DISTANTI DALLA DIDATTICA

Il tema della didattica a distanza (DaD ), con cui si indica l’intensa attività di docenti e studenti delle scuole di ogni ordine e grado, in questo tempo di epidemia , è spesso al centro di discussioni e dibattiti. Giustamente, perchè denso di implicazioni culturali, sociologiche, pedagogiche, sindacali. Si tratta di una questione ad alto impatto sociale, che coinvolge un settore nevralgico , l’istruzione, eil ruolo della scuola nella società. Questioni molto distanti dalla didattica in senso stretto.

Potremmo partire da una recente lettera al ministro, sottoscritta da varie associazioni e movimenti ,tra cui il Manifesto dei 500,LIP, Comitato 22 marzo,ecc. Si chiedeva alla ministra di evitare annuncisu decisioni governative in merito alla conclusione dell’anno scolastico, per non vanificare il lavoro di questi mesi, autorizzando gli studenti a non impegnarsi, data la promozione assicurata. Ma oltre questo, la didattica a distanza solleva molte altre questioni. Nonostante l’impegno del governo che ha assegnato alle scuole risorse per dotazioni informatiche, le condizioni degli studenti e delle famiglie italiane sono tutt’altro che omogenee.

L’indagine ISTAT per l’anno 2018/2019 indica che solo il 18.8 % delle famiglie possiede 2 o più PC o tablet. Il 33.8% NON possiede nemmeno un PC o tablet. Altre significative differenze riguardano la disponibilità di connessioni, le competenze tecnologiche dei genitori nel caso dei bambini più piccoli. Anche tra i docenti, ci sono queste differenze. Quindi, ancor più che nella scuola in presenza, le differenze (tra classi sociali, territorio,contesto di vita) in questo difficile periodo non garantiscono inclusione ed uguaglianza di opportunità. Date queste premesse, ritenere che si possa attuare una didattica sostitutiva della scuola vera è una pia illusione.

Dal punto di vista pedagogico, i limiti della DAD sono fin troppo evidenti: l’apprendimento si costruisce in relazione , la presenza del pc come mediatore solleva molte questioni metodologiche e personali, perchè stravolge completamente la situazione educativa, consente interferenze di terzi ( i genitori, ad esempio), non permette una efficace valutazione , “falsa “la comunicazione. Tanto più nel caso di bambini piccoli o con disabilità. Si pensi ai piccoli che hanno appena o ancora non concluso l’apprendimento di lettura e scrittura, o ai soggetti autistici e con altre disabilità, per le quali lo scambio e la relazione umana sono vitali e necessari per qualunque progresso anche cognitivo. L’unico obiettivo perseguibile, quello a cui d’altra parte i docenti hanno lavorato da subito, spontaneamente, non perchè sollecitati da dirigenti e decretini, è la conservazione di un senso di comunità scolastica al quale certo la tecnologia offre strumenti ed opportunità. Gli insegnanti hanno cercato di ritrovare gli allievi, perchè a tutti è parso evidente checosa si stesse perdendo.

Quindi, la didattica a distanza è un palliativo. Certo, si può cercare di svolgere qualche pezzetto di programma, di non dimenticare i verbi o e equazioni, ma quando si tornerà a scuola si dovrà recuperare. Anche al ministero lo sanno, infatti decidono il via libera per tutti alla classe successiva.. Viene da chiedersi, a questo punto, a che cosa possa mai servire dichiarare per legge che i docenti devono assicurare ( prevedendolo per l’anno scolastico 2020/2021 ) “prestazioni didattiche nelle modalità a distanza, utilizzando strumenti informatici o tecnologici a disposizione. Le prestazioni lavorative e gli adempimenti connessi dei dirigenti scolastici nonché del personale scolastico, come determinati dal

quadro contrattuale e normativo vigente, fermo restando quanto stabilito al primo periodo e all’articolo 87 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, possono svolgersi nelle modalità del lavoro agile anche attraverso apparecchiature informatiche e collegamenti telefonici e telematici “.

Ecco, a leggere questo decreto, sembra che le preoccupazioni primarie non stiano tanto nella forzosa interruzione dello svolgimento del programma e delle sue conseguenze. Di questo avrebbero dovuto occuparsi pedagogisti ed insegnanti, forse questo tempo si sarebbe potuto utilizzare in modo diverso. Sembra, più che altro, che si voglia garantire che i docenti si guadagnino lo stipendio. Pare abbastanza evidente che i provvedimenti di emergenza rappresentino per vari aspetti un grimaldello per scardinare la scuola , per realizzare alcuni degli obiettivi mai dimenticati veramente , della scuola renziana, assegnando ai dirigenti la responsabilitàe il potere di controllare l’esercizio della didattica agile.

Il lavoro a distanza richiederebbe revisione delle norme contrattuali perchè non si conoscono più orari, giorni, disconnessioni. Oggi , nel dramma della pandemia, sembrano disdicevoli queste preoccupazioni: anche gli insegnanti devonodimostrare eroismo, amor di patria e spirito di sacrificio. Il discredito sociale che accompagna spesso la categoria di quelli che stanno sempre in ferie è sempre in agguato. Ma non è sbagliato guardare lontano, a quello che, non sarebbe la prima volta, dopo l’emergenza diventa consuetudine. Non è fantascientifico immaginare “ pezzi” di istruzione on line che i ragazzi possono affrontare dalla cameretta di casa, il che consentirebbe di ridurre le ore di insegnamento in aula e moltiplicare la resa del docente, e delle sue videolezioni.

La didattica a distanza è stata accolta in modo diverso da docenti : alcuni si sono spaventati , consapevoli dell’inadeguatezza di mezzi e competenze, dellacomplessità della situazione , altri affascinati ed entusiasti si sono lanciati a capofitto in una produzione di contenuti con cui sommergere, in alcuni casi , povere famiglie che stentano a conciliare smart working, figli con diverse richieste , e vita quotidiana. Dal punto di vista dell’unità della categoria , questo rappresenta ulteriore elemento di frammentazione e magari costituirà fattore di merito, facile discrimine tra “ docenti diligenti “e “fannulloni”, tra chi non vedeva l’ora disottrarsi alla fatica della gestione della classe e chi è allergico alla tecnologia.

Sarà anche interessante verificare,quando si rientrerà a scuola, che impatto avrà avuto sulle relazioni tra studenti , genitori e insegnanti, se si ristabiliranno facilmente ruoli e pertinenze. Sempre nell’emergenza, spuntano ri-proposte indecenti: l’abolizione del valore legale dei titoli di studio da parte dell’Aprea che invoca un ripensamento globale di sistemi di valutazione e di formazione; la richiesta dell’ex-ministro Fedeli, senatrice Pd, preoccupata per le scuole paritarie, che ritiene debbano essere sostenute, in quanto parte importantissima del sistema educativo nazionale; la Gelmini promuove stanziamento di fondi per le dotazioni informatiche alle paritarie. Commovente, poi, la grande disponibilità delle multinazionali che offrono alla scuola pluralità di servizi, certamente a scopo benefico. E noi prepariamoci a grandi mutamenti.

Loretta Deluca

Insegnante Torino

Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute http://www.lavoroesalute.org

Articolo pubblicato sul numero di aprile del periodico

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *