Cronaca in pillole

renato fioretti

IL SINDACO DI VENEZIA: alias MR. HYDE E IL DOTT. JEHYLL

Immagino non siano stati pochi coloro che, nell’apprendere quanto capitato, ai primi di ottobre, a Judith Romanello, una giovane nata ad Haiti ma cresciuta in Veneto perché adottata da una famiglia locale, siano rimasti, per lo meno, sconcertati.

La giovane, in cerca di lavoro, aveva avuto un colloquio telefonico con il titolare di un ristorante per un’eventuale assunzione quale cameriera. Alla telefonata, come da prassi, aveva fatto seguito l’appuntamento per un colloquio. Recatasi all’appuntamento, però, Judith era stata immediatamente invitata a desistere in quanto, a parere del ristoratore (sorpreso dal ritrovarsi di fronte a una ragazza di colore che parlasse in perfetto dialetto veneto) “La tua presenza potrebbe fare schifo ai miei clienti; potrebbe fare schifo che tu tocchi i loro piatti. Quindi grazie mille…”

Naturale, a quel punto, la condanna per un comportamento razzista che non meritava alcuna attenuante.

La notizia, però, non è questa!

In molti, infatti, avevano accolto con grande favore l’intervento (su Twitter) del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, che, nello stigmatizzare l’intolleranza razziale manifestata dal ristoratore, si era rivolto alla giovane, commentando così quanto accaduto: “Comportamento assurdo, discriminatorio e soprattutto stupido! Cara Judith ti chiedo ufficialmente scusa a nome della Città per questo episodio vergognoso! Farò di tutto per tentare di rintracciare questo cretino patentato”.

Parole bellissime; degne del Primo cittadino di una città nota in tutto il mondo; un vanto per il nostro paese.

Purtroppo, questo era il c.d. “lato A” della medaglia; il lato B – quello vero, evidentemente – il sindaco Brugnaro lo ha svelato partecipando, (credo) in contemporanea, alla Convention di Forza Italia in corso a Milano tra il 5 e il 7 ottobre.

In quella sede, intervenendo in merito alla questione “sicurezza” – tema da sempre all’ordine del giorno, per molti sindaci del Nord-Est, in particolare – Brugnaro ha vantato la riduzione del debito comunale e l’efficienza dell’amministrazione cittadina; capace di ridurre il numero dei dipendenti di ben 500 unità e di procedere all’assunzione di 200 nuovi vigili urbani “giovani e scattanti”!

Al naturale moto d’ilarità dei presenti, lo stesso sindaco che aveva chiesto scusa a Judith, a nome del ristoratore razzista, così replicava[i]:Voi ridete, ma adesso quando il nigeriano scappa e fa 5 Km, i nostri due giovani vigili si prendono cappello in mano, pistola e manganello; questo, il nero, se ferma con la lingua fora e dice <Ma chi sio?>, “Siamo batman”!

Cosa attendere, ora; le scuse del Presidente della Regione?

Ah, dimenticavo. Il Presidente del Veneto è Luca Zaia; della Lega Nord!

NOTE

1 (fonte: “il Giornale.it”, del 7 c.m.)

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RITORNO AL PASSATO

Nel lontano 1996 Daniel Jonah Goldhagen, professore di Governement and Social Studies all’Università di Harvard, pubblicò un saggio[1] che, con il trascorrere degli anni, è diventato un documento storico fondamentale per chi volesse approfondire la perversa e, soprattutto, diffusa logica che fece da sfondo alla tragedia dei campi di sterminio tedeschi. L’autore, attraverso un’enorme mole di documenti, svelò, in sostanza, un retroscena inedito. Dimostrò che, contrariamente a quanto spesso si pensava, i responsabili dell’Olocausto non furono solo SS o membri del Partito nazista, ma uomini e donne comuni, di ogni estrazione sociale, che perseguirono, brutalizzarono e assassinarono gli ebrei per convinzione ideologica e per libera scelta; sovente con eccesso di zelo e con gratuito sadismo.

Mi è tornato in mente quest’eccellente testo nell’apprendere che a Lodi – città di nobili tradizioni, sede vescovile e libero comune, fondata intorno all’anno 1000 a.C. distrutta dalle milizie milanesi nel 1111 e rifondata dall’Imperatore Federico Barbarossa, nel 1158 – a circa 200 bambini, di diverse etnie extracomunitarie, era stato precluso l’uso della mensa scolastica.

In pratica, attraverso un’ordinanza comunale – della sindaca Sara Casanova, inconfutabilmente espressa dalla Lega nord – che prevedeva documentazione aggiuntiva a quella ritenuta sufficiente fino allo scorso anno (ma di difficile, se non impossibile produzione, da parte di famiglie extracomunitarie, ormai residenti in Italia da diversi anni), si rendeva impossibile, a circa 200 bambini delle scuole elementari, utilizzare il servizio di scuolabus e l’uso della mensa a prezzi “scontati”!

