DORMIRE DI CLASSE E DIRITTO AL SONNO

Economisti, sociologi e politici, a cominciare da Marx ed Engels (ed anche prima) si sono soffermati sulla iniqua distribuzione della ricchezza nel mondo. Nel pieno della prima ondata epidemica covid19 abbiamo sottolineato e commentato dati che evidenziavano la realtà del “morire di classe” (riprendendo un termine della prassi di Franco Basaglia) in relazione al contagio del virus: le disparità tra le classi sociali sembrano aumentare sempre più ed ogni “occasione” (Covid19 compreso, appunto) contribuisce ad accrescerle. Certo che a cercare bene nella letteratura il tema del sonno è stato già affrontato (Zola, Cassola, Orwell, Dario Fo, ecc.) ma oggi quello su cui Marx ed Engels non si sono particolarmente soffermati molto è oggetto di significativi approfondimenti. Anzitutto battono sul ferro caldo gruppi di lavoratori vessati da lavoro notturno e da turni lavorativi assurdi non mitigati da adeguato riposo (in primis ferrovieri, operatori sociosanitari ed altri), anche con scioperi ed agitazioni ed altre forme di resistenza materiale e culturale (doveroso a questo proposito esprimere ancora una volta solidarietà ai lavoratori di Cargo che sciopereranno dalle ore 21 del 15 luglio alle ore 21 del giorno successivo).

Vengono in supporto a queste lotte, tutt’altro che corporative, anzi “socialmente utili” nuovi studi ed osservazioni: vediamo infatti un articolo sulla rivista INTERNAZIONALE (n.1464,10 giugno 20229 di Jonathan White) che (In difesa del diritto di dormire), come abbiamo detto, non affronta un tema nuovo, già altri lo avevano focalizzato parlando di una grave “epidemia da carenza di sonno” che affligge l’intero pianeta (Walker, ma ancora prima uno studio di una università australiana, aveva stimato una certa carenza di sonno come equivalente, in termini di danno alla salute e di pericolosità,  ad uno stato di ebbrezza alcoolica di media entità). Colpisce la discrepanza tra l’accanimento fiscale sulla ricerca di eventuali segni di uso di sostanze stupefacenti e la “belle indifference” di datori di lavoro e istituzioni sulla carenza di sonno come fattore di rischio individuale e sociale. Certo è più “facile” fare controlli fiscali che mettere mano ad una riorganizzazione ergonomica del lavoro. Tanti incidenti stradali, spesso mortali, sono causati dalla carenza di sonno e dovrebbero sollecitare i “decisori politici” a adottare misure drastiche che invece non sono incluse nella agenda istituzionale. Via via, comunque, l’analisi si fa più nitida e si delinea una evidente discriminante di classe nella sofferenza indotta dalla carenza di sonno. Il filo conduttore ovviamente sono i lavori nocivi, quindi a carico della classe operaia più disagiata e sfruttata, ma aggravati dalle condizioni ambientali nelle quali i lavoratori più poveri possono permettersi di dedicarsi al sonno con una precarissima strategia di riduzione del danno.

