nelle zone costiere.

A scopo cautelativo continuano anche gli sgomberi di alcuni paesi definiti a rischio: l’ultimo caso è quello di Pomaro, nell’ascolano, con decine di persone prese e portate verso la costa, dove già sono alloggiati gli sfollati dei terremoti di agosto e ottobre. Per ora, ad ogni buon conto, sono stati registrati soltanto alcuni piccoli smottamenti.

Il terremoto ha acceso le luci su questi territori martoriati dal maltempo e la maggior parte delle lamentele riguarda proprio questo fatto: i soccorsi sono arrivati in maniera consistente soltanto tra mercoledì e giovedì della settimana scorsa, tre giorni dopo l’inizio delle nevicate. Troppo tardi: le precauzioni minime non erano state adottate, i primi allarmi sono stati tragicamente ignorati, e a poco serve dire che questa ondata di maltempo è stata «straordinaria» e che «l’emergenza è enorme», come ha detto il commissario alla ricostruzione Vasco Errani: che nelle zone appenniniche d’inverno faccia freddo e possa nevicare non dovrebbe essere una novità per nessuno.

E invece siamo di fronte all’ennesima conta dei danni: la rete elettrica non ha ricevuto manutenzione per anni e gli ultimi giorni hanno reso la situazione tragica. L’Enel assicura che decine di persone sono al lavoro notte e giorno per risolvere tutti i problemi, intanto migliaia di persone restano al buio e al freddo.

La lista dei Comuni con forti disagi è lunghissima: sparsa fra quattro regioni (Abruzzo, Marche, Umbria e Lazio), la rabbia è enorme.

Il sindaco di Castiglione Messer Raimondo (Pescara), Giuseppe D’Ercole ha minacciato riconsegnare la fascia tricolore al Prefetto, esprimendo un malcontento che non è solo suo, ma anche di decine di altri primi cittadini abbandonati a se stessi, incapaci di dare risposte perché le loro stesse domande vengono ignorate: «Dopo sette giorni, uno stato degno di questo nome non può lasciare i cittadini senza luce».

Il sindaco di Ascoli Guido Castelli si rivolge direttamente al governo: «Mi assumo la responsabilità di riaprire le scuole della città (chiuse fino a ieri compreso, nda), perché sono nelle stesse condizioni in cui erano prima del 24 agosto. Chiedo di dirmi se la mia decisione è corretta o se, in assenza dei certificati di vulnerabilità che non abbiamo per nessun edificio, devo tenerle chiuse e dichiarare finito l’anno scolastico».

Intanto, sui social network prende piede l’idea di una manifestazione dei terremotati a Roma: in una giornata i contatti sul gruppo di Facebook dedicato all’iniziativa sono saliti a oltre 12mila. La chiamata è per mercoledì 25 gennaio: il punto di ritrovo è in piazza Santi Apostoli e l’obiettivo è di riuscire a farsi ricevere dalle autorità competenti.

Mario Di Vito

24/1/2017 http://ilmanifesto.info

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