Crisi dei profughi in aumento: ricordate i rohingya, gli afghani e anche gli ucraini

I profughi rohingya stanno ricorrendo a misure sempre più disperate, come zattere di fortuna per attraversare il fiume Naf fino al Bangladesh. (Foto di UNHCR/Andrew McConnell)

Negli ultimi quattro anni e mezzo, nonostante varie iniziative, non sono stati compiuti progressi reali nella risoluzione della crisi dei rohingya. Sotto la pressione della comunità internazionale, il governo del Myanmar ha firmato un accordo sul rimpatrio dei rohingya, ma invano. Secondo l’accordo, i rohingya dovevano essere rimpatriati gradualmente. Il processo di rimpatrio è stato avviato dopo molto tempo. Il governo del Myanmar non è riuscito a rimpatriare gli sfollati rohingya e a risolvere la crisi. Il Bangladesh ha ripetutamente esortato vari forum internazionali ad adottare misure efficaci per risolvere la crisi dei rohingya.

La proposta si basa sulla situazione dei diritti umani dei musulmani rohingya e di altre minoranze nel contesto dello stato di emergenza in Myanmar. Politici di alto livello sono stati arrestati dopo che un colpo di stato militare ha rovesciato un governo democratico nel paese il 1° febbraio e ha dichiarato lo stato di emergenza. Nel paese sono in corso disordini politici, proteste e scontri. Migliaia di persone hanno perso la vita nella repressione dell’esercito. Qualunque sia il contesto, la risoluzione unanime adottata dalla Terza Commissione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite è molto importante per il Bangladesh. 108 paesi l’hanno appoggiata. La proposta chiede di individuare la causa profonda del problema dei rohingya. La risoluzione, corredata di una serie di linee guida per l’introduzione di una governance democratica, invita tutte le organizzazioni per i diritti umani, compreso l’inviato speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite in Myanmar, a collaborare.

Una risoluzione presentata dall’OCI (Organizzazione della Cooperazione Islamica) e dall’UE sulla protezione dei rohingya è stata adottata all’unanimità dalle Nazioni Unite nel 2021. Gli osservatori affermano che il riconoscimento delle Nazioni Unite è un riflesso del forte impegno della comunità internazionale per risolvere la crisi. Oltre all’UE e all’OCI, la risoluzione è sostenuta e copatrocinata da un gran numero di paesi in varie aree geografiche, tra cui Stati Uniti, Canada, Messico, Argentina, Australia, Nuova Zelanda, Svizzera, Giappone e Corea del Sud.

La comunità mondiale ha espresso solidarietà al Bangladesh per il rifugio offerto ai rohingya per motivi umanitari e ha esortato al rimpatrio dei rohingya. Di fronte alle pressioni internazionali, le autorità del Myanmar hanno accettato di rimpatriare i rohingya, ma non sono stati rimpatriati nemmeno dopo due tentativi. In questa situazione, come parte della diplomazia regolare, il Bangladesh ha sollevato la questione della crisi dei rohingya in vari forum mondiali, ma tutti si limitano ad ascoltare in silenzio, senza alcuna risposta o azione. Ai cittadini del vicino Myanmar è stato concesso asilo in Bangladesh per motivi umanitari. La responsabilità supplementare di questo enorme numero di persone è sicuramente un grande fardello per il Bangladesh. La frustrazione dei rohingya si sta intensificando a causa della mancanza di progressi sul rimpatrio, che sta generando diverse preoccupazioni per la sicurezza e l’instabilità nella regione.

La Corte Internazionale di Giustizia (CIG) ha continuato a occuparsi del caso di genocidio contro il popolo rohingya in Myanmar dal 21 al 28 febbraio. Secondo la Human Rights Watch e il Global Justice Center, l’udienza è un passo cruciale per portare giustizia nella repressione militare del Myanmar contro il popolo rohingya. Nel novembre 2019, il Gambia ha intentato una causa contro il Myanmar presso la CIG per non aver fermato il genocidio contro i rohingya e non aver punito i responsabili.

La causa, presentata dal Gambia, sostiene che il Myanmar ha violato vari memorandum e accordi anti-genocidio torturando i rohingya. Non si tratta di una causa penale contro un singolo individuo, ma un’intera nazione è stata accusata del genocidio.

