DIRITTI DI PROPRIETA’ INTELLETTUALE SU VACCINI E TERAPIE PER COVID-19: PERCHE’ SOSPENDERLI?

Un recente articolo apparso sul Bmj il 30 gennaio invita i governi a non preoccuparsi dei profitti dell’industria farmaceutica nel caso in cui si sospendessero i diritti di proprietà intellettuale per i vaccini e le terapie contro Covid 19. L’articolo argomenta la necessita di agire rapidamente in questo senso scardinando le principali tesi dell’industria farmaceutica, proponendo soluzioni alternative o perlomeno complementari  per la ricerca e sviluppo di nuovi farmaci essenziali per la salute pubblica.

Sintesi e traduzione dell’articolo

Hawksbee L, McKee M, King L. Don’t worry about the drug industry’s profits when considering a waiver on covid-19 intellectual property rights BMJ 2022; 376 :e067367 doi:10.1136/bmj-2021-067367

La maggior parte degli esperti concorda sul fatto che dovremmo vaccinare il maggior numero di persone sul pianeta contro covid-19 il più rapidamente possibile; ma il tema della discordia è come farlo. Al  cuore di molti dibattiti vi è la questione dei diritti di proprietà intellettuale: le aziende che hanno sviluppato  i vaccini dovrebbero essere obbligate a condividere le conoscenze con altri affinché siano in grado di produrli? O la rinuncia ai diritti di proprietà intellettuale o altre riforme dell’attuale sistema comprometterebbe le innovazioni future?

Questo dibattito è salito in cima all’agenda politica globale dopo che il presidente Joe Biden ha mostrato sostegno per una deroga temporanea sui diritti di proprietà intellettuale del vaccino covid-19. Ora è stato appoggiato dal Senato degli Stati Uniti e si è unito ad altri enti e personalità come l’ Organizzazione Mondiale della Sanità, il Gruppo Consultivo Scientifico Indipendente per le Emergenze del Regno Unito, Medici Senza Frontiere e persino il Papa. Eppure, a distanza di sei mesi, alcuni paesi europei rimangono ostinatamente contrari e il capo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio ha avvertito che i negoziati sono “bloccati”. Questo, nonostante gli interventi di organizzazioni come Amnesty International e le minacce di  sfide legali da parte dei rappresentanti dei pazienti e degli operatori sanitari. Nel frattempo, lo schema Covax sembra progettato per preservare i meccanismi di mercato esistenti e le dinamiche di potere.

L’argomento contro la riforma del sistema della proprietà intellettuale è che tali diritti sono necessari per compensare i rischi finanziari che l’industria farmaceutica si assume quando investe in ricerca e sviluppo per realizzare nuovi prodotti.

Nel caso dei vaccini covid-19, il  rischio delle aziende farmaceutiche è discutibile poiché i governi hanno finanziato una quota sostanziale dei costi per la ricerca e lo sviluppo e acquistato grandi quantità di vaccini in anticipo. Questi governi meritano un “ritorno” sul loro investimento sotto forma di prezzi più bassi o un maggiore accesso ai vaccini per i poveri di tutto il mondo per aumentare l’immunità globale, per esempio? O la rinuncia ai diritti di proprietà intellettuale è una specie di furto da parte dello Stato che potrebbe mettere in pericolo la ricerca futura che sappiamo essere vitale per la salute pubblica?

Prevedibilmente, l’industria farmaceutica ha sostenuto che una deroga ridurrebbe i profitti che incentivano lo sviluppo di nuovi farmaci. L’emergere della variante omicron, tuttavia, mostra i rischi dello status quo: massimizzare la vaccinazione non è solo una necessità morale ma anche un potenziale baluardo contro l’evoluzione di altre varianti che potrebbero essere ancora più contagiose, virulente, o che sfuggono al sistema immunitario. Inoltre, sosteniamo che una rinuncia non minaccerebbe il futuro sviluppo del farmaco, soprattutto perché il legame tra profitti e innovazione è labile, e i contributi del settore pubblico sono già un importante fattore trainante per gran parte dell’innovazione di cui beneficia maggiormente la salute pubblica.

