Da Salvini a Zingaretti: la santa alleanza per il Tav

si tava

«Non ci spaventano certo un paio di manifestazioni di qualche ora. Siamo concentrati sulla nostra prossima iniziativa nazionale a Roma, il 23 marzo, per mettere la parola fine alle grandi opere inutili e imposte». Il movimento No Tav è il più longevo e costante esempio di resistenza sociale di questo paese ma l’affare dell’alta velocità – anacronistico, devastante per l’ambiente, inquietante per la collusione con gli affari della ‘ndrangheta, costosissimo per le tasche dei cittadini – mette insieme tutte le anime del liberismo: da quella truce di Salvini e della Lega a quella progressista di Zingaretti, probabile prossimo leader di quel che resta del Pd, tra i due poli ci sono i radicali e i governatori delle regioni (Chiamparino in testa visto che in Piemonte si voterà e che dietro a lui sarebbe pronta a schierarsi anche Sinistra Italiana), forzisti e renziani, madamine, confindustrie, pezzi di sindacato e sindaci “cattivi” come quello di Venezia e sindaci buoni come quello di Padova, ma che ritiene che fermare la grande e devastante opera sarebbe uno «schiaffo al nord». Non che i grillini siano pronti a impiccarsi pur di impedire lo scempio – s’è visto su III Valico, Tap, fanghi tossici, condono, Ilva, privatizzazioni e acqua pubblica lì dove governano le città, trivelle (salvo sorprese). Ma da qui a maggio tra i due partner giallobruni sarà schermaglia elettorale e dovremo abituarci a toni forti e promesse solenni come quella pronunciata dal redivivo Di Battista.

La santa alleanza per le grandi opere s’è materializzata ancora nella forma del flash mob Pro Tav che si è svolto stamani a Torino. «Una piazza riempita per campagna elettorale, disinformata e utile solo a legittimare un ennesimo spreco di denaro pubblico», dice una nota del movimento NoTav. «La presenza di così tanti sindaci in piazza tutti allegramente sottobraccio da Chiamparino alla Lega passando da Forza Italia dimostra come il tema Tav sia solo un volano per proseguire con le politiche assurde che ci hanno portato fin qui. Chiamparino ha capito che questo è l’unico tema su cui guadagnare qualche punto alle prossime elezioni regionali perché almeno distrae i cittadini da quanto fatto nella gestione della Regione». «L’ipotesi di referendum – secondo i No Tav – è solo travestita espressione popolare perché solo a legittimare il sistema delle grandi opere che ha già fatto troppi danni e rimane l’ultimo grande bancomat pubblico per partiti e costruttori. A questo proposito, perché Chiamparino non indice un referendum sulla sanità in Piemonte? Così ci potremmo esprimere veramente tutti su qualcosa che ci riguarda».

I partecipanti, coordinati da uno speaker, hanno anche scandito gli slogan «il mondo cambia ad alta velocità, sveglia», «il futuro è di tutti, vogliamo la Tav», «l’Europa siamo noi». Quindi hanno cantato l’Inno di Mameli. Una parte, alla conclusione del flash mob, ha intonato una canzone dei Queen, ‘We will rock yoù. Un manifestante ha montato su un appendiabiti un cartello con la scritta «Appendino? No grazie». «Sì Tav subito» è il grido che si è alzato dai partecipanti. Poco prima uno speaker aveva letto al megafono, tra gli applausi, i nomi di tutti i Comuni rappresentati, da Venezia a Sestriere. «Siamo più di trentamila, come l’altra volta», affermano gli organizzatori dell’evento in piazza Castello. Il riferimento è alla precedente manifestazione del 10 novembre quando in realtà, secondo la questura, non erano più di 25mila. Ma i numeri li dà chi racconta e certe volte è un messaggio cifrato. Proprio come ha fatto Repubblica, il 10 novembre, evocando la marcia dei 40mila di Torino del 1980. Non erano 40mila né allora (12mila) né sabato scorso, quando in parallelo con la marcia antirazzista a Roma, in Piazza Castello, sono arrivate bandiere olimpiche, dell’Ue ma anche britanniche (allusione alla Brexit) per la chiamata di un comitato “Sì Torino Va Avanti” sostenuto da costruttori, bottegai, sindacati confederali, industriali. Secondo la questura (che stavolta ha comunicato) la manifestazione “s’è svolta senza alcuna criticità” con “25mila circa partecipanti favorevoli al completamento dell’opera”. Ma evocare la marcia dei 40mila serve a stroncare un movimento reale oggi come ieri.

A quelli del Sì è dedicata questa poesia di Gianfranco Salotti, vecchio valligiano, ma non si rivolge genericamente a tutti i Sì-Tav, bensì a quelli ancora animati dal dubbio che fuggono dalle vie cittadine per spargersi nelle “libere terre della Valle”. Non si rivolge invece a quelli che traggono “un cieco vantaggio dai Sì”, ai “moltiplicatori di merci”, a “quelli che contano i voti”, molti dei quali erano in piazza oggi a Torino.

Ancora stormi giocavano nel cielo della Valle,

ancora acque sorgive e il bosco nativo appena fuori le mura,

ancora opere antiche tessevano il paesaggio,

ancora una vita a misura, pur attenta alle novità del moderno.

Ma il Sì-Tav e il Sì-cemento

tutto questo stanno spegnendo…per sempre.

Queste non sono parole per chi trae cieco vantaggio dai Sì:

non sono parole per quelli che contano i voti,

non sono parole per i moltiplicatori di merci,

non sono parole per quelli che cercano solo la ricchezza,

non sono parole per i nuovi nomadi globali che vanno

dove più rende.

Queste sono parole per le persone…che soffrono.

Prima di dire Sì

Voi che a frotte fuggite dalle vie cittadine

per spargervi nelle libere terre di Valle, chiedetevi:

ma quei Sì non ci toglieranno questa libertà?

Eh già, è proprio così, perché le libere terre scompariranno

per far posto al Tav e al nuovo cemento.

Ma già il Tav servirà a farvi saltare la Valle

per portarvi più in fretta in altre terre ancora più lontane.

La libera terra a due passi dalle vostre dimore

è il più prezioso bene che avete: dite No.

E i valligiani testardi e retrogradi o ecologisti,

guardateli come l’ultimo baluardo all’inaridimento del mondo.

(da Fuori dal tunnel. Viaggio antropologico nella val di Susa, di Marco Aime, Meltemi 2016)

Checchino Antonini

12/1/2019 www.popoffquotidiano.it

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