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Altra Informazione, Blog, Comitati di Lotta, Cronache di Lavoro, Cronache Politiche, Cronache Sindacali, Cronache Sinistra Europea, Cronache Sociali, Culture, Editoria Libera, sanità e salute, sicurezza lavoro, Storia e Lotte — Luglio 13, 2020 8:22 am

Pandemia, democrazia, sicrezza sul lavoro,. Riflessioni di Carlo De Filippis condivise dalla redazione di Lavoro e Salute

DIFESA INTRANSIGENTE DELLA DIGNITA’ DELLA PERSONA UMANA CONTRO PULSIONI, MACCHINAZIONI E CONVERGENZE REPRESSIVE

Pubblicato da

Il comportamento imbecille e irresponsabile di alcuni (ad esempio, dell’imprenditore di Pojana in provincia di Vicenza al ritorno dalla Serbia) può diventare il pretesto per criminalizzare i contagiati. Questo è il rischio che intravvedo. L’ipotesi di sottoporre al TSO, trattamento sanitario obbligatorio (misura gravemente afflittiva e disumanizzante, riservata in genere ai soggetti psichiatrici) i contagiati da COVID-19 che non vogliono curarsi mi sembra aberrante. Rivela conoscenza approssimativa di ciò di cui si parla (il TSO, per l’appunto, cioè violenza e sopraffazione legalizzate) e una mentalità stolidamente repressiva. Se non contrastata sul nascere, tale ipotesi apre la strada alla criminalizzazione sanitaria della devianza. Cioè all’uso dell’internamento sanitario e psichiatrico per reprimere i diversi e i devianti. Come nei sistemi totalitari. Una volta adottato per i contagiati da COVID-19 refrattari, cosa impedisce (è solo questione di maggioranze parlamentari e di priorità, in fin dei conti) di estendere l’uso del TSO agli immigrati irregolari, ai no vax, ai tossicodipendenti, ai tabagisti, agli alcolisti e ai ludopatici? Nonché a gruppi sociali o categorie di cittadini che non riscuotono la simpatia di governanti di turno ed elettorato? Il pensiero di ampliare il campo d’applicazione del trattamento sanitario obbligatorio (meccanismo già in se stesso criticabile) mi sembra guasto alla base. E anche rivoltante, nel senso letterale che fa rivoltare Franco Basaglia nella tomba.

In un sistema democratico, il malato non perde i suoi diritti, solo perché malato. E questi includono la scelta della cura. E quindi non gli si può imporre con la forza di curarsi, trattandolo per comodità repressiva come un soggetto psichiatrico.

A questo punto, il microcefalo in agguato, portatore abituale d’idee autoritarie o magari cantore spensierato e inconseguente di Bella Ciao, si affretta ad obiettare: “La tua argomentazione è errata e pericolosa perché nessuno deve avere la libertà di far del male agli altri.” Spesso aggiunge, per tagliar corto: “Con la salute non si scherza”. In questo modo, si dà corso a un capzioso slittamento semantico che congela la possibilità stessa del pensiero critico. Con pazienza, occorre precisare che il tema non è questo, diversamente da ciò che la propaganda accalappiacitrulli vuole far intendere, col concorso del microcefalo. Il principio russoviano che la libertà di ciascuno incontra un limite nella libertà dell’altro non è in discussione, né sul piano concettuale né su quello operativo. Il tema è come gestire efficacemente l’emergenza sanitaria rimanendo in un quadro democratico, senza rinunciare a principi e valori, cioè senza vendere l’anima al diavolo. Più specificamente, come perseguire la massima efficacia delle risposte (sanitarie e non) e, al contempo, sventare il pericolo dell’uso autoritario della pandemia (paventato subito dal grande scrittore Mario Vargas Llosa), sulla base dell’ipotesi che l’approccio democratico sia idoneo a gestire le emergenze: questo è il tema.

