Donne e sicurezza sul lavoro. Inoltre l’indagine sulle donne vittime del lavoro mette in luce il disagio psicologico, le difficoltà di riprendere il lavoro e le gravi problematiche sociali connesse con l’incidente.

Ogni anno 250 mila donne vittime di infortuni sul lavoro, 2 mila diventano disabili

Ogni anno un esercito di 250mila donne resta vittima dei infortuni sul lavoro o malattia professionale; sono 2 mila i casi che conducono a una condizione di disabilità permanente. I dati sono contenuti in una Indagine di Anmil (Associazione nazionale Mutilati e invalidi del lavoro: la condizione della donna infortunata nella società)  resa nota a metà dello scorso febbraio.

Quali sono gli effetti di questa falcidia? Il 42% soffre di incubi e angoscia conseguenti all’infortunio, il 57% perde legami sociali: e se la disabilità è grave, 3 donne su 4 perdono il compagno.

L’indagine sulle donne vittime del lavoro mette in luce il disagio psicologico, le difficoltà di riprendere il lavoro e le gravi problematiche sociali connesse con l’incidente.

Questi, in sintesi, alcuni dei risultati emersi dall’indagine.

Reazione psicologica. Il 42,5% delle donne del campione soffre ancora di ansia/angoscia o incubi conseguenti all’infortunio: si rileva una tendenza maggiore per le donne sotto i 50 anni (59%) che decresce al salire dell’età, ad indicare un maggior livello di superamento del disagio man mano che il ricordo dell’infortunio si allontana nel tempo. Per quanto riguarda la percezione delle cause dell’incidente, solo il 25,5% le imputa a qualcosa/qualcuno esterno, mentre la maggior parte attribuisce la responsabilità dell’accaduto a una propria disattenzione. A causa del persistente disagio psichico successivo all’incidente, il 16,5% del campione considera necessario il supporto psicologico. Necessità avvertita soprattutto tra le donne fino a 50 anni di età, tra le quali il dato raggiunge il 36%.

Rapporti familiari. Il 55,5% delle donne infortunate non svolge le faccende domestiche come prima dell’infortunio e il dato ovviamente cresce con l’aumento del grado di invalidità. Al Sud, il dato cresce fino al 72,3%. Il 51,5% delle donne intervistate ritiene indispensabile un aiuto fisso di una badante o una domestica. Anche in questo caso, il dato cresce molto per le donne residenti al Sud (66%). Interessante i confronto con il dato rilevato tra i maschi infortunati, che solo nell’8% dei casi dichiarano la necessità di un aiuto esterno. Gli uomini percepiscono invece più delle donne (13% contro 5,5%) una perdita di autorevolezza in famiglia.

Per quanto riguarda in particolare il rapporto con il compagno, questo si è interrotto dopo l’infortunio per il 23% delle donne intervistate, mentre la maggior parte di queste ha conservato la relazione.

Il maggior numero di rotture di registra al nord ovest (29%, contro 15% al sud) e per i livelli più alti di disabilità: quando l’infortunio riceve un punteggio di gravità superiore a 66, solo 1 uomo su 4 resta vicino alla compagna. Il 16% del campione ha costruito un rapporto con un nuovo compagno, soprattutto a nord-est (26,5%).

Rapporti sociali. Il 57% circa delle donne denuncia di aver perso il rapporto con amici e colleghi: il dato cresce fino al 63,5% tra le donne che hanno subito l’infortunio dopo il 2000. Il 46% (tra cui il 42% delle donne che ha perso le relazioni sociali precedenti all’infortunio) dichiara però di aver fatto nuove amicizie. Rispetto a 10 anni fa quando è stata svolta ricerca analoga, il contesto amicale sembra migliorare.

5/3/2014 www.geniodonna.it

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