Delitti contro l’ambiente: arriva il disastro ambientale “abusivo”

Noi italiani non ci facciamo mancare mai niente, specie se si tratta di normativa ambientale. E così adesso abbiamo inventato il disastro ambientale “abusivo”, e cioè un disastro che può essere punito solo se commesso “abusivamente”. Altrimenti, il fatto non sussiste e l’imputato viene assolto.

Ma andiamo con ordine. Sappiamo tutti che sono ormai più di 15 anni che si parla di introdurre nel nostro codice penale i delitti contro l’ambiente, come hanno già fatto tutti i paesi della UE e come richiesto da apposita direttiva comunitaria. Ma, inspiegabilmente, pur se tutte le forze politiche si sono sempre dette a favore, i vari DDL che si sono susseguiti nel tempo si sono sempre arenati. E più passa il tempo, più si addolciscono.

L’ultimo DDL sarà esaminato questa settimana dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati nel testo modificato dal Senato il 4 marzo 2015; e, se la Camera non apporterà ulteriori variazioni, diventerà legge dello Stato.

Molto si è già scritto, anche su questo sito, a proposito del contenuto di questo DDL. Io stesso, in una relazione richiestami dal gruppo misto del Senato (e pubblicata da Lexambiente) avevo svolto alcune osservazioni critiche, ma mai avrei pensato che si arrivasse al disastro ambientale abusivo.

Rinviamo, allora, ad un prossimo futuro una analisi più dettagliata del testo licenziato dal Senato e occupiamoci subito di questo ultimo colpo di genio del nostro legislatore.

Limitandoci, quindi, strettamente, al tema dell’”abusivamente”, sembra sufficiente leggere le fattispecie criminose-base di cui ai nuovi art. 452-bis (“inquinamento ambientale”) e 452-quater (“disastro ambientale”), come risulta dal sintetico prospetto che segue dove sono messi a raffronto i testi di Camera e Senato:

TESTO

APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

ART. 1

1. Dopo il titolo VI del libro secondo

del codice penale è inserito il seguente:

« TITOLO VI-bis

DEI DELITTI CONTRO L’AMBIENTE

ART. 452-bis. – (Inquinamento ambientale).

– È punito con la reclusione da due

a sei anni e con la multa da euro 10.000

a euro 100.000 chiunque, in violazione di

disposizioni legislative, regolamentari o

amministrative, specificamente poste a tutela

dell’ambiente e la cui inosservanza

costituisce di per sé illecito amministrativo

o penale, cagiona una compromissione o

un deterioramento rilevante:

1) dello stato del suolo, del sottosuolo,

delle acque o dell’aria;

2) dell’ecosistema, della biodiversità,

anche agraria, della flora o della fauna

selvatica

OMISSIS

ART. 452-ter. – (Disastro ambientale). –

Chiunque, in violazione di disposizioni

legislative, regolamentari o amministrative,

specificamente poste a tutela dell’ambiente

e la cui inosservanza costituisce di per sé

illecito amministrativo o penale, o comunque

abusivamente, cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni.

OMISSIS

TESTO

MODIFICATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA

ART. 1.

1. Identico:

« TITOLO VI-bis

DEI DELITTI CONTRO L’AMBIENTE

ART. 452-bis. – (Inquinamento ambientale).

– È punito con la reclusione da due

a sei anni e con la multa da euro 10.000

a euro 100.000 chiunque abusivamente

cagiona una compromissione o un deterioramento

significativi e misurabili:

1) delle acque o dell’aria, o di porzioni

estese o significative del suolo o del

sottosuolo;

2) di un ecosistema, della biodiversità,

anche agraria, della flora o della fauna.

OMISSIS

ART. 452-quater. – (Disastro ambientale).

– Fuori dai casi previsti dall’articolo 434, chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni.

OMISSIS

N.B. L’art. 452-quinquies prevede, ovviamente, l’ipotesi colposa per entrambi i delitti.

Limitiamoci, come abbiamo detto, all’”abusivamente”. Leggendo il prospetto, si nota subito che in entrambe le fattispecie l’avverbio ha integralmente sostituito l’espressione ” in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell’ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sé illecito amministrativo o penale” e che lo stesso avverbio figurava anche, per il disastro ambientale, nel testo della Camera ma con funzione chiaramente secondaria (“o comunque…”).

A mio sommesso avviso, in questo modo si è passati dal criticabile all’inaccettabile.

