Energia e informazione, lavoro, vita e società

Il termine “robonomics” per indicare un sistema economico automatizzato che si basa su robot, intelligenza artificiale e altre tecnologie di automazione per la produzione di beni, la fornitura di servizi e l’implementazione di vari processi amministrativi, è stato introdotto da John Crews nel suo libro del 2016 “Robonomics: Prepare today for the jobless economy of tomorrow“.

I flussi di energia ed informazione caratterizzano ogni processo di riproduzione sociale, è ormai un luogo comune che i processi di trattamento dell’informazione siano il fulcro delle trasformazioni sociali degli ultimi decenni; l’insieme delle tecnologie dell’informazione in modo pervasivo costituisce una componente essenziale di ogni altro sistema tecnologico. Il governo delle nostre società, dei processi economici e finanziari si incarna nella trasmissione, l’aggiornamento ed il trattamento in tempo reale di moli crescenti di dati che raccolte da una fitta rete di ‘sensori’ che recepiscono il funzionamento di ogni sorta di attività produttiva, sociale e relazionale. Gli scenari che descrivono i possibili teatri di guerra si fondano sulla capacità di superare il nemico nella raccolta e nell’uso dell’informazione -cosa che è sempre sta vera nello sviluppo delle strategie di guerra da quando esistono gli eserciti- e contemporaneamente di interdire il funzionamento degli apparati informativi dell’avversario1.  Il confronto tra gli apparati informazionali costituisce un elemento di continuità in quella che viene definita come  ‘guerra ibrida’ –anche questo se vogliamo non  costituisce un elemento di assoluta novità, lo scontro militare diretto è uno dei momenti, degli sbocchi possibili del confronto, del misurare i rapporti di forza tra potenze che si contendono spazi di influenza e risorse– la quale si sviluppa nel tempo su ogni dimensione della riproduzione sociale; l’integrazione di tale confronto multidimensionale, richiede una  la capacità di tenerne sotto controllo le catene causali, le reciproche relazioni, di operare previsioni di medio e breve termine, basandosi ovviamente su adeguato apparato informativo e informazionale.

È di questi giorni, settimane e mesi il confronto sull’altra dimensione fondamentale delle nostre società vale a dire l’energia, con l’uso da parte della Russia della leva della fornitura di gas verso gli stati europei, dell’Unione Europea e dell’Alleanza Atlantica; il confronto globale -che nasce dall’invasione della Crimea da parte della Federazione Russa- ha fatto saltare gli equilibri che si giocano tra competizione e collaborazione, che si incarnano in gerarchie e reciproche dipendenze. Nel contesto della rottura degli equilibri internazionali – la cui precarietà si era peraltro già manifestata- l’Europa si rivela come l’anello debole, laddove saltano gli equilibri su cui nell’ultimo trentennio si è fondato il modello di sviluppo delle Germania, dall’unificazione in poi, a sua volta fulcro del sistema economico dell’Unione, vale dire fornitura energetiche e a basso costo dalla Russia ed espansione nei paesi dell’Europa Centrale e Orientale (CEE come acronimo inglese); vale a dire un modello di sviluppo che ha tratto il massimo profitto dal crollo del sistema del ‘socialismo reale’. L’articolo di Alessandro Scassellati nel numero scorso della rivista analizza la rottura prodotta dalla guerra di questa dinamica pluridecennale; il ruolo della Germania nella architettura economica dell’Unione Europea si colloca a sua volta anella dipendenza strategica dell’Unione nei confronti degli Stati Uniti, ciò che ha impedito un rapporto autonomo e di reciproca valorizzazione con la Federazione Russa, una doppia subordinazione quindi dell’Europa nei confronti degli Usa e degli altri paesi europei nei confronti delle Germania.

L’ecosistema delle tecnologie digitali costituisce il sistema nervoso della formazione sociale globale, dei processi di integrazione e competizione delle singole formazioni  tra loro, caratterizza quindi lo svolgimento della guerra ibrida a livello globale e regionale e contribuisce a strutturarne la composizione sociale interna; lo sviluppo tecnologico-fortemente dipendente dalle piattaforme digitali che lo sostengono- tende a ridurre il consumo unitario di energia per ogni attività, prodotto o servizio.

