Democrazia di genere “per decreto” e soglia dell’otto per cento: gli sbarramenti alla democrazia in Puglia.

Dunque, alla fine, la democrazia di genere “giunge da Roma” in Puglia per decreto e commissariamento. Il fu “laboratorio partecipativo pugliese” ha bisogno dell’intervento “dall’alto” del Governo (quello “femministissimo” delle task force di soli uomini) per rispettare un principio costituzionale. Il Consiglio dei Ministri del 31 luglio ha, infatti, approvato il Decreto con misure urgenti in materia di parità di genere nelle consultazioni elettorali regionali. In Puglia, dunque, è paradossalmente necessario commissariare la rappresentanza per obbligare la Regione alla democrazia e introdurre la doppia preferenza di genere. Sulla corretta applicazione del decreto vigilerà, infatti come commissaria, la Prefetta di Bari, Antonia Bellomo.

È questo il finale amaro, amarissimo, di cui è responsabile il Consiglio regionale pugliese, che ormai da anni definiamo “un locale per soli uomini”.  Per carità, meglio per decreto che niente. Soprattutto per la resistente e pluriennale mobilitazione di tante donne, femministe, attiviste, cittadine pugliesi e l’importanza di appelli e campagne per la doppia preferenza come “2votimegliodi1”. Ma il decreto non cancella la vergogna della sordità e della impermeabilità, altrettanto pluriennale, del Consiglio regionale alla mobilitazione di tante donne pugliesi. Questo finale – ossia la democrazia di genere non per autodeterminazione, ma per decreto – lascia aperte ferite e questioni democratiche di non poco rilievo e chiama in causa principi quali democrazia, rappresentanza, autodeterminazione, autonomia.

Sappiamo che la campagna elettorale per le regionali si intreccerà alla campagna referendaria sul numero delle e dei parlamentari. Per qualcuno è il Sì al taglio delle poltrone, per noi è il NO al taglio della rappresentanza.  Rappresentanza che in questi mesi drammatici di pandemia ha subìto una ulteriore torsione a livello legislativo, simbolico, linguistico. Non ci riferiamo solo allo “stato d’emergenza” prorogato e all’uso corrente dei DPCM. Ma anche al paternalismo istituzionale, a tutti i livelli: dalle conferenze stampa notturne di Conte ai “cazziatoni” in strada dei Sindaci, in primis il Presidente dell’Anci. Il livello regionale ha rappresentato forse la vetta più alta di questa torsione, con la corrente trasformazione linguistica dei Presidenti di Regione in “Governatori” in competizione tra loro, un po’ sceriffi, un po’ bravi “padri di famiglia”. Ancora, avrete forse notato anche la trasformazione linguistica delle Regioni da Enti locali della Repubblica in brand: non più la Regione Puglia, la Regione Lombardia, ma “Regione Puglia”, “Regione Lombardia”.

Se la crisi sanitaria ha reso ancora più evidenti il disastro derivante dalla regionalizzazione-privatizzazione del Sistema sanitario nazionale e la pericolosità del rischio incombente della autonomia differenziata, la vicenda della legge elettorale pugliese ci sollecita molte domande, compresa che senso abbiano leggi elettorali diverse per regione.

C’è, infatti, oltre alla ferita del necessario commissariamento, un’altra ferita democratica e politica che nessun decreto ha ancora sanato: in Puglia si voterà con una legge elettorale liberticida, che prevede uno sbarramento dell’8% per chi si presenta fuori dalle coalizioni. Vi sembra democratico? A noi no, per nulla. Ci sembra uno scandalo, un vulnus democratico a cui va posto rimedio con urgenza, ma di cui nessuno parla. Solo nella Turchia di Erdogan c’è uno sbarramento più alto (10%). Ma noi siamo (eravamo?) nel “laboratorio Puglia”, culla della democrazia partecipata… o forse ormai è meglio dire “Regno dello ius ultimae noctis”.

Ricordiamo, infatti, l’ultima notte di questa consiliatura regionale. Il 28 luglio il Consiglio Regionale della Puglia ha certificato la sua degenerazione civile e politica, con la negazione dell’accesso paritario di genere sulla scheda elettorale: interventi raccapriccianti, sospensioni di ore, mancanza di numero legale.  Ancora una volta abbiamo assistito ad uno spettacolo che già cinque anni fa era andato in scena, nell’ultima notte del “laboratorio Puglia”, con la distrazione del presidente Vendola, in scadenza e in verità già scaduto nel cuore e nella mente di tanti e tante, compresi molti di coloro che avevano sostenuto la sua primavera precocemente appassita. Ma, ancora, cinque anni prima, un’altra ultima notte aveva sancito una legge elettorale con sbarramento all’8 per cento.

Ora, certo, la replica è stata inscenata da un manipolo di attori ancora più scadenti. E a perdere è stata la democrazia: la capacità delle istituzioni rappresentative di recepire le istanze democratiche e sociali; il rapporto che dovrebbe essere osmotico fra rappresentanza, democrazia, autodeterminazione. E a farci vergognare non è solo l’ostruzionismo di una destra da cui non ci siamo mai aspettate nulla. Ma il fatto che in questa Regione, a maggioranza “progressista” da oltre dieci anni, la questione democratica sia diventata questione da ultima notte, ostaggio di calcoli e mercanteggiamenti “in chiusura di negozio”, della paura, tutta maschile, di perdere il potere. Sotto questo aspetto, siamo sconfitte anche noi donne pugliesi, non rappresentate né dalla maggioranza né dall’opposizione. Ma ad essere sconfitti sono anche gli uomini pugliesi che si sono riconosciuti in una rappresentanza e una rappresentazione così becera.

In ballo, dunque, ci sono ancora la democrazia e la democrazia di genere che ne è aspetto fondamentale, e la necessità di un bilancio politico del laboratorio Puglia. Una terra promessa del cambiamento, che si sta definitivamente  inaridendo in una torrida estate che ha il sapore di una preoccupante deriva antidemocratica, come dimostra l’intero impianto della legge elettorale. Lo sbarramento all’8%  fuori dalle coalizioni è una ferita al principio dell’uguaglianza  del voto e taglia fuori dalla rappresentanza decine di migliaia di persone, donne e uomini. Il taglio del numero delle e dei parlamentari rischia di restringere ancora di più i diritti democratici, l’autonomia differenziata rischia di dividere ulteriormente il Paese.

Che farà ora il popolo “democratico” sensibile ai diritti civili? Deciderà se farsi sbranare dal lupo cattivo o da quello buono? Dopo l’indignazione ritornerà nell’alveo delle appartenenze consolidate?

La democrazia non è a pezzetti, ognuno a prendere il suo. Il pensiero delle donne è un altro sguardo sul mondo e ha l’autorevolezza per esprimersi su tutto, partendo da sé e senza rinchiudersi in sé. La sfida  in Puglia deve continuare e riguardare la questione democratica nella sua interezza. Ed è anche in questa lotta che speriamo di ritrovarci in tante, tutte intere.

Eleonora Forenza e Tonia Guerra

Direzione nazionale PRC-S.E.

2/8/2020 http://www.rifondazione.it

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