Dal punto di vista giornalistico il messaggio di White è chiaro (il che è pure una rarità in tempi di giornalismo asservito al potere economico): nel citato articolo si dice: la mancanza di sonno colpisce soprattutto i lavoratori a baso reddito, le donne e le minoranze. Una situazione che fa crescere disuguaglianze e ingiustizie sociali”. La disamina di White, prendendo in esame diversi comparti (dai tassisti agli addetti ai call center) è ampia e spazia dalle questioni relative alla salute alle implicazioni politiche. Vengono ribadite le osservazioni sul rapporto tra carenza di sonno e salute: obesità, infezioni, disturbi psicologici, deficit di attenzione, difficoltà di memoria, calo del tono dell’umore. Sulla questione obesità/diabete abbiamo avviato una indagine e stiamo ragionando sulla ipotesi di aprire “vertenze” sul riconoscimento della eziologia professionale in quanto concausa; è noto peraltro che la IARC ha classificato il lavoro notturno come fattore di rischio cancerogeno (2A) per organi bersaglio diversi. Un dato che dobbiamo sempre sottolineare, quando c’è, nelle procedure di riconoscimento delle patologie professionali. Se i confronti sulla evoluzione della durata del sonno nel corso dell’ultimo secolo sono incerti (l’enorme divario stimato, in netto calo, secondo White non sarebbe proprio sicuro), pare invece certo che il 10% dei lavoratori in GB lavora di notte e che questo nucleo di lavoratori sia cresciuto del 3% in cinque anni. In altri termini: il problema si va aggravando e una ulteriore aggravante sottolineata da White è la sincronizzazione coatta di certi servizi di call center gestiti secondo i fusi orari dei mercati occidentali e garantiti da territori del pianeta molto lontani da quello dei fruitori dei servizi stessi. I lavoratori diventano in questo caso un nucleo di persone definite “dal suo scoordinamento con le norme locali”, situazione terribile di “imperialismo” che, come è noto, ha ulteriori e gravi corollari di costrittività. White sottolinea, né questo dato poteva mancare, il nesso tra carenza di sonno e incidenti (anche) stradali: nell’evocare la immagine della tangenziale di Bologna come terrificante girone infernale che necessita di nuove corsie e di nuove cementificazioni i “decisori politici” rimuovono il tema di cosa sarebbe il traffico se fossero rispettate alcune precauzioni in materia di “igiene del sonno”. Nel giro di una settimana abbiamo assistito a un incidente mortale tra Bologna e Modena e ad un altro grave incidente nel territorio del comune di S. Lazzaro di Savena ove, in entrambi, i guidatori guidavano tra le tre e le quattro di notte camion che si sono impattati con altri camion o altre vetture con disastrose conseguenze su carichi di detersivi e pomodori; ma non sempre la merce trasportata è di questo tipo; pensiamo al disastro dell’agosto 2018 a Borgo Panigale: la magistratura ha mostrato di non avere nessuna considerazione della “giustizia circadiana”, si è preoccupata di accertare che il camionista deceduto non stesse usando il telefonino al momento dell’impatto; ma i magistrati si  sono posti l’interrogativo (semplice) su quanto aveva dormito, come e dove, il povero camionista che trasportava  un carico di gpl?

La sostanza è semplice: richieste contrarie ai ritmi naturali sono particolarmente insopportabili e le costrittività imposte si ripercuotono pesantemente sullo stato di salute; hanno però anche riflessi negativi sulle relazioni sociali e sulla politica. White cita al proposito Fromm e Marchall: il lavoro notturno induce esclusione, passività, tendenza al disinteresse per la vita della comunità – continua White -” secondo alcuni studi le persone cronicamente stanche votano e protestano di meno”; ovviamente vi sono eccezioni e sacche di resistenza e, nel prossimo articolo, White potrebbe citare i nostri ferrovieri CMC che organizzano l’ulteriore sciopero sul tema il prossimo 15 luglio. In conclusione, White dopo aver introdotto temi e termini come “giustizia circadiana” e “diritto al sonno” suggerisce alcuni “rimedi” per realizzare l’obiettivo di una “popolazione riposata”. Premette, e ciò è condivisibile, che le scelte individuali sulla “igiene del sonno” non sono sufficienti a risolvere i problemi derivanti dalla costrittività delle organizzazioni lavorative.  Alcuni rimedi possono essere messi in campo: più festività nazionali per consentire di recuperare il sonno e garantire periodi comuni di tempo libero per permettere ai turnisti di frequentare altre persone; molto possiamo aspettarci anche dal cambiamento della organizzazione degli spazi (norme più severe sull’isolamento acustico e luminoso, sul distanziamento sociale e sull’accesso ai servizi). Tuttavia “non è scontato che i politici facciano gli interessi dei cittadini” continua White; dunque, “se vogliamo fermare gli effetti a catena del sonno insufficiente, probabilmente l’iniziativa dovrà partire da quelli che sono più riposati”. Come abbiamo detto i ferrovieri contraddicono questo pessimismo di White ma ci sono ottimi motivi perché tutti, più o meno “riposati” appoggino con decisione lo sciopero di CARGO programmato per il 15-16 luglio.

Vito Totire

Bologna, 5 luglio 2022

Dario Fo, Il paese dei mezaràt, 2002: Gli abitanti di Porto Valtravaglia erano soprannominati “mezaràt“, mezzo topo, cioè pipistrelli. Questo per via che a maggioranza di loro viveva e lavorava di notte.

Erich Fromm, In fuga dalla libertà, 1941

T.H. Marchall, Cittadinanza e classe sociale, 1949

Mattew Walker, Perché dormiamo, 2017

www.salutepubblica.net

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