Il nesso informazione-energia, è un parametro -o meglio una configurazione- che definisce la forma ed il grado di sviluppo tecnologico di ogni società, sottende il rapporto con l’ambiente ed il clima, i cui equilibri sono in tutta evidenza sconvolti, innescando dinamiche che si proiettano nei prossimi decenni se non secoli.

La guerra, nei suoi diversi livelli di esplicitazione, nelle sue diverse forme ibride che abbiamo definito sommariamente e schematicamente come uno stato di ‘belligeranza globale permanente’, il cambiamento climatico e la devastazione degli ecosistemi -con le conseguenze inevitabili e tragiche sullo stato di salute delle popolazioni e dei territori, non ultime le pandemie-costituiscono il contesto globale nel quale analizzare le dinamiche e gli effetti di quella che nel paragrafo iniziale abbiamo definito come Robonomics, che abbiamo peraltro individuato come causa efficiente di quel contesto.

La trasformazione digitale dell’economia – ma più in generale di tutte le dimensioni delle formazioni sociali- è considerata una sorta di rivoluzione digitale permanente che ha rivoluzionato e rivoluziona la composizione del mercato del lavoro, le forme di estrazione di valorizzazione del capitale, la configurazione del mondo delle merci e la mercificazione dei rapporti sociali e della vita sul nostro pianeta.

Il numero di segretarie, un’occupazione che comportava il lavoro di battitura e la risposta ai telefoni negli uffici, è diminuito rapidamente quando i dirigenti hanno iniziato a utilizzare personal computer e smartphone per scrivere corrispondenza, rispondere ai telefoni e organizzare i loro calendari da soli e come software per le operazioni aziendali sta automatizzando gran parte del lavoro di back-office sia nel settore privato che in quello pubblico. Dall’anno 2000, oltre 2 milioni di tali posti di lavoro nel “supporto amministrativo e d’ufficio” sono stati persi negli Stati Uniti e il Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti prevede che assistenti amministrativi, impiegati d’ufficio e segretari esecutivi vedranno le maggiori perdite di posti di lavoro di qualsiasi occupazione nel prossimo decennio. (Bureau of Labor Statistics, 2020).

Nella logistica, i robot sono sempre più utilizzati per attività come il prelievo degli ordini e lo smistamento dei pacchi (DHL, 2016). Amazon ha oltre 200.000 robot mobili che possono ritirare uno scaffale di merci e portare l’intero scaffale a un lavoratore che poi seleziona gli articoli necessari rimanendo in un posto invece di camminare per il magazzino. Questi sciami di robot di Amazon che trovano i loro percorsi ottimali attraverso il magazzino, sono un esempio di intelligenza artificiale (AI), cioè l’uso di agenti intelligenti che percepiscono l’ambiente utilizzando sensori e intraprendono azioni che influenzano quell’ambiente (Russel & Norvig, 2020).

Rispetto ai processi di automazione ei decenni passati, l’adozione delle tecnologie che vengono denominate genericamente come Intelligenza Artificiale permettono la sostituzione totale o parziale del lavoro umano in termini di prestazioni con un alto contenuto cognitivo, nel quale le decisioni vengono prese e le operazioni configurate in un contesto  variabile, con la possibilità da parte del sistema di apprendere, ampliando la propria base di conoscenza ed il ventaglio delle proprie operazioni; le operazioni possono essere attuate da un macchinario o da un agente autonomo. Il titolo del libro citato all’inizio parla di ‘jobless economy’, tuttavia la trasformazione, eliminazione di ruoli lavorativi o la creazione ex-novo di nuove funzioni è soggetta anche alle logiche di estrazione di profitto, agli andamenti dei cicli economici, è interrelata con gli andamenti demografici e scava profondamente entro la mappa delle diseguaglianze sociali a livello globale e d singola nazione o regione del mondo.

I processi industriali sono quelli maggiormente modificati dall’introduzione dei robot.

L’Asia è il più grande mercato di robot industriali al mondo. Nel 2020 sono state installate 266.452 unità, in crescita del 7% rispetto alle 249.598 unità del 2019. Il 71% di tutti i robot di nuova implementazione sono stati installati in Asia (2019: 67%). Dal 2015 al 2020, le installazioni annuali di robot sono cresciute in media dell’11% ogni anno. Il quadro è disomogeneo nei tre maggiori mercati asiatici: le installazioni in Cina sono cresciute fortemente (168.377 unità; +20%), mentre il mercato giapponese (38.653 unità; -23%) e il mercato coreano (30.506 unità; -7%) hanno faticato. Le installazioni di robot nel secondo mercato più grande, l’Europa, sono diminuite dell’8% a 67.700 unità, in calo per il secondo anno consecutivo rispetto al picco di 75.560 unità del 2018. Tuttavia, il tasso di crescita medio annuo dal 2015 al 2020 è stato del +6%2.

