Deportati in Libia espulsi nel Sahara. I profughi sono fantasmi nel deserto

Riportiamo l’articolo di Paolo Lambruschi pubblicato da Avvenire domenica 20 febbraio 2022 che ci racconta come funziona l’altra rotta degli orrori

A sinistra: una scarpa nel deserto del Sahara, al confine con la Libia
Una scarpa nel deserto del Sahara, al confine con la Libia – Epa

Sono migliaia i fantasmi nel deserto ai confini con la Libia. Migranti e profughi africani e asiatici prelevati dalle carceri libiche ed espulsi nel Sahara. La loro sorte è ignota. È il ritorno della vecchia pratica “svuota carceri” in voga alla fine degli anni 2000 ai tempi di Gheddafi e adottata anche dalle milizie del famigerato Dipartimento per il contrasto all’immigrazione illegale del ministero dell’Interno libico. La denuncia viene dall’Alto commissariato per i diritti umani dell’Onu che a novembre ha pubblicato il rapporto ‘Unsafe and Undignified’, insicuri e privati della dignità.

Nel 2019 e nel 2020 ha avuto notizie dal Dipartimento di 7.500 espulsioni arbitrarie di migranti e richiedenti asilo in Sudan, Niger e Ciad. Numero sottostimato, sostiene lo studio, per l’impossibilità di ottenere dati certi. «Solo a dicembre o gennaio 2020 ci sono state oltre mille espulsioni nel deserto dalla Libia in Niger – afferma Ben Lewis, primo autore della ricerca – di migranti e richiedenti asilo. Sono procedure arbitrarie e collettive, in palese violazione del diritto umanitario internazionale».

Le modalità sono identiche sia nell’est che nell’ovest della Libia. «I migranti – prosegue – vengono prelevati da centri ufficiali o non ufficiali dai miliziani di Haftar o da quelli fedeli al governo di Tripoli e portati nei centri di raccolta dalle quali le unità di pattuglia in frontiera li deportano». Lewis traccia anche la geografia dei centri: «A Um al-Aranib, nel Fezzan, e nella base militare di Tamanhint, nel distretto di Sabha, i centri di detenzione sono stati riconvertiti per effettuare le espulsioni forzate di decine di persone in Niger attraverso il confine sud occidentale libico. L’ultima il 30 gennaio». Ci sono state anche deportazioni al confine orientale con l’Egitto a Emsaed. L’ultima di cui si ha notizia l’8 febbraio, 21 egiziani spediti oltre confine. E a dicembre due gruppi di sudanesi e a novembre 24 eritrei e 19 sudanesi sono stati trasferiti dal Ganfouda detention center di Bengasi ad al-Kufra, oasi a sud est della Libia dove la prigione è stata ribattezzata poeticamente “centro di raccolta e ritorno”.

Vi vengono richiusi i migranti in entrata in Libia e quelli che stanno per essere deportati in Sudan ed Egitto. Che spiegazione hanno fornito le autorità libiche? «Ci hanno detto – risponde Lewis – che i migranti erano stati liberati dai campi in mano alle reti criminali del traffico, portati nel centri di detenzione e quindi espulsi». Ma alle Nazioni unite continuano ad arrivare segnalazioni, confermate anche dai migranti che vivono nascosti a Tripoli e protestano da ottobre, di arresti di irregolari in strada mentre le espulsioni sommarie senza accesso alle procedure di protezione internazionale sono la norma. Ma nessuno sa quante persone siano state espulse né quale sia stata la loro sorte nel Sahara.

Le espulsioni hanno riguardato anche donne e bambini. I miliziani controllano solo identità e Paese di origine. L’esperto dell’Onu accusa: «Non hanno considerazione per le condizioni delle persone. I migranti devono affrontare viaggi lunghi e pericolosi, spesso in veicoli sovraffollati, in angoli remoti del Sahara senza acqua, cibo e farmaci. Abbiamo notato anche una accresciuta presenza di brigate di confine o pattuglie del deserto lungo i confini terrestri libici, in particolare ad ovest, tra Algeria e Tunisia ». Questi reparti sono stati accusati di discriminazioni razziali ed etniche perché selezionano nei centri di raccolta chi ha la pelle scura per deportarlo. La maggior parte delle espulsioni arbitrarie riguarda sudanesi, ciadiani, nigeriani, senegalesi, eritrei, soma-li, etiopi, sud sudanesi. E poi bangladeshi, giordani, pachistani e siriani.

Guardie di frontiera per cui l’Ue ha speso 46 milioni che Roma ha poi implementato fino a 57 per il programma ‘Supporto alla gestione integrata delle frontiere’ che comprende anche la fornitura di mezzi di trasporto. Gli avvocati di Asgi, attraverso il progetto ‘Sciabaka & oruka’ hanno individuato la destinazione di una ventina di milioni di euro per il supporto alla cosiddetta Guardia costiera libica mentre la gestione delle frontiere terrestri resta un mistero. «Dai bandi visionati – spiega Diletta Agresta, responsabile di ‘Sciabaka & oruka’ – abbiamo visto solo la fornitura di furgoni e veicoli 4X4. Ma il Viminale ha ripetutamente negato le richieste di accesso ai documenti e ai rendiconti del progetto. Abbiamo chiesto all’Anac a ottobre 2021 di attivare i propri poteri di controllo e monitoraggio dell’obbligo di trasparenza sull’uso delle risorse pubbliche». Si attende una risposta per capire meglio se abbiamo esternalizzato anche la deportazione dei fantasmi.

Paolo Lambruschi

20/2/2022 https://www.avvenire.it

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