Definiti i termini concreti della questione, rassicuriamo sia il coerente coltivatore d’impulsi e disegni repressivi che il cantore inconseguente di Bella Ciao. Ci son già i meccanismi giuridici e operativi per impedire che comportamenti imprudenti o addirittura scellerati favoriscano la diffusione del contagio: la quarantena obbligatoria e sorvegliata (in strutture dedicate, eventualmente, come nella Corea del Sud), in termini preventivi, e poi le sanzioni penali e amministrative. Non è irragionevole presumere che implicazioni patrimoniali e finanziarie negative (esproprio per equivalente, risarcimento danni, ecc.) possono costituire anche un deterrente efficace per il tipo umano protagonista dell’episodio di Vicenza. I predetti meccanismi, tuttavia, vanno attivati e utilizzati tempestivamente e appropriatamente. Nel caso in questione, si è agito in ritardo e ci si dovrebbe chiedere cosa non abbia funzionato. La presa di posizione iniziale di Luca Zaia, sopra le righe e un tantino delirante, tendeva a spostare l’attenzione dall’operato suo (affrettata e un poco trionfalistica archiviazione della peraltro ben gestita fase 1, attenuazione dell’obbligo d’osservare basici accorgimenti precauzionali, conseguente allentamento dell’attenzione generale) a quello dell’imprenditore che ha innescato un nuovo focolaio. Il microbiologo Andrea Crisanti gli ha fatto sostanzialmente notare (con qualche ragione, questa volta) che, a proposito di responsabilità, “de te fabula narratur”. Le successive aperture di Roberto Speranza sono preoccupanti perché trascurano anch’esse la dimensione organizzativa e gestionale (è stato fatto quello che si poteva fare? perché l’imprenditore non è stato spedito subito in una struttura di quarantena?) e convergono nell’ipotizzare restrizioni addizionali inutili.

Insomma, vengono utilizzati in chiave manipolatoria casi che potevano essere gestiti meglio per prefigurare soluzioni tipo il TSO. Dunque prendono forma posizioni socialmente pericolose che strumentalizzano carenze gestionali per giustificare scelte in senso autoritario.
Esse vanno criticate risolutamente perché abbassano il livello della discussione e prospettano un ulteriore restringimento degli spazi democratici. Il corpo umano non è monopolio dello Stato e l’autodeterminazione nella sua gestione è un principio irrinunciabile. Diverse generazioni di femministe si sono battute proprio per l’autodeterminazione delle donne nella gestione del proprio corpo. Una fondamentale conquista dei movimenti per i diritti civili, della medicina democratica e della civiltà giuridica va difesa ad ogni costo.

Asinus asinum fricat. La locuzione latina s’attaglia a personalità, fragilità culturali, attrazioni, convergenze e contiguità che, in riferimento alla vicenda di Vicenza, si sono palesate. Comunque, la dichiarazione del Ministro della Sanità è più grave, per il ruolo ricoperto e proprio perché sembra prefigurare (con l’immediato e sconsiderato appoggio del Sindaco di Bari) la possibilità del trattamento sanitario coatto. Attendiamo le reazioni dei medici, sia in ordine alla fattibilità delle misure repressive adombrate che alla compatibilità delle stesse con i loro standard etico-professionali. Attendiamo pure le reazioni dei costituzionalisti, prima di tutto in ordine all’ultimo capoverso dell’articolo 32 della Costituzione, laddove si dice espressamente, riguardo a eventuali trattamenti sanitari stabiliti per via legislativa: “La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Intanto, ricordo che l’esperienza del movimento operaio negli ultimi trent’anni del secolo scorso (soprattutto nella stagione dei movimenti di massa, del sindacalismo unitario e dei consigli di fabbrica) ha mostrato, sempre in materia di tutela della salute, che essa è funzione anche del protagonismo sociale. Al di fuori d’una prospettiva di sviluppo ed esercizio della democrazia sui luoghi di lavoro, di acquisizione e diffusione di competenze e saperi funzionali a questo esercizio, di promozione di responsabilità sociale dell’impresa e della capacità d’intervento di lavoratori e sindacati su piani d’investimento e processi produttivi; al di fuori di questa prospettiva, la questione della salute e della sicurezza sul lavoro tende a ridursi a questione penale, vale a dire alla ricerca delle responsabilità, dopo che incidenti e decessi sono avvenuti. In un contesto mediatico nel quale sembra che, ai fini dell’incremento della sicurezza, gli operai servano più da morti che da vivi.

Questi ragionamenti e le esperienze sottese valgono anche per la società nel suo complesso, a maggior ragione durante la pandemia.

Consapevolezza scientifica di massa, movimenti, partecipazione democratica e coinvolgimento attivo dei cittadini sono presupposti fondamentali della difesa integrata di salute e democrazia che, contrariamente al messaggio di illusionisti e avventurieri, sono dimensioni reciprocamente funzionali.

Carlo De Filippis

Dalla sua pagina su FB 12/7/2020


Dalla sua pagina su FB 12/7/2020

Tags: Andrea Crisanti Carlo De Filippis Crisanti democrazia Franco Basaglia immigrati migranti partecipazione repressione Roberto Speranza Servizio Sanitario Nazionale TSo
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