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Altra Informazione, Blog, Comitati di Lotta, Cronache di Lavoro, Cronache Politiche, Cronache Sindacali, Cronache Sinistra Europea, Cronache Sociali, Culture, Editoria Libera, Politiche di Rifondazione, sanità e salute, Storia e Lotte — Novembre 23, 2020 10:02 am

Tutti contro tutti, categoria contro categoria, l’economia sommersa che non può essere risarcita, i “ristori” insufficienti, luoghi di lavoro “essenziali” ma insicuri. Niente più eroi infermieri, niente arcobaleni, niente canzoncine dai balconi, questa volta.

Cronaca di una tragedia annunciata

Pubblicato da franco.cilenti

http://www.lavoroesalute.org/

In versione interattiva http://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-novembre-2020/

I meccanismi di rimozione scattati dopo il primo lockdown hanno determinato, nel paese, una serie di omissioni,imprudenze, scelte personali e politiche che,come si poteva facilmente prevedere, hanno posto le basi per la tragedia in atto in queste settimane. La pandemia che ha sconvolto il nostro sistema, che ci ha reclusi repentinamente nella scorsa primavera,è tornata ad investirci con maggiore violenza.

I mesi che avrebbero dovuto essere impiegati a prepararci all’inevitabile ripresa dei contagi sono stati sprecati, le misure insufficienti, i parametri di sicurezza modificati nel senso più comodo, non in quello efficace alla prevenzione. Le strutture sanitarie ed il personale non sono stati adeguati alle necessità, come pure i trasporti e le scuole.

Torme di scienziati, politici, amministratori, giornalisti e opinionisti hanno sbandierato teorie e proclami, dal riduzionismo, al negazionismo, al complottismo. Il desiderio di “normalità” ha indotto molti a trascurare ogni precauzione, il mantra della ripartenza ha presto cancellato regole e protocolli. Il risultato di un’estate spericolata, spinta da medici ottimisti ( pochi..) e politici incoscienti ( molti) e di una ripresa delle attività piuttosto imprudente è una drammatica esplosione di nuovi casi, con conseguente impossibilità di controllare tracciamenti e isolare i focolai, con impennata di ricoveri ed ospedali al collasso.

Un quadro peggiore della prima ondata, forse non sotto l’aspetto clinico, per la disponibilità di qualche conoscenza in più, ma sicuramente dal punto di vista economico e soprattutto sociale. I danni economici, già importanti dopo la prima ondata, in termini di disoccupazione, chiusura di piccole imprese, perdite di fatturato a vari livelli ed in molti settori, sono intuibili, nel prossimo futuro, e preoccupano larga fascia della popolazione.

Il dilemma tra sicurezza sanitaria e salvaguardia dell’economia, due istanze che ( almeno apparentemente) richiedono provvedimenti di segno opposto stanno rivelando gravi strappi nel tessuto sociale del nostro paese. Si assiste alla formazione di due schieramenti: un fronte “audace”, che rifiuta chiusure e blocchi di attività economiche, allo scopo di difendere la sopravvivenza economica di piccoli esercenti, ristoratori, gestori di locali e palestre e di un fronte che ritiene prioritaria la difesa della salute pubblica e della vita, auspicando quindi l’applicazione di tutte le misure necessarie a contenere l’epidemia.

Un vero scontro di civiltà, di visioni del mondo. In generale tutti riconoscono l’insufficienza dei governanti, gli errori gestionali che nei mesi scorsi sono stati fatti, ma le conseguenze che se ne traggono sono diverse; è diversa la distribuzione di responsabilità: attribuita quasi totalmente ,dai difensori della priorità economica, alla politica, o distribuita, da chi oggi ritiene necessario adottare misure stringenti, a molti, alla non osservanza delle norme di prevenzione dai singoli, oltre che dall’incompetenza gestionale di ministeri ed amministrazioni locali.

Così’ vengono formulate, senza alcun pudore, proposte di segregazione di categorie fragili , per poter continuare a “vivere normalmente”; si organizzano proteste al grido di “ tu ci chiudi, tu ci paghi” dove non si capisce chi deve pagare cosa, mentre la vera protesta andrebbe argomentata e organizzata oltre il populismo, come rifiuto del sistema ; si accusano medici e sanitari di diffondere panico immotivato, si contestano i dati relativi all’affollamento degli ospedali; si attaccano i lavoratori dipendenti pubblici, quelli del posto fisso, i privilegiati.

Tutti contro tutti, categoria contro categoria, l’economia sommersa che non può essere risarcita, i “ristori” insufficienti, luoghi di lavoro “essenziali” ma insicuri. Niente più eroi infermieri, niente arcobaleni, niente canzoncine dai balconi, questa volta.

È andato tutto male, effettivamente.
Siamo circondati, in Europa da paesi che hanno i nostri stessi problemi e adottano analoghe soluzioni. Manca la volontà di andare al cuore del problema: si parla di libertà intendendo con questo il diritto di vivere per se stessi. Ma la libertà, nel capitalismo, non esiste e il coronavirus ce lo sta insegnando. Siamo intrappolati in un sistema interconnesso in cui è vietato fermarsi,o anche rallentare.

È vietato smettere di produrre, e consumare e questo nuovo genere di schiavitù serve a una manciata di individui, forse gli unici veramente liberi, che detengono il potere economico e finanziario mondiale. Ma, da schiavi, molti sono pronti a difenderlo, questo sistema, a qualunque costo. Modificare le abitudini, gli stili di vita, la visione del mondo, a molti fa più paura della malattia. Se davvero si cogliesse la profondità della stortura del sistema, la sua insostenibilità, le rivendicazioni sarebbero diverse, diverse le parole d’ordine. Quello che bisogna chiedere è che nessuno debba rischiare la salute, che si preveda sostegno economico per tutti quelli che ne hanno bisogno, che lo Stato faccia tutto ciò che è necessario per proteggere i cittadini, utilizzando finalmente le risorse dei ricchi, e che libertà e solidarietà diventino parole significative, concrete.

Purtroppo quello che la maggioranza desidera, forse per incapacità di inventare un modello diverso, forse per assuefazione, è tornare rapidamente al pre- pandemia. Ma forse dovremmo chiederci se impostare l’intera economia di un paese sul consumo sia una idea sostenibile. Magari si dovrebbe pensare a un piano industriale che rimetta al centro l’idea di un paese che produce eticamente. Forse ci serve un modello diverso, dalla tassazione alla redistribuzione delle risorse in servizi pubblici . Forse meno ristoranti, caffetterie, estetiste e negozi e più ospedali, ambulatori, scuole, ludoteche, biblioteche. Certo, qualcuno dovrebbe rivedere gli standard di profitto. Ma basterebbe ricordarsi che sono una minoranza.

Loretta Deluca

Insegnante Torino

Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute

Articolo pubblicato sul mensile di novembre

http://www.lavoroesalute.org/

In versione interattiva http://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-novembre-2020/

Tags: ambulatori consumismo Covid-19 Dpcm Conte economia lockdown Loretta Deluca ludoteche modello di sviluppo ospedali Pandemia privatizzazione sanità proteste sociali scuole Stili di Vita tagli sanità
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Autore: franco.cilenti
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