DI (IN)GIUSTIZIA AMBIENTALE

Questo articolo riguarda i risultati dello studio Sentieri sul sito di interesse nazionale per le bonifiche di Taranto e ne segue uno pubblicato sul sito di Manfredonia.

Con pochi timori di essere smentito, posso facilmente affermare che la popolazione tarantina sia tra le più studiate dagli epidemiologi e dalle epidemiologhe italiane.

Nel corso del convegno dell’associazione italiana di epidemiologia, che nel 2012 si tenne a Bari, la Professoressa Vigotti dell’Università di Pisa, pioniera degli studi su Taranto, fu omaggiata con un lungo e caloroso applauso. In quell’occasione ella tenne una lezione magistrale di rara umanità, ricchezza di contenuti e di proposte di interventi di prevenzione primaria. La sua lezione verteva sullo squilibrio tra rischio sanitario – a cui la popolazione sottostava (e sottostà) a causa dell’insalubrità dell’industria – ed una economia che, nonostante il sacrificio che imponeva (ed impone) alla popolazione tarantina, era (ed è) incapace di distribuire una ricchezza diffusa.

Ai lavori pionieristici di Mariangela Vigotti si sono aggiunti nel corso degli anni numerosi studi nazionali, valutazioni di agenzie internazionali, regionali e locali, ricerche indipendenti e le perizie di Annibale Biggeri, Francesco Forastiere e Maria Triassi condotte nell’ambito del processo “Ambiente svenduto”.

Il VI rapporto Sentieri aggiunge qualcosa a quanto già arcinoto ed invito il lettore desideroso di approfondire a visitare il sito specifico della rivista Epidemiologia e Prevenzione per informarsi direttamente dalla fonte. Io qui mi sottrarrò dal fare la lista delle cause di decesso o di ricovero e l’elenco delle criticità che riguardano la popolazione tarantina ed in particolare le sue fasce più suscettibili, come i bambini e gli adolescenti.

Vi è tuttavia un aspetto che mi sembra sia rilevante evidenziare.

La popolazione tarantina, emblema di danni sanitari simili in Italia e nel mondo, non è esposta allo stesso modo agli insulti ambientali. Alcune zone della città ed i suoi abitanti godono di un vantaggio di cui le zone più povere non beneficiano. In generale gli esperti, e quelli che hanno redatto il VI rapporto Sentieri non fanno eccezione, usano l’espressione “giustizia ambientale”. Detto altrimenti, le persone che vivono nelle zone più ricche della città sono allo stesso tempo anche meno esposte all’inquinamento ed hanno dunque, già dalla nascita, un vantaggio in termini di salute nei confronti dei più poveri.

La chiamano giustizia ambientale ma per dirla con la citazione riportata da Flavia Amabile in un articolo su Noam Chomsky e Ken Loach de La Stampa del 30 marzo, penso si tratti, anche in questo caso, di parole che rovesciano il mondo e che “ci fanno credere di avere un significato ed invece ne hanno un altro”. Cosa c’è, infatti, di più ingiusto del nascere povero? Forse solo il non-nascere. E cosa c’è di più ingiusto del dover vivere, non certo per scelta, a due passi da un sito inquinato, da un sito che necessita di una bonifica che tarda ad arrivare e chissà mai se arriverà? Nulla. Qui tracce di giustizia ambientale non ve ne sono.

Emilio Gianicolo

2/4/2023 http://www.salutepubblica.net/

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