La Germania è l’economia più altamente automatizzata dell’Unione Europea con circa 221.500 robot industriali: il numero è aumentato del 3% nel 2020 rispetto al 2019, ma in calo rispetto alle cifre record nel 2018. La pubblicazione ‘World Robotics 2020 yearbook’ della Federazione Internazionale di Robotica (IFR) mostra che ci sono tre volte più robot industriali in uso nelle fabbriche dell’economia tedesca che in Italia (74.400 unità), circa cinque volte di più che in Francia (42.000 unità) e circa dieci volte di più del Regno Unito con 21.700 unità, che è dietro Polonia e Repubblica Ceca. Si prevede, all’epoca della pubblicazione, che il ritmo dell’automazione vada aumentando come parte della ripresa dalla pandemia di Covid-19.

I cinque principali mercati per i robot industriali sono Cina, Giappone, Stati Uniti, Repubblica di Corea e Germania. Questi paesi rappresentano il 76% delle installazioni globali di robot.

L’uso di agenti autonomi per lo svolgimento di attività cognitive e di robot per la manipolazione/trasformazioni materiali -comunque sempre più assistiti da algoritmi di I.A.- ha già profondamente modificato la struttura del mercato del lavoro e sempre più complessa si dimostra la previsione sugli sviluppi futuri.

In passato le previsioni sono state abbondantemente disattese rispetto alla prospettiva di una ‘jobless conomy’ mentre la composizione del mercato del lavoro, del profilo dei ruoli professionali e lavorativi, dei livelli salariali connessi è stata profondamente modificata, con la crescita verso il basso -in termini salariali di condizioni contrattuali e lavorative- soprattutto nel settore dei servizi enei paesi sviluppati, il decentramento delle filiere produttive e la crescita dell’economia informale nei paesi più poveri, anche in conseguenza del processo di urbanizzazione e crescita demografica negli stessi paesi. Abbiamo assistito in occasione dell’esplodere della pandemia da Sars-Cov-2 in India al fenomeno di abbandono delle grandi concentrazioni urbane in condizioni drammatiche da parte di milioni i lavoratori del settore informali. Il dispiegamento a livello globale delle catene del valore è soggetto a profonde e crescenti revisioni, in conseguenza dello sconvolgimento dalle catene logistiche e distributive dovute allo stop and go indotto dalla pandemia, con la conseguente spinta inflazionistica, ancor prima della guerra russo-ucraina, e sostanziale carenza di semilavorati e prodotti intermedi per le filiere produttive, il caso più clamoroso è quello dei semiconduttori, dei microchips che ha influenzato gran parte dei settori produttivi a partire dall’automotive. I conflitti a livello geostrategico, lo stato di belligeranza permanente dei rapporti internazionali a loro volta provocano una inversione di tendenza nella diffusione delle catene del valore a livello globale; sempre nel settore dei semiconduttori gli USA hanno deciso investimenti straordinari per ridurre la loro dipendenza nel settore, in particolare da Taiwan che, come ben sappiamo, si trova al centro di crescenti tensioni con la Cina3.

La pandemia ha dato una spinta fortissima all’investimento nei processi automazione sia nell’industria che nei servizi; la disponibilità, la continuità delle prestazioni della forza lavoro sono un fattore critico, fondamentale per orientare le scelte in termini di automatizzazione e digitalizzazione dei processi lavorativi.

In tutta Europa, 12 milioni di posti di lavoro andranno persi entro il 2040 a causa dell’automazione

tecnologie, secondo la società di analisi Forrester Research.

Con la pandemia che aumenta l’adozione delle tecnologie digitali nel mondo degli affari,

Si prevede che la regione abbraccerà l’automazione per affrontare la sua sfida demografia,

si afferma in un nuovo rapporto. Entro il 2050, nelle cinque principali economie

in Europa – Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito – si prevede di avere

30 milioni di persone in età lavorativa in meno4.