I profitti costantemente alti dell’industria farmaceutica

Gli argomenti dell’industria sarebbero più forti se ci fossero prove a conferma del fatto che non riescano ad attrarre investitori, minando così la loro capacità di finanziare ricerca e sviluppo, nel caso in cui i loro profitti fossero minacciati. Ma non sembra essere questo il caso. Sulla rivista Fortune 500 viene stilata e pubblicata annualmente, a partire dal 1955, una lista delle più grandi aziende degli Stati Uniti classificate secondo il fatturato.  Un calcolo dei margini di profitto netti medi mostra che l’industria farmaceutica è stata a lungo il settore più redditizio, superando persino l’energia e l’industria finanziaria (fig. 1, fig. 2).

Dal 1954 al 1999, il margine di profitto medio dell’industria farmaceutica era già più del doppio della media degli altri settori; dall’inizio del secolo, questo è salito a più del triplo.

La quota dell’industria farmaceutica globale di profitti netti totali realizzati da tutte le società quotate in borsa è passata da circa il 3% a metà degli anni ’70 a uno sbalorditivo 10% al suo picco all’inizio del 2020. Da allora, è scesa un po’, ma le aziende farmaceutiche rappresentano ancora più del 5% di tutto il valore del mercato azionario negli ultimi due anni.  Il fatto che i ritorni sul capitale investito per le aziende farmaceutiche sono meno volatili rispetto alla maggior parte degli altri settori sfida ulteriormente l’affermazione che alti profitti sono necessari per compensare un ” gioco d’azzardo ad alto rischio ” per gli investitori.

In breve, anche se le aziende farmaceutiche perdessero un quinto dei loro profitti continuerebbero a superare il 75% degli altri settori, e perdendo quasi un terzo dei loro profitti non guadagnerebbero meno della media dell’industria.

I profitti non salvaguardano la salute pubblica globale

Forse gli alti profitti potrebbero essere giustificati dal fatto che le aziende farmaceutiche forniscono le innovazioni necessarie per migliorare e proteggere la salute pubblica. Ma non è affatto scontato che l’industria farmaceutica si concentri sui nuovi prodotti più necessari. Solo circa il 2-3% dei nuovi farmaci rappresentano importanti scoperte e circa il 9-11% offrono un vantaggio modesto rispetto ai trattamenti esistenti. Al contrario, mentre molti prodotti offrono pochi benefici, altre ricerche cruciali sono trascurate dall’industria: per esempio, nonostante l’urgente necessità di nuovi prodotti per contrastare la minaccia della resistenza antimicrobica, le pipeline di sviluppo sono in gran parte vuote e i pochi nuovi prodotti hanno fatto affidamento sul sostegno del settore pubblico piuttosto che sulle pure forze di mercato.

Ma l’industria farmaceutica non è stata fondamentale per un rapido sviluppo del vaccino nella pandemia di covid-19 in corso?

Negli ultimi due decenni, focolai virali tra cui SARS-CoV-1 nel 2002 e MERS-CoV nel 2012 hanno sollevato timori di una pandemia globale- retrospettivamente potrebbero essere considerati “prove generali” per l’emergere di SARS-CoV-2 nel 2019. Sebbene siano stati sviluppati vaccini efficaci contro il covid-19 in tempi molto rapidi che potrebbero aver beneficiato del lavoro scientifico avviato sulla scia di queste precedenti epidemie virali,  gli scienziati impegnati nello  sviluppo del vaccino hanno raccontato le loro fatiche  per ottenere supporto al loro precedente lavoro contro i betacoronavirus. In larga misura, anche l’attuale lancio del vaccino è dipeso dal sostegno del settore pubblico e del terzo settore.

