E’ allarme psicofarmaci antidepressivi per bambini e adolescenti

Aumenta in modo preoccupante il ricorso a farmaci antidepressivi di bambini e adolescenti.

A lanciare l’allarme è stata l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Secondo uno studio condotto in diversi paesi europei e negli Stati Uniti, l’uso di psicofarmaci nei giovani è aumentato di oltre il 40 per cento. È sorprendente come l’aumento del ricorso a questi farmaci è aumentato in molti dei  paesi in condizioni economiche e sociali più favorevoli (almeno sulla carta). In Gran Bretagna, ad esempio, è stato registrato un aumento delle prescrizioni di questi farmaci a minorenni del 54per cento. Ancora peggiore la situazione in Danimarca dove l’aumento negli ultimi anni è stato del 60per cento. E in Germania il ricorso a psicofarmaci da parte dei ragazzi è aumentato del 49per cento.

A farne uso in misura maggiore sarebbero soprattutto i giovani di età compresa tra i 10 e i 14 anni e tra i 15 e 19 anni. “L’uso di antidepressivi nei giovani è preoccupante”, ha detto Shekhar Saxena, direttore Salute mentale dell’Oms, e per due motivi “vuol dire che ci sono più persone cui vengono prescritti senza una sufficiente ragione? E gli antidepressivi possono produrre danni gravi presi così presto?”.

Un problema che riguarda anche l’Italia: sono tra i 20mila e i 30mila i minorenni a cui vengono somministrati psicofarmaci e antidepressivi in tutto il paese. A confermarlo è un report dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “IRCCS Mario Negri” di Milano. Sono dati che mettono in risalto un problema allarmante: su oltre 5 milioni di minorenni, circa 400mila fra bambini e adolescenti soffrirebbero di disturbi mentali di varia natura. “Molto meglio di Usa e Germania” ha detto il Maurizio Bonati, Capo Dipartimento Salute Pubblica dell’IRCCS “ma le prescrizioni in Italia sono irrazionali”.

In molti paesi poi, come ha rilevato l’Oms, a volte vengono somministrati o prescritti ai giovani farmaci che non sono autorizzati per gli under 18. In Italia, la legge 648 del ’96 vieta di somministrare ai minori di 18 anni farmaci come la paroxetina (che, fra gli effetti collaterali, nei casi di depressione contempla anche l’aumento della propensione al suicidio). Eppure, in molti casi i medici di base dicono di non avere altre alternative, dati i lunghi tempi di attesa per accedere alla psicoterapia, o per sollevare le sofferenze dei paziente e delle loro famiglie. Lo stesso avviene in Gran Bretagna.

E la situazione non è diversa in Germania dove il ricorso a questi farmaci per i minorenni fu oggetto di uno scandalo, pochi anni fa: nelle scuole vennero diffusi dei questionari che indicavano alle famiglie che era possibile “curare” i propri figli mediante questi farmaci.

Ma quella che è emersa dalle ultime rilevazioni, potrebbe essere solo al punta dell’iceberg: in molti casi i dati considerano solo i pazienti che hanno fatto ricorso ai servizi del Servizio sanitario nazionale. A questi devono essere aggiunte le prescrizioni pagate dai pazienti. Per no parlare del fatto che alcuni di questi farmaci (come le benzodiazepine e gli ansiolitici) non vengono tracciati facilmente dato che sono di “fascia C”, e quindi è quasi impossibile risalire all’età di chi li consuma realmente. “Esiste un’area grigia di famiglie che vivono come uno “stigma” la diagnosi di disturbi nei propri figli e preferiscono non passare dalla ricettazione e quindi dalla rimborsabilità del farmaco, ma gestirsi il problema in solitudine”, ha detto Bonati, in una recente intervista.

Secondo gli esperti del Mario Negri, “le conoscenze disponibili per l’uso di questi farmaci nell’età evolutiva sono scarse e spesso aggiustate in base a quelle acquisite per l’adulto”, e gli effetti collaterali nell’età dello sviluppo sono molto diversi da quelli che si manifestano in età adulta: conseguenze sullo sviluppo (sul peso, a volte  sull’altezza, sull’umore) e anche all’apparato cardiovascolare (come le aritmie e molti altri).

In Italia, come in molti altri paesi, il vero problema è che, spesso, dopo la diagnosi, non tutti riescono ad accedere ai servizi di neuropsichiatria. A volte per mancanza di strutture adeguate, altre volte per difficoltà tecniche o per mancanza di personale qualificato e specializzato (una situazione che visti i tagli alla sanità imposti recentemente dal governo non potrà che peggiorare). “Gran parte delle diagnosi sono fatte da personale né qualificato né competente” ha detto Bonati. Questo ha comportato un ricorso eccessivo agli antidepressivi SSRI (selective serotin reuptake inhibitors), gli inibitori della serotonina. Farmaci sui quali le conoscenze in termini di effetti collaterali sui bambini, sono carenti.

“Magari fanno un gran bene alle madri depresse o ai nonni che non riescono a dormire di notte, ma non esistono indicazioni pediatriche. E nonostante ciò vengono prescritti lo stesso”. E proprio questo in definitiva è l’aspetto più grave che emerge da tutti questi studi: a volte, questi farmaci non vengono somministrati per curare o risolvere definitivamente i problemi dei minori affetti da disturbi psichici, ma per alleviare ai familiari in qualche modo il peso della convivenza con questi pazienti. Un modo assolutamente irrazionale di utilizzare psicofarmaci sui soggetti in età troppo giovane.

C.Alessandro Mauceri

12/3/2016 http://www.dazebaonews.it

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