Mentre molti ruoli poco qualificati e di routine devono essere sostituiti da processi di automazione, si prevede che nove milioni di nuovi posti di lavoro saranno creati in Europa entro il 2040 in settori emergenti come l’energia verde e le città intelligenti, afferma il rapporto Forrester.

Ciò significa che, tutto sommato, solo tre milioni di posti di lavoro saranno veramente “persi” a causa dell’automazione entro il 2040 – Il problema reale è che le persone che perdono posti di lavoro potrebbero non trovarne di nuovi.

Entro il 2050, le cinque principali economie europee – Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito – dovrebbero avere 30 milioni di persone in età lavorativa in meno.

I ricercatori affermano che entro il 2035, circa una persona su quattro avrà 65 anni o più, rispetto a una su 13 nel 1950; entro il 2060, il rapporto salirà a uno su tre. Peraltro esistono anche differenze tra i cinque paesi presi in esame.

Le nuove tecniche di automazione dei processi materiali ed immateriali, rispetto al passato, hanno fatto e faranno ancora di più uno straordinario salto di qualità, interverranno in maniera più profonda e pervasiva nella trasformazione dei processi e dei profili lavorativi.

Le traiettorie di questa trasformazione ben difficilmente possono essere previste, nei termini delle trasformazioni e degli andamenti macroeconomici e delle trasformazioni sociali; le scelte vengono operate dai governi e dagli oligopoli che dominano l’economia mondiale nel quadro di una economia fortemente finanziarizzata, caratterizzata da crescenti conflitti geostrategici, nel contesto della crisi climatica che appare sempre più inarrestabile a fronte di una crescita demografica inarrestabile per quanto in fase di rallentamento e distribuita in modo ineguale.

Nei paesi sviluppati – comunque nei distretti nelle regioni economicamente avanzate- vi è una crescente domanda di knowledge workers, di profili professionali ad alto contenuto cognitivo, che fatica ad essere soddisfatta, con la formazione di un settore sociale che richiede una complesso di servizi la cui erogazione richiede in gran parte profili professionali a bassa qualifica; contemporaneamente la tradizionale classe media è aggredita dai processi di automazione, mentre la pandemia, soprattutto negli Stati Uniti ha sconvolto le abitudini, le attitudini al lavoro, in chi ovviamente gode di un certo grado di libertà per orientare le proprie scelte.

L’incremento dell’automazione e l’espansione di lavori a bassa qualifica e produttività possono produrre una riduzione della produttività generale del sistema5, il processo di apprendimento da parte dei singoli lavoratori dislocati in altre funzioni e dell’organizzazione aziendale,  assieme ai processi riorganizzazione complessiva dell’economia. Il singolo parametro dell’incremento del numero dei robot non è sufficiente spiegare l’andamento delle prestazioni del sistema economico e produttivo.

Negli USA si è determinata una condizione di riduzione dell’offerta di lavoro a fronte della domanda di lavoro da parte delle imprese, con due richieste di lavoro per ogni lavoratore disoccupato6

La disaffezione nei confronti del lavoro, gli abbandoni e i cambiamenti dei posti di lavoro, il cosiddetto big quit prodotti dall’esperienza della pandemia-negli USA certo non nell’economia informale indiana e nelle megalopoli dei paesi che possiamo definire in via di sviluppo- segnalano l’instabilità degli attuali assetti sociali, un disagio, una sofferenza una disaffezione verso la propria condizione che certo non era sconosciuta sino oggi, ma ignorata in assenza di comportamenti di massa conflitti espliciti.

La condizione che si è creata con la pandemia in termini di andamento dell’economia e di atteggiamento soggettivo dei lavorativi per certi versi si era determinata con la crisi del 2008-2011 come testimonia un articolo del gennaio 2015 sul mercato del lavoro nel regno Unito7Job quality in an hourglass labour market’.

Il cosiddetto hourglass labour market è definito dall’economista John Philpott come “People with knowledge and skills have been in increasing demand, and demand outstrips supply, pushing up wages for knowledge workers,” he explains. “Those knowledge workers need personalised services, leading to more low-skilled and low-paid jobs. The jobs in the middle can be off-shored or mechanised. You’ve got the two ends, but the middle has disappeared.”

Un esempio invece di problematiche del mercato del lavoro prima della pandemia, prima della pandemia, è dato da una inchiesta in Canada nel 20198Majority of baby boomers would opt for semi-retirement if employers only allowed: poll’.