In precedenza, su richiesta del Gambia, la CIG ha emesso un’ordinanza provvisoria il 23 gennaio 2020 all’Aia, nei Paesi Bassi, per adottare misure di emergenza per proteggere i rohingya in Myanmar. In origine, l’ordine era stato emesso per la sicurezza dei seicentomila rohingya rimasti nel paese.

In particolare, la CIG ha chiesto al governo del Myanmar di adottare quattro misure temporanee. Queste includono la prevenzione del genocidio, la garanzia che le forze militari e di polizia non commettano genocidi, la conservazione delle prove del genocidio e la verbalizzazione del rispetto di questi ordini entro quattro mesi. Questo verbale deve essere riesaminato ogni sei mesi. La CIG ha emesso l’ordinanza sulla base di un’udienza.

Tuttavia, la Human Rights Watch ha accusato la giunta militare del Myanmar di aver commesso genocidi, torture, violenze, arresti violenti e altre violazioni dei diritti umani dal colpo di stato militare del 2021. Affermano che le forze di sicurezza hanno ucciso circa 1.500 persone, tra cui 100 bambini, e detenuto più di 11.000 persone per atti violenti. Tra i detenuti figurano attivisti per i diritti umani, politici, giornalisti e altri. Coloro che hanno cercato di fuggire dallo stato del Rakhine sono stati severamente puniti.

Nel 2019, il governo del Myanmar ha nominato l’ex leader Aung San Suu Kyi a rappresentare il paese nella delegazione CIG. Ma, durante il colpo di stato del 2021, è stata arrestata dai militari. In seguito, è stata condannata a 150 anni di carcere in vari processi. Un gruppo composto da sei membri senior della giunta militare è stato poi formato per rappresentare la corte.

Durante l’udienza, i rappresentanti di Myanmar e Gambia hanno discusso sulla sussistenza o meno dell’autorità della CIG di indagare e perseguire le accuse di genocidio contro il Myanmar. L’udienza si è svolta in modalità ibrida, a causa dell’epidemia di coronavirus in corso.

In precedenza, le forze di sicurezza del Myanmar avevano represso i rohingya in diverse occasioni. Il Bangladesh costituisce ancora un rifugio. Teknaf, nel distretto di Cox’s Bazar, è diventato il più grande rifugio del mondo. Il Bangladesh ha avuto diversi colloqui con il governo del Myanmar sul rimpatrio dei rohingya. Nonostante l’accordo raggiunto tra i due paesi nel dicembre 2016, non vi è stato alcun risultato. In questa situazione, dopo il colpo di stato dell’esercito nel febbraio dello scorso anno, l’accordo è anche caduto nell’oblio.

Nonostante la ripetuta repressione dei rohingya, i paesi occidentali, compresi gli Stati Uniti, si sono limitati alla condanna. Le Nazioni Unite non hanno intrapreso alcuna azione, citando le notizie sul genocidio dopo un’indagine della Missione Internazionale Indipendente di Accertamento dei Fatti nel Rakhine. Ecco perché milioni di rohingya attendono il verdetto della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia.

Speriamo che questa crisi si risolva presto. Una soluzione politica alla questione dei rohingya è essenziale per mantenere la pace, la stabilità e la sicurezza nella regione. Anche la crisi regionale sta crescendo. La gente del Bangladesh soffre di vari problemi a causa dei rifugiati. L’unico modo per risolvere la crisi è far tornare i rohingya in Myanmar il prima possibile.

Giovedì scorso, il Presidente russo Vladimir Putin ha annunciato l’attacco all’Ucraina. Anche se i media tradizionali si concentrano costantemente sull’invasione russa dell’Ucraina, va ricordato che il mondo sta cercando di bilanciare le crisi di molti rifugiati a livello internazionale. Ogni conflitto, ogni cultura, ogni crisi e ogni rifugiato hanno importanza nell’arena internazionale del nostro mondo.

12.03.22 – Dhaka, Bangladesh – Jubeda ChowdhuryPressenza India

Traduzione dall’inglese di Simona Trapani. Revisione di Dominique Florein.

https://www.pressenza.com

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