Dal ciclone coronavirus un monito

Il coronavirus ha investito l’Italia: come un forte vento ha spazzato via certezze, convinzioni, ha seminato il panico, rivelato falle sistemiche e carenze strutturali , ha risvegliato paure ancestrali , ribaltato stereotipi, scombussolato schemi mentali.Mentre il virus era lontano abbiamo visto le aggressioni razziste ai cinesi. Con il virus scatenato sull’italico suolo, dalla Cina abbiamo ricevuto solidarietà morale e reale, in forma di mascherine , tamponi, apparecchiature, consulenze. Italiani respinti, confinati, isolati, indicati come untori ed effettivamente esportatori di contagio nel mondo.

Fino a ieri occupati a “difendersi” da presunti invasori da quei migranti che dovrebbero rimanere a casa loro ( un mantra, ora, “#restoacasa” ) molti connazionali hanno dovuto confrontarsi con un enorme problema, ignorato deliberatamente fino all’esplosione dell’epidemia. Da spettatori di un’emergenza a protagonisti. Guardavamocon pigra empatia cittadini cinesi in quarantena, magari qualcuno ha pensato che in fondo se la sono cercata, con le loro abitudini alimentari, sulle quali abbiamo sentito un presidente di regione offendere senza pudore un intero popolo. Improvvisamente, siamo diventati noi quelli che devono confrontarsi con la paura, l’esclusione, chiamati adimostrare cosa siamo capaci di fare, nella difficoltà…..

Un microrganismo acellulare, approdato all’uomo da altra specie, poco conosciuto, ad alto potere infettante, non particolarmente letale ma pericolosissimo perché può colpire moltissime persone contemporaneamente e provoca polmoniti che richiedono utilizzo di terapie intensive e rianimazione, apparecchiature di supporto della respirazione, ha costretto la Cina a isolare decine di milioni di persone per più di due mesi. Un pericolo evidente. Un problema enorme, con un popolo impegnato , davanti ainostri occhi, a tentare di fronteggiarlo. Ecco, la diligenza del buon senso di un buon padre di famiglia, concetto a volte citato in giurisprudenza, avrebbe suggerito un diverso approccio. Molto doloroso è constatare che l’Italia ( e non solo) non ha evidentemente approntato un efficace piano di emergenza.

L’arrivo del virus era, infatti, non solo probabile, ma inevitabile. La globalizzazione, così cara al capitalismo, prevede la circolazione senza confini di merci, persone, denaro. E anche virus. Ci si sarebbe aspettati protocolli pronti all’individuazione di portatori e malati, personale sanitario munito di protezioni , collegamenti efficienti tra ospedali, tecnici, scienziati, politici, amministratori locali ecc. Invece, lo sbandamento.

Abbiamo visto lo schizofrenico alternarsi di toni catastrofici i primi tre giorni, la caduta nel ridicolo deglispot che invitavano a non fermarsi ( su precise sollecitazioni di imprenditori in preda al panico da collasso economico), il brusco risveglio quando ci si è resi conto che l’epidemia galoppa…le reazioni incredibili, assalti ai supermercati, vacanze sulla neve, discoteche piene , e poi l’arresto forzato di questa incredibile follia. Lentamente, il governo ha cercato di riprendere il controllo, tra strumentalizzazioni vergognose e opportunismi vari dei soliti Salvini e soci.

In un quadro a tratti surreale, sicuramente inimmaginabile, con un paese immobilizzato, si possono fare diverse considerazioni.

È evidente che il modello neoliberista di società globalizzata non tiene in nessun conto un principio noto, l’effetto farfalla , formulato da E. Lorenz nel campo della meteorologia nel ’72 : una farfalla che sbatte le ali in Brasile può provocare un tornado in Texas. La globalizzazione, creata e nutrita dal neoliberismo per lo sviluppo delle società capitalistiche, implica che ogni cambiamento ( problema, emergenza di varia natura ) nelle condizioni di un sistema (il mondo globalizzato ) provoca una catena di eventi che modifica il sistema stesso.