Alcuni esperti hanno suggerito che un singolo vaccino potrebbe proteggere contro le future varianti di SARS-CoV-2 e molti o tutti gli altri betacoronavirus – compresi quelli che non abbiamo ancora incontrato. Gruppi come la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations stanno ora promuovendo tali vaccini “ampiamente protettivi” per due ragioni principali. In primo luogo, ridurrebbero le possibilità di varianti che sfuggono al vaccino che si evolvono; in secondo luogo, potrebbero anche prevenire del tutto le future pandemie di betacoronavirus. Questa idea era stata proposta ben prima del 2019. Ma l’industria farmaceutica era riluttante a dedicare risorse  per combattere le minacce dei coronavirus con nuovi farmaci o vaccini finché un nuovo virus non è arrivato alle porte di casa nostra.

Questo non dovrebbe sorprendere, dato che il modello di business dominante dell’industria e  nell’attuale sistema di diritti di proprietà intellettuale è quello di sviluppare farmaci brevettati e generare le maggiori vendite possibili prima che il brevetto scada, non necessariamente per soddisfare il maggior bisogno medico o di salute pubblica. Non c’è alcuna giustificazione finanziaria per un’azienda privata che investe in prodotti per i quali non c’è mercato apparente, compresi i nuovi antibiotici (che non possono essere venduti in grandi quantità senza provocare una resistenza batterica) e i farmaci per le malattie tropicali trascurate (che generalmente colpiscono i poveri in paesi poveri). Anche con l’aumento della redditività, i profitti aggiuntivi sono molto probabilmente spesi per sviluppare o linee di prodotto più redditizie, oppure semplicemente distribuiti agli azionisti, attraverso dividendi o riacquisti di azioni.

L’industria teme una riduzione dei profitti futuri

La pandemia è caratterizzata dall’incapacità di lanciare i prodotti abbastanza velocemente – in tali circostanze una rinuncia ai diritti di proprietà intellettuale non dovrebbe danneggiare materialmente i profitti, in quanto qualsiasi vaccino o trattamento prodotto dai concorrenti non sostituirebbe quello venduto dall’azienda originaria. Il problema principale non è minimizzare il prezzo (come potrebbe essere in circostanze più normali) ma piuttosto massimizzare l’offerta: c’è abbastanza mercato per tutti gli attuali produttori e anche di più. Non ci aspetteremmo quindi nessun calo materiale nei profitti legati al covid-19 per le aziende che rinunciano ai diritti di proprietà intellettuale.

Inoltre, dati 65 anni di profitti costantemente alti (e sempre di più negli ultimi decenni), è improbabile che gli investitori abbandonino l’innovazione farmaceutica a causa della perdita legata ai diritti di proprietà intellettuale nelle circostanze eccezionali legate al covid-19, e non prevediamo una perdita sostanziale di fondi di investimento per ricerca e sviluppo.

Allora perché le aziende insistono sul fatto che una forte proprietà intellettuale debba rimanere in vigore anche per i vaccini non prodotti a sufficienza durante una crisi di salute pubblica globale? Una ragione è che molti dei vaccini covid-19 attualmente sul mercato o in sviluppo incorporano nuove piattaforme di vaccini generici che – con cambiamenti relativamente semplici, potrebbero produrre non solo altri vaccini ma anche trattamenti per altre malattie. Una lettera che circola tra i legislatori statunitensi avverte che una deroga permetterebbe alla Cina di “approfittare della nostra innovazione”, battendo gli Stati Uniti per sviluppare prodotti basati sulle nuove piattaforme.

Questo potrebbe spiegare perché alcune aziende leader sono così desiderose di monopolizzare non solo i diritti di proprietà intellettuale, ma anche la capacità produttiva e, forse ancora più importante, i “segreti commerciali”, necessari per produrre i vaccini.  L’amministratore delegato della Pfizer ha notato il “potenziale drammatico” della  tecnologia mRNA e ha dichiarato: “Ora siamo in vantaggio e abbiamo intenzione di mantenere il divario” nello sviluppo futuro. Collaborando con BioNTech, Pfizer può dire che ora “abbiamo sviluppato la nostra capacità”. Non c’è da stupirsi che la Pfizer sia così riluttante ad aiutare i concorrenti a ottenere gratuitamente le stesse conoscenze.