Il malcontento delle centinaia di genitori vittime dell’inatteso provvedimento aveva prodotto un immediato interesse mediatico, cui avevano fatto seguito “reportage” e relative interviste.

Ebbene, in una di queste interviste, effettuata nei pressi di un istituto scolastico, la risposta a una domanda rivolta a quello che appariva come un semplice nonno, in attesa di un/a nipotino/a, era stata, nella sua sinteticità, terribilmente sconvolgente: “Sono parassiti, come le zecche dei cani”!

Ebbene, già il definire “parassiti” i genitori, è, in tutta evidenza, una menzogna, perché, nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di stranieri che, comunque risiedono e lavorano in quelle zone da molti anni (svolgendo, tra l’altro, lavori che, di norma, i “locali” rifiutano e/o snobbano).

Equiparare, poi, i bambini alle “zecche” è ancora più vile e vergognoso! Riporta indietro nel tempo; a un passato che ha rappresentato un’infamante macchia per il genere umano.

Personalmente, sono ormai diversi anni che denuncio il concreto rischio, per l’Italia, di un triste e drammatico “ritorno al passato”!

Più passano gli anni, minore è la speranza che ciò non si avveri.

NOTE

[1] “I volenterosi carnefici di Hitler” (Mondadori, 1966)

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TRENTO: UN ALTRO CASO ROSA PARKS

(SENEGALESE COSTRETTO A VIAGGIARE IN FONDO AL BUS)

Chissà cosa s’inventerebbe il rozzo Salvini se qualcuno gli chiedesse di commentare quella fredda serata del dicembre 1955 a Montgomery, in Alabama, che segnò l’avvio di una protesta storica degli afroamericani.

Faceva molto freddo la sera in cui Rosa Parks, nel tornare a casa dopo una giornata di lavoro, non avendo trovato posto nel settore del bus riservato agli afroamericani, decise di sedere in un posto libero nel settore dei c.d. “posti comuni”; subito dopo le file di quelli riservati ai bianchi.

Quando, a seguito della richiesta di un uomo bianco – che le aveva chiesto di cedergli il posto a sedere – anche il conducente del bus le intimò di alzarsi, la donna rifiutò di farlo.

Intervenne la polizia e, in ossequio a quanto previsto dalla legge – che imponeva agli afroamericani di cedere il proprio posto ai bianchi nei settori “comuni” – Rosa Parks fu arrestata e condotta in carcere.

Le conseguenze furono, in un certo senso, inimmaginabili. Tutta la comunità afroamericana condivise una protesta che durò oltre un anno; fino a quando, nel novembre del ’56, la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiarò fuorilegge la segregazione razziale sui mezzi di trasporto pubblici.

Da allora, gli Usa hanno avuto anche il primo presidente di colore, Barack Obama, che nel 2012 volle sedere allo stesso posto occupato da Rosa Parks (nello stesso bus, custodito all’ Henry Ford Museum); ma, purtroppo, continuano a convivere con problemi razziali mai definitivamente risolti.

Mi è tornato in mente quest’episodio nell’apprendere, attraverso il sito de “Il Corriere della Sera”, del 18 ottobre scorso, gli estremi di un grave episodio di razzismo, verificatosi a bordo di un Flixbus diretto da Trento a Roma.

In sintesi, il servizio riferiva di alcune frasi ingiuriose, rivolte a un giovane senegalese di 25 anni, da parte di una signora(!) quarantenne che non voleva che l’uomo – regolarmente assegnatario di quel posto – le sedesse al fianco.

Di conseguenza, era stata chiamata la Polizia di Stato che “Dopo aver identificato la donna, rea di aver pronunciato frasi chiaramente razziste”, aveva trovato la soluzione, così continuava l’articolo: “spostando alcuni passeggeri e facendo proseguire serenamente il viaggio”!

Tutto risolto, quindi?

Assolutamente no!

La soluzione adottata dalle forze dell’ordine non è da condividere e, personalmente, la reputo, addirittura, illegale e vergognosa!

Trovo, infatti, imperdonabile che gli operatori della Polizia di Stato si siano industriati a trovare una soluzione “spostando alcuni passeggeri” per consentire, evidentemente, alla signora(!) di non avere più come vicino il senegalese, piuttosto che confermare il diritto del giovane a sedere al posto (già) riservatogli.

Alla razzista andava imposto – in applicazione delle vigenti leggi (Salvini permettendo) – di sedere al posto regolarmente assegnatole; in alternativa, scendere dal mezzo pubblico!

Per concludere, credo non si possa evitare di ribadire che alle forze dell’ordine di un paese democratico e civile non competono funzioni di mediazione nelle controversie tra privati; né ruoli (impropri) di conciliazione.

È sin troppo ovvio che, alle stesse, si chiede solo – ed esclusivamente – di operare per il rispetto e l’osservanza delle leggi; nessuno pretende che si ergano a salvatori di “capre e cavoli”!

Renato Fioretti

Esperto Diritti del Lavoro.

Collaboratore redazionale del periodico cartaceo Lavoro e Salute

21/10/2018

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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