Ecco i falsi miti da smontare sulle unioni civili

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Dopo oltre un mese di grande attenzione mediatica e settimane di crescenti polemiche infuocate e sempre più polarizzate, dopo la conclusione delle dichiarazioni generali, questa settimana il disegno di legge sulle Unioni Civili entra finalmente nel vivo delle votazioni al Senato e potremo cominciare a capire quali ricadute pratiche sul testo e sulla sua eventuale approvazione avranno avuto le crescenti fibrillazioni di questi giorni. Se e come sarà la legge finale dipenderà da questi voti e dalle manovre scoperte o sotterranee che in queste ore si continuano ad ordire intorno a una questione che ormai travalica di gran lunga i limiti del tema trattato per diventare un archetipo della condizione italiana, di un Paese rimasto in bilico sul crinale della modernizzazione civile. Al di là della legge, e quasi a prescindere dai suoi esiti, possiamo però cominciare a tirare le conclusioni di questo estenuante dibattito che, come giusto per un tema che riguarda questioni così profonde, è uscito dalle aule parlamentari.

  • Le piazze che si sono susseguite a sostegno o contro le unioni civili – al di là delle inutili polemiche sui numeri gonfiati in entrambi i casi – hanno mostrato due Paesi. Da un lato quello che vuole guardare al futuro e che chiede diritti e uguaglianza, seppur con qualche timidezza di troppo, dall’altro un paese spaventato e impegnato nella strenua difesa antistorica di una visione integralista e chiusa della società. Una piazza, quest’ultima del Family Dayapparsa sconfitta nel sentire comune, lontana dai sentimenti diffusi per la sua carica di odio, ma ancora capace di lanciare qualche zampata e, forse, di piazzare due o tre parlamentari alla prossima tornata elettorale. Non più di questo però perché il vero scopo dei suoi organizzatori rimane la strenua difesa di una nicchia di mercato elettorale e qualche insignificante carriera politica personale costruita sulla pelle e sulle vite altrui.
  • Il dibattito è stato fortemente falsato da un discorso mistificatorio sulla questione delle adozioni, che nell’economia complessiva della legge sono solo una piccola per quanto significativa componente e, a mio parere neanche la più importante. Questo è stato voluto e cercato dagli oppositori della legge che privi di buone argomentazioni per continuare a negare il riconoscimento di diritti per coppie omosessuali hanno pensato bene di strumentalizzare i bambini per alzare un enorme polverone e una grande confusione alimentando ancora una volta paure e odio.
  • Il movimento lgbt ha finora rinunciato a una grandissima opportunitàcomunicativa per ribadire con forza e chiarezza le proprie rivendicazioni di piena uguaglianza, dignità e autodertiminazione, appiattendosi – una volta tanto in modo più compatto del solito – su posizioni difensive di un testo di mediazione, apparendo sempre all’inseguimento sul piano dei temi e incapace di proporre proprie parole d’ordine e chiavi di lettura alternative. Incapace insomma di assumersi un ruolo politico da protagonista e interlocutore autorevole della politica e di fare cultura rispetto ai temi dell’autodeterminazione e dell’uguaglianza. Nonostante questo è riuscito almeno in parte, seppur tardivamente, a raccogliere la grande voglia di mobilitazione della comunità e, sopratutto, la visibilità del tema ha consentito di portare le testimonianze di tante famiglie arcobaleno “nelle case degli italiani (e delle italiane)”. Un’esperienza capace di cambiare la percezione diffusa sul tema in meglio.
  • Questa accresciuta capacità di mobilitazione e la vasta e inedita solidarietà e vicinanza raccolte nel campo dei media, dello spettacolo, del giornalismo, della cultura, dell’associazionismo, sono probabilmente l’eredità più importante di questi mesi su cui occorrerà lavorare e costruire per il futuro, qualunque sia l’esito dei voti parlamentari.

A queste valutazioni voglio offrire un personale contributo su tre questioni aperte che hanno inquinato il dibattito politico e parlamentare e che, se non spazzate via, continueranno a farlo. Innanzituttoil falso mito, alimentato a destra come a (centro)sinistra e riecheggiato in troppi interventi dei senatori, che la Costituzione Italiana vieti il matrimonio omosessuale o, ancor peggio persino l’equiparazione tra coppie omosessuali che vogliano unirsi civilmente e le coppie eterosessuali sposate. Questo è falso. Non è scritto nella Costituzione e non è scritto nella sentenza della Corte Costituzionale. Basta leggerle senza pregiudizi per rendersene conto. È importante ribadirlo oggi perché in prospettiva è fondamentale riprendere senza queste scorie la battaglia per la piena uguaglianza con l’accesso al matrimonio per tutte e tutti e una riforma laica, egualitaria e pluralista del diritto di famiglia. In secondo luogo risulta scorretto e profondamente immorale invocare su questo tema la libertà di coscienza dei parlamentari, affermando che si tratti di questioni eticamente sensibili. Qui sono in ballo diritti civili e umani che di sensibile hanno soltanto la vita delle persone coinvolte su cui è cruciale che le forze politiche si esprimano chiaramente senza giochetti e tatticismi. Perché su questi temi cittadine e cittadini hanno diritto di esprimere valutazioni e voti. Tutti i partiti a “vocazione maggioritaria” sono caduti in varia misura in questa trappola: il Partito Democratico, Forza Italia e, da ultimo e in un mare di polemiche il Movimento 5 Stelle, convertito sembra sulla via di alcuni sondaggi dopo settimane in cui aveva assunto un ruolo chiave di baluardo alla tenuta della legge nella sua integrità. Se così facendo questi partiti credono di tenere assieme posizioni opposte sbagliano i loro calcoli perché finiranno per perdere consensi su entrambi i fronti. Matteo Renzi sembra dare almeno l’impressione di voler tenere ferma la posizione del suo partito a difesa dell’integrità del testo Cirinnà, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, nonostante gli assalti crescenti dei suoi stessi alleati di Governo. Vedremo se la determinazione del segretario PD reggerà davvero alla prova del voto. Beppe Grillo, invece, col cinismo mostrato in queste ore ha disperso in un attimo il patrimonio di simpatia e credibilità dei parlamentari pentastellati su questo tema, e toccherà a loro adesso dimostrare di essere meglio dei propri leader nelle votazioni dei prossimi giorni. Infine la questione del referendum che comincia ad aleggiare e ad essere evocato. Il fatto che se ne parli già lascia presagire che persino i contrari alla legge, ed è la prima volta in Italia, mettano in conto la sconfitta, e quindi l’approvazione delle unioni civili. Personalmente non credo sia da temere, perché la maggioranza degli elettori, soprattutto se correttamente informata e alla luce dei fatti di una legge approvata ed entrata in vigore, capirà di non aver nulla da paventare dall’estensione di diritti, anzi piuttosto il contrario. Tuttavia è importante ribadire quanto sia ripugnante per la cultura democratica e pericoloso come precedente l’idea stessa di sottoporre a voto e all’assenso della maggioranza i diritti e l’eguaglianza di una minoranza. Ricordiamoci che l’essenza della democrazia non è l’affermazione della volontà della maggioranza (storicamente l’espressione “dittatura della maggioranza” non è affatto paradossale…), ma bensì la tutela dei diritti e delle libertà delle minoranze.

Andrea Maccarrone

attivista lgbt, già presidente del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli

9/2/2016 http://popoffquotidiano.it

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