Pensiamo anche che l’industria tema che una rinuncia cambierebbe la natura del discorso della politica farmaceutica, portando potenzialmente a controlli sui prezzi o alla riduzione dei diritti di proprietà intellettuale in mercati chiave come il Nord America, che ha rappresentato il 49% delle vendite farmaceutiche globali nel 2018.

Non è la prima volta che le compagnie farmaceutiche hanno dato la priorità ai diritti di proprietà intellettuale di fronte a una crisi di salute pubblica mettendo in pericolo la vita di milioni di persone. I farmaci efficaci contro l’HIV sono stati identificati entro il 1996, ma i paesi più poveri sono stati esclusi dal mercato per anni. A quel tempo, circa 4,5 milioni di sudafricani (20% della popolazione) avevano l’HIV, ma solo 90 persone ricevevano la terapia antiretrovirale (ART). Nel 1997, il Sudafrica ha approvato una legge per importare farmaci generici ART che sono molto più convenienti dai paesi vicini per migliorare l’accesso al trattamento. In risposta, 39 compagnie farmaceutiche hanno fatto causa al Sudafrica. Alla fine le aziende hanno ceduto, e con l’aiuto di ulteriori organismi internazionali sono stati fatti enormi progressi nell’introduzione di farmaci ART a prezzi accessibili: quattro milioni di sudafricani stavano ricevendo ART entro la fine del 2017. Questa flessibilità sui diritti di brevetto per la ART non ha causato un crollo dei profitti delle aziende farmaceutiche e la spesa per la ricerca e lo sviluppo è aumentata costantemente in questo periodo.

Ruoli per le istituzioni pubbliche e senza scopo di lucro

I profitti record non hanno portato alla ricerca di cui avevamo bisogno dopo la SARS o la MERS né a soluzioni alla resistenza antimicrobica o alle malattie tropicali trascurate, e non hanno mai garantito l’accesso ai farmaci o vaccini per i molti milioni di poveri nel mondo. Non c’è motivo di pensare che la ricerca del profitto fornirà gli adeguati incentivi per salvaguardare la salute globale in futuro. Piuttosto, la struttura degli incentivi alla base della ricerca e dello sviluppo deve essere riformata attraverso una ricerca più orientata alla salute pubblica, dove le ricompense sono scollegate dalle attuali dimensioni e affluenza del mercato.

Per fortuna, ci sono modelli esistenti di ricerca medica che danno priorità alla salute pubblica rispetto al profitto privato, su cui potremmo basare l’innovazione futura. L’iniziativa Drugs for Neglected Diseases ha dimostrato che le organizzazioni senza scopo di lucro possono portare nuovi prodotti sul mercato a costi relativamente bassi: dalla sua creazione nel 2003 al rilascio del suo attuale piano strategico all’inizio del 2021, ben meno di un miliardo di dollari è stato sufficiente per sviluppare otto nuovi trattamenti per le malattie dimenticate. Questo è in netto contrasto con le frequenti, ma controverse, affermazioni dell’industria farmaceutica, che sostiene spesso, ma in modo controverso, che costa più di 2 miliardi di dollari portare un singolo nuovo prodotto sul mercato. La Drugs for Neglected Diseases Initiative ha anche negoziato accordi di proprietà intellettuale liberali per massimizzare l’accesso a questi farmaci, lavorando con partner sia nell’industria che nel mondo accademico.