Mi spiego meglio. A proposito della espressione sopra riportata, esistente nel testo della Camera, avevo già scritto che << la maggiore perplessità deriva dalla evidentissima volontà del nuovo testo di collegare i nuovi delitti alle violazioni (amministrative o contravvenzionali) precedenti; ………

In altri termini, per i delitti ambientali, quello che deve contare è evitare il verificarsi dei gravissimi eventi da essi sanzionati, senza se e senza ma, così come fa la direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente. Sarà il giudice che, caso per caso, come fa sempre, dovrà poi valutare, in sede soprattutto di esame dell’elemento soggettivo, le circostanze del fatto; anche, ovviamente, con riferimento alle altre norme di settore esistenti. Ma fare addirittura dipendere la punibilità di un fatto gravissimo dall’osservanza o meno delle pessime, carenti e, molto spesso, complicate e di difficile comprensione ed attuazione, norme regolamentari ed amministrative oggi esistenti significa veramente subordinare la tutela di beni costituzionalmente garantiti a precetti amministrativi spesso solo formali o a norme tecniche che, spesso, sembrano formulate apposta per essere inapplicabili.

Peraltro, la migliore conferma deriva dall’esame della vicenda di Radio Vaticana, ove, a fronte di prove indiscutibili circa la molestia e la nocività delle immissioni, la difesa si è incentrata sul fatto che la norma contestata (art. 674 c.p.) richiede che l’evento avvenga “nei casi non consentiti dalla legge”; e, per difetto della normativa tecnica e degli organi di controllo, mancava la prova della violazione della legge sull’inquinamento elettromagnetico. Lo ripetiamo, di queste circostanze il giudice dovrà certamente tener conto ma, come da tempo rilevato dalla migliore dottrina, “la condotta di dolosa messa in pericolo concreto o di danno della risorsa, va sanzionata indipendentemente dal fatto che l’immissione che dette conseguenze ha provocato integri di per se stessa un altro illecito, di qualsiasi natura (penale, amministrativa statale o regionale)”1>>.

Oggi sembra che queste semplici osservazioni siano state recepite perchè la suddetta espressione è scomparsa. Ma, in realtà, siamo caduti dalla padella nella brace.

Mentre prima, infatti, si richiedeva una condotta illecita per violazione di legge, adesso tutto dipende solo dalla presenza o meno di un’autorizzazione della P.A.

Perchè è questo che significa “abusivamente”. Non a caso, si tratta dello stesso avverbio presente anche nella formulazione del primo delitto ambientale italiano (art. 260 D. Lgs 152/06 sul traffico illecito di rifiuti) che punisce “chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti” e, fin dai primi anni, è sempre stato interpretato dalla giurisprudenza nel senso che “si riferisce alla mancanza di autorizzazione, che determina l’illiceità della gestione organizzata e costituisce l’essenza del traffico illecito di rifiuti”2.

Mancanza di autorizzazione, dunque, che, se ha un senso per qualificare il delitto di traffico illecito, è totalmente inaccettabile per il disastro ambientale. Accettare questa modifica e punire solo chi cagiona abusivamente un disastro ambientale o un inquinamento rilevante, significherebbe, cioè, a contrario, accettare che possa essere lecito o, addirittura, autorizzato un disastro ambientale (con morti, devastazioni ecc.). Purchè non sia “abusivo”.

Resta da capire la motivazione di questa assurda modifica. Se la preoccupazione è che la nuova incriminazione possa comprendere anche chi ha svolto la sua attività avendo avuto un pezzo di carta che si chiama “autorizzazione”, bisogna, in primo luogo, affermare che, in un paese “normale” ciò non dovrebbe essere possibile: la P.A. non può mai autorizzare una condotta suscettibile di portare ad un disastro ambientale ed alla morte delle persone.

Ma siamo in Italia; e la verità è che questo non è un paese normale in quanto abbiamo delle leggi (basta leggere, da ultimo, il decreto “sbloccaItalia”) che troppo spesso sembrano fatte apposta per favorire gli inquinatori e la “crescita” a danno della salute e dell’ambiente. Di modo che spesso si autorizzano o sono state autorizzate attività industriali che in nessun altro paese civile sarebbero autorizzate. Basta pensare all’ILVA.

Eppure oggi, invece di modificare le nostre pessime leggi ambientali onde evitare di dare autorizzazioni che possono portare a disastri, si sceglie di rendere lecito un disastro se c’è un’autorizzazione alla produzione.

Senza contare che l’inciso apposto dal Senato come premessa al delitto di disastro ambientale (“fuori dai casi previsti dall’art. 434″, il cd. <<disastro innominato>>), rende ancora più evidente la disparità di trattamento tra i due disastri in quanto i disastri non ambientali continueranno, fortunatamente, ad essere puniti anche se cagionati non abusivamente.