Tanto dovrebbe bastare a smettere di sottovalutare le crisi degli altri. Per il nostro paese, il “ciclone” coronavirus ci ha mostrato quanto l’emergenza sanitaria sia anche economica, e quanto la prima sia condizionata dalla seconda. La comunicazione, i media e i social, sono armi, strumenti di potere e di controllo decisive. Le conseguenze di messaggi imprecisi, contraddittori, fughe di notizie, fake, possono essere nefaste.

Le capacità di comprensione dei cittadini sono scarse, l’analfabetismo funzionale molto diffuso. A tutti i livelli, amministratori e politici hanno dato prove di irresponsabilità mediatica clamorosa. Il “carattere degli italiani”, nel senso dell’atteggiamento culturale, della concezione della società, che così negativamente aveva colpito Leopardi, continua a deludere. Un popolo refrattario a regole, incapace di guardare oltre il proprio interesse individuale, con scarso senso di collettività , di rispetto per gli altri. Decenni di tagli alla sanità , in termini di posti letto, personale , fondi per la ricerca, allo scopo di favorire la sanità privata, pronta, quest’ultima, a potenziare le prestazioni più redditizie (non certo la terapia intensiva e la rianimazione ), gli squilibri tra le regioni legate ai processi di autonomia differenziata hanno indebolito fortemente il sistema sanitario pubblico . Se questo sistema, perfino quello lombardo, di qualità eccellente , reggerà all’impatto di un’epidemia molto importante sarà esclusivamente per la grande professionalità e dedizione di medici, ricercatori, infermieri ,operatori , volontari , spesso precari, con stipendi bassi, sotto organico, con turni massacranti anche in tempi “normali”.
Una seria riflessione si dovrà fare sulle condizioni dei lavoratori, sulla sicurezza, chiaramente subordinata alle esigenze del mercato, con settori vitali come la sanità poco tutelati, o come gli operai lasciati a lavorare in un momento di grandi restrizioni,

All’emergenza sanitaria ed economica, si è aggiunta l’esplosione del malessere nelle carceri,altra questione della quale bisognerà occuparsi seriamente. Nei giorni in cui, dopo decreti sempre più stringenti per fronteggiare l’epidemia , si è imposta la chiusura di molte attività commerciali ma non di quelle produttive (anche non essenziali) , come se per alcuni lavoratori si potesse accettare il rischio di contagio , il sindacato deve mostrare di poter ancora esercitare un ruolo.Naturalmente una situazione di tale gravità, in cui lo stato di emergenza costringe i cittadini a limitazione delle libertà di spostamento, scuole chiuse, negozi chiusi, mantenimento di distanza dagli altri, ingressi contingentati nei locali è un’esperienza dal notevole impatto psicologico. Spuntano così teorie complottiste, interpretazioni filosofiche e politiche del fenomeno.
È lecito domandarsi che cosa succederà, dopo questa prova.

Chi pagherà l’inevitabile recessione, il supporto a interi settori piegati dall’epidemia, il turismo, le piccole imprese, il commercio?

Cosa impareremo? Che trasformazioni sociali produrrà ? Come potremo utilizzare politicamente quello che si è reso evidente a tutti? Saremo migliori ? È un colpo al capitalismo, al liberismo, alle privatizzazioni, alla regionalizzazione, all’unione europea? I cittadini saranno più vigili, pronti a difendere la sanità pubblica, lascuola statale, il lavoro prima del profitto ? Si tornerà a parlare di coscienza di classe, di diritti , di garanzie per tutti ? Vedremo una rivoluzione da coronavirus ? Oppure tutto sarà dimenticato, il capitale segnerà un punto, perchè nel frattempo ci ha costretti a stare soli, a casa, a tenere le distanze , adavere paura dell’altro, a lavorare a distanza, a consumare dal divano, ancora soltanto pedine rimpiazzabili nella logica del sistema produci – consuma – crepa.

Dipenderà da come sapremo, con le residue e sparute forze disponibili, elaborare e comunicare la tragedia di questo evento, che va ben oltre le pure gravissime perdite di vite umane, per tutto quello che si è evidenziato sopra. Certo è che si impone un cambio di paradigma , di un modello socio-eoonomico che non è fatto per l ‘uomo, ma per il profitto di pochi, ora più che mai, socialismo o barbarie.

Loretta Deluca

Insegnante Torino

Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute http://www.lavoroesalute.org/

Articolo pubblicato sul numero di marzo del periodico

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