Organizzazioni finanziate e gestite dallo Stato come il National Institutes of Health degli Stati Uniti o, in futuro, l’Autorità dell’UE per la preparazione e risposta alle emergenze sanitarie, potrebbero avere un ruolo maggiore nello sviluppo dei farmaci. Questo è in linea con le proposte per una nuova strategia farmaceutica europea. I governi potrebbero acquisire promettenti farmaci e principi biologici in fase iniziale (o le aziende che li sviluppano)  o potrebbero commissionare trial di terapie promettenti ma altrimenti trascurate. Tali attività potrebbero far parte di iniziative innovative ibride e basate su reti che contribuiscono alla ricerca vitale al di fuori dal modello tradizionale di monopolizzazione dei diritti di proprietà intellettuale  e non sono guidate da profitti ma da priorità di salute pubblica.

Esempi di tali gruppi includono Open Source  Malaria-istituito da un partenariato pubblico-privato senza scopo di lucro e il Global Influenza Surveillance and Response System dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che condivide dati e consigli che contribuiscono a vaccini antinfluenzali efficaci. Sono state anche proposte alternative che riequilibrano i rischi e i benefici per gli attori pubblici e privati, come i premi per le innovazioni di successo e la condivisione dei profitti con i governi che forniscono finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo di prodotti di successo. Anche se c’è una crescente accettazione del fatto che gli approcci privati, guidati dal profitto, e protetti dalla proprietà intellettuale alla scoperta dei farmaci, sviluppo e marketing non funzionano per la gente, il cambiamento avverrà solo con la volontà politica che può superare la combinazione di lobby e inerzia che mantiene lo status quo.

Come primo passo, i diritti di proprietà intellettuale per i vaccini covid-19 dovrebbero essere sospesi e la conoscenza e la tecnologia necessarie essere trasferite. Questo dovrebbe essere esteso per coprire altri prodotti covid-19 come le terapie e essere parte di un programma che includa le politiche dei prezzi, affrontando le strozzature delle materie prime e la distribuzione ineguale delle dosi tra paesi, accelerando la ricerca di vaccini ampiamente protettivi contro i coronavirus e il rafforzamento dei sistemi di distribuzione, attingendo, per esempio, dall’esperienza del Fondo Globale.

 Anche se le aziende leader vedessero i loro profitti diminuire come risultato di queste misure (cosa che probabilmente non accadrà, a causa della grande eccedenza di domanda rispetto all’offerta per la maggior parte dei prodotti covid-19), noi non possiamo mettere i profitti prima della salute e della vita umana, soprattutto perché i profitti dovrebbero crollare catastroficamente per mettere in pericolo l’innovazione e la scoperta di farmaci. Questa non è solo una questione etica ma anche di gestione del rischio, come suggerito dalla emergere della variante omicron. Sollecitiamo un intenso sforzo per rinunciare ai diritti di proprietà intellettuale sui vaccini covid-19, vaccinare il mondo intero, porre fine alla pandemia e prepararsi per la prossima.

Key messagges

  • Le più grandi compagnie farmaceutiche fanno profitti più alti delle più grandi compagnie di qualsiasi altro settore, ma questo non garantisce che forniranno il tipo di innovazione medica che più gioverebbe alla salute pubblica
  • La struttura di incentivi della ricerca farmaceutica a scopo di lucro ha come risultato che le principali minacce alla salute pubblica globale siano trascurate
  • L’industria teme che una rinuncia ai diritti di proprietà intellettuale danneggerebbe i profitti futuri minando il potere di monopolio su cui poggiano
  • I diritti di proprietà intellettuale per i prodotti covid-19 dovrebbero essere sospesi come parte di un intenso sforzo per ridurre l’emergere delle varianti e porre fine la pandemia

Hawksbee L, McKee M, King L. Don’t worry about the drug industry’s profits when considering a waiver on covid-19 intellectual property rights BMJ 2022; 376 :e067367 doi:10.1136/bmj-2021-067367

Sintesi e traduzione a cura di Luisella Gilardi – Centro di Documentazione per la Promozione della Salute DoRS

luisella.gilardi@dors.it Versione PDF

14/2/2022 https://www.disuguaglianzedisalute.it

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