Questo, peraltro, significa anche ignorare totalmente i principi base del diritto penale su elemento soggettivo, nesso di causalità cause di giustificazione ecc. Qualsiasi studente di giurisprudenza sa benissimo che , se qualcuno, in buona fede, si è sempre attenuto alle leggi, ed ha agito con diligenza e prudenza non rischia niente. Manca, infatti, l’elemento soggettivo, dolo o colpa (imprudenza, negligenza, imperizia o inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline), necessario per l’integrazione del delitto. E significa anche ignorare totalmente la giurisprudenza della Corte Costituzionale, la quale, sin dalla famosa sentenza n. 364 del 1988 ha evidenziato la <<illegittimità costituzionale della punizione di fatti che non risultino essere espressione di consapevole, rimproverabile contrasto con i (o indifferenza ai) valori della convivenza, espressi dalle norme penali>> in quanto <<sottoporre il soggetto agente alla sanzione più grave senza alcuna prova della sua consapevole ribellione od indifferenza all’ordinamento tutto, equivale a scardinare fondamentali garanzie che lo Stato democratico offre al cittadino… >>. E significa anche ignorare che molti anni fa la Cassazione a sezioni unite scrisse che “il bene della salute… è assicurato all’uomo.. come uno ed anzi il primo dei diritti fondamentali anche nei confronti dell’Autorità pubblica, cui è negato in tal modo il potere di disporre di esso…. Nessun organo di collettività neppure di quella generale e del resto neppure l’intera collettività generale con unanimità di voti potrebbe validamente disporre per qualsiasi motivo di pubblico interesse della vita o della salute di un uomo o di un gruppo minore…” (sentenza n. 5172 del 6 ottobre 1979).

Evidentemente, tutto questo non è stato ritenuto sufficiente. E allora appare chiaro che era altro che si voleva e che la scelta dell’”abusivamente” tende, in realtà, ad evitare, comunque, l’intervento giudiziario, facendo dipendere l’esistenza del delitto da un intervento solo amministrativo quale è il rilascio di un’autorizzazione. Insomma, mano libera all’industria inquinante e basta con questi giudici troppo zelanti!

Intendiamoci, è la stessa logica che porta a dire, ad esempio, che, per il delitto di inquinamento ambientale, occorre un deterioramento “misurabile” di acque aria ecc. Senza dire, però che cosa significa e come si misura. E quali sono le “porzioni significative” del suolo e del sottosuolo?

Ed è la stessa logica, peraltro, che nel DDL tende ad eliminare, del tutto o quasi, le sanzioni in caso di pentimento operoso.

Insomma, sembra quasi che il vero scopo sia quello di creare scappatoie per gli inquinatori e non di tutelare la salute e l’ambiente. Con buona pace della Costituzione e dei dettami della U.E..

Continuando così, resta solo da aspettarsi che anche l’omicidio venga presto modificato nel senso che occorre, sì, cagionare la morte di un uomo. Ma abusivamente.

1 VERGINE, Sui nuovi delitti ambientali e sui vecchi problemi delle incriminazioni ambientali, in Ambiente e sviluppo 2007, n. 9, pag. 777

2 Cass. pen., sez. 6, c.c. 18 marzo 2004, n. 682, Ostuni. Nello stesso senso, tra le tante, cfr. ID, sez. 3, c.c. 6 ottobre 2005,n. 40828, Fradella che parla di attività “clandestine” o di “attività totalmente difformi da quanto autorizzato”; ID, sez. 3, c.c. 16 dicembre 2005, n. 1446, Samarati , che parla di “mancanza di autorizzazioni, iscrizioni o comunicazioni previste dalla normativa od anche autorizzazioni scadute o palesemente illegittime con riferimento ad attività organizzate clandestine od anche apparentemente legittime”;ID. , sez. 3, 14 luglio 2011, n. 46189, Passariello che parla di attività effettuata senza le autorizzazioni necessarie o con autorizzazioni illegittime o scadute o violando le prescrizioni o i limiti delle prescrizioni stesse. Tenta di ampliare l’ambito ID., sez. 3, c.c. 25 novembre 2009, n. 8299, Del Prete secondo cui l’avverbio “si riferisce a tutte le attività non conformi ai precisi dettati normativi svolte nel delicato settore della raccolta e smalimento dei rifiuti…”. Gianfranco Amendola 17/3/2015 www.lexambiente.it
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