Donne al top. Il lavoro femminile

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In versione interattiva https://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-novembre-2020/

Negli ultimi anni è aumentata l’occupazione femminile, e, in piccola misura,anche la percentuale di donne impiegate nelle cosiddette posizioni apicali, quelle che raggiungono il famoso “soffitto di cristallo”. Sono aumentate le libere professioniste e le donne che coordinano il lavoro di altre persone, soprattutto in settori della pubblica amministrazione ( enti locali, scuola, ministeri) mentre è ancora troppo bassa la quota di donne ambasciatore e primario nella Sanità.

In politica, le elette in Parlamento sono passate dal 30,7 della precedente legislatura al 35,4% dell’attuale,ed anche nel Parlamento Europeo la rappresentanza italiana femminile è al 41%, raddoppiata dunque rispetto agli esiti delle elezioni del 2009. Le donne sindaco nel 2019 sono mille e 131 pari al 14,3% del totale,tutti valori in leggero aumento rispetto al 2018 ma comunque molto bassi. Bassa è ancora la rappresentanza femminile in alcuni organi decisionali presenti nel nostro Paese. Alla data di ottobre 2018,le donne presenti in tali 11 organi decisionali (Corte Costituzionale, Consiglio Superiore della Magistratura, Autorità di Garanzia, Consob, Ambasciatrici) sono in media solo il 16,8%,seppure in aumento rispetto al 2013.Continua a crescere a ritmo sostenuto, invece, la presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa, anche grazie agli interventi normativi in materia (legge Golfo-Mosca sulla parità di genere nei Cda delle società quotate e al DPR 251/2012 sulla rappresentanza nelle controllate pubbliche che prevedono quote minime del genere meno rappresentato nei Consigli di amministrazione e di sorveglianza di queste società). (fonte: Audizione dell’Istituto nazionale di statistica Dott.ssa Linda Laura Sabbadini ISTAT).

La presenza delle donne nei consigli d’amministrazione, infatti,sta aumentando anche tra le società non quotate, non interessate dalle norme in materia, ma la tendenza è molto più lenta e rimane al di sotto della soglia di un terzo prevista per le quotate.

Non si ha ancora, invece, evidenza robusta di possibili effetti delle misure di genere sulla presenza di donne manager o in generale di occupate donne in azienda né di un maggior peso delle donne nella parte alta della distribuzione del reddito all’interno dell’impresa.
Tendenze generali che sembrano favorire aumento dell’occupazione femminile “ alta “, ma tutt’altro che generalizzata. Le difficoltà, già evidenziate, rimangono. Ma come si comportano le donne, in ruoli dirigenziali? Sono diverse dai colleghi uomini? Le organizzazioni funzionano meglio quando sono gestite da donne? L’esperienza personale (quindi senza pretese di scientificità ) è che le differenze di genere siano secondarie, rispetto a quelle individuali, e rispetto alle filosofie e alle prassi tipiche dell’organizzazione. Le logiche imperanti in un contesto, che determinano l’ascesa ai vertici, influenzano poi fortemente l’operato delle persone,indipendentemente dal genere. Le capacità relazionali, di sensibilità, di creatività appartengono agli individui, non sono legate al genere.

Accettare il presupposto che esista una leadership femminile tipica, differente da quella maschile ( maggiore empatia, capacità di ascoltare e motivare, collaborare ) vuol dire rafforzare gli stereotipi di genere, senza contribuire per questo a rimuovere gli ostacoli che le donne incontrano.
Può darsi che le esperienze formative, personali e professionali, che le donne compiono prima di raggiungere,e ventualmente, posizioni elevate, determinino atteggiamenti positivi, motivanti e valorizzanti.

Probabilmente, però, l’effettiva possibilità di agire in modo differente, è legata al contesto specifico.

Se osserviamo la scuola, settore in cui la presenza femminile in posizione apicale è molto forte, verifichiamo facilmente che le numerose dirigenti scolastiche, immesse in ruolo recentemente, rispondono prevalentemente alle impostazioni manageriali che hanno ricevuto ed assorbito,in eguale misura dei colleghi maschi.
Allo stesso modo, in politica, l’ eventuale quid femminile viene normalmente oscurato dalla “linea” di partito o di movimento, ed anzi spesso le donne sorprendono per la determinazione e la violenza di certe posizioni di amministratrici locali del profondo nord, per esempio, nei confronti degli stranieri.

Lavorare ad un sistema valoriale, di educazione e formazione, che, in ogni contesto di vita e di lavoro, crei le condizioni e i presupposti per lo sviluppo delle potenzialità di individui, persone, che superi il concetto di genere,che assicuri veramente “pari opportunità” di crescita, rimozione delle diseguaglianze sociali, superamento di stereotipi educativi, culturali, linguistici.

Non abbiamo bisogno di quote rosa, ma di eliminare pregiudizi e inciampi di vario genere che intervengono dalla più tenera età, nella scelta degli studi e delle professioni, nella creazione di ambienti di lavoro sessisti e discriminatori. Non per la “ superiorità” femminile, ma perchè, semplicemente,tutti gli individui devono essere trattati con eguale rispetto. Rifiutare la logica delle quote rosa e delle etichette da”specie protetta” che sembrano progressiste ma in realtà non risolvono il problema del rispetto e dell’uguaglianza, equivale ad allargare e approfondire il discorso della creazione di sistemi non discriminatori, né per generi ( vale la pena di ricordare che le problematiche di genere oggi possono ridursi a maschio /femmina ), né per razza e condizione sociale.

Le leadership improntate a collaborazione, motivazione, valorizzazione delle differenze, rispetto ed umanità dovrebbero essere obiettivo e pratica universale, non certo prerogativa di donne illuminate, non certo scritte nei cromosomi xx.

Loretta Deluca

Insegnante Torino

Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute

Articolo pubblicato sul numero di novembre del mensile Lavoro e Salute

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