“Condotto da The Harris Poll per conto dell’agenzia di personale Express Employment Professionals, il sondaggio ha rilevato che il 76% canadesi dei baby boomer canadesi intervistati ha dichiarato che opterebbe per un programma di lavoro flessibile se consentito, mentre il 60% sceglierebbe orari ridotti con benefici ridotti. (…)

Con la disoccupazione in Canada ai minimi storici e una carenza di manodopera pronta a raggiungere livelli critici quando i boomer appendono il cappello, il semi-pensionamento potrebbe essere un modo per aiutare a gestire quella crisi. (…) Ciò ha senso se si considera che nel 1965, quando l’età pensionabile era fissata a 65 anni, l’aspettativa di vita media era di 71,9 anni. Oggi l’aspettativa di vita media in Canada è di circa 80 per gli uomini e 84 per le donne.”

In questo caso la condizione del mercato del lavoro, l’affezione al lavoro ed il problema dell’equilibrio finanziario dei sistemi pensionistici si saldano; dopo è arrivata la pandemia9.

Le righe precedenti costituiscono brevi note che legano il processo di automazione e digitalizzazione dell’economia al lavoro, nel contesto crisi intrecciate che caratterizzano la formazione sociale globale, dalla pandemia, alla guerra, alla crisi climatica, con l’attenzione portata ai flussi intrecciati di energia ed informazione nella riproduzione sociale.

Il quadro di riferimento non è per nulla esaustivo anche solo a livello di note, manca totalmente un riferimento alla Cina, di cui ci occuperemo prossimamente.

Il quadro che comunque ne emerge è quello di una radicale trasformazione in corso, come peraltro ci si doveva aspettare, ma nella sostanziale instabilità degli assetti attuali emerge anche una sostanziale sottovalutazione della complessità della composizione sociale e delle soggettività, culturali e sociali che ne emergono.

Di fronte a questa complessità il motto ‘lavoratori di tutto il mondo unitevi’ appare particolarmente difficile da realizzare e sembrano invece dominare le dinamiche sociali, culturali e politiche che generano contrapposizione tra i diversi strati delle classi lavoratrici; ciò nonostante la straordinaria crescita delle diseguaglianze e della concertazione della ricchezza e l’incapacità di affrontare le conseguenze immediate e l’orizzonte catastrofico della crisi climatica dovuta al riscaldamento globale.

Emergono le difficoltà di organizzazione sindacale dei diversi strati di lavoratori, di costruzione di conflitti sociali estesi e condivisi, di costruzione di programmi ed organizzazione politica, la distanza che differenti regimi politici ed economici determinano tra classi lavoratrici di diverse regioni del mondo; tuttavia non va sopravvalutata l’affezione verso questo sistema complessivo, verso questi sistemi, sia pure nelle differenze profonde che emergono anche da una analisi superficiale.

Esiste una ampia diffusione di reti sociali, politiche e culturali ed importanti indizi di disaffezione e rivolta  su cui le prime possono agire, confrontarsi e collaborare; un lavoro certo di non facile realizzazione e di lungo periodo, appunto su cui puntare e mettere in gioco, la propria storia, le proprie risorse e le proprie verità.

Roberto Rosso Stampa PDF

  1. citazione articoli  []
  2. Executive Summary WR 2021 Industrial Robots https://ifr.org/free-downloads/   []
  3.   https://www.theguardian.com/business/2022/sep/07/us-bans-advanced-tech-firms-from-building-facilities-in-china-for-a-decade   []
  4. https://www.theregister.com/2022/01/20/europe_automation_forrester/  https://www.zdnet.com/article/automation-could-make-12-million-jobs-redundant-heres-whos-most-at-risk/ []
  5. https://www.reuters.com/technology/north-american-companies-send-robots-even-productivity-slumps-2022-08-29/ []
  6. ibid. []
  7. https://www.hrmagazine.co.uk/content/features/job-quality-in-an-hourglass-labour-market   []
  8. https://www.cbc.ca/news/business/semi-retirement-baby-boomers-1.4990110  []
  9. https://theconversation.com/canadians-are-relocating-for-jobs-amid-steep-inflation-and-low-unemployment-186189 

Roberto Rosso

7/9/2022 https://transform-italia.it

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