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Commenti di Mauro Biani

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    Blog, Cronache Sociali — Gennaio 25, 2016 7:24 am

    Cosa comporta la formula «fine pena mai» a livello morale, a livello sociale. Non sono una giurista, sono una semplice persona che si interroga sul mondo civile di cui faccio parte. La condanna all’ergastolo dà serenità a chi sta fuori, perché isola e allontana per sempre il criminale. L’ergastolo è la pena delle pene, quella assoluta, quella senza soluzione. Il mostro è stato catturato e ora è rinchiuso. Le vittime e i loro familiari finalmente avranno giustizia. Fine pena mai è giustizia vera sapere che il colpevole di un atroce delitto è stato definitivamente eliminato dalla vita sociale, espulso per tutto il tempo che gli resta da vivere. Ma è davvero così? Il condannato è un mostro da espellere o resta pur sempre un uomo da considerare nella sua essenza umana? Il criminale che ha delitto ed è stato condannato perde per questo la sua natura umana? La Costituzione all’art. 27 prevede che l’espiazione della pena debba avere un valore riabilitativo. Il condannato, con il suo tempo di detenzione, in qualche modo ripaga la società del proprio errore, ma si deve permettere anche il recupero del detenuto. La legge prevede che in carcere ci sia la scuola (la mancanza di istruzione è rilevante) che ci sia un percorso trattamentale, espletato con grande spirito di sacrificio da educatori, psicologi, psichiatri e docenti. Tutto questo serve a riabilitare a livello sociale il cittadino detenuto, ma significa anche, lentamente e inesorabilmente, recuperare l’essere umano a livello etico. Riabilitare e recuperare, esattamente come sostiene la nostra bellissima Costituzione. E allora l’ergastolo? La condanna a vita? L’art. 27 della Costituzione si infrange proprio su questa assolutezza della condanna: fine pena mai. Da anni lo auspico, spero si possa avverare: vorrei terminare la mia carriera insegnando presso le scuole istituite dentro al carcere. Penso di esserne adatta per la mia predisposizione intellettuale e psicologica!

    «Fine pena mai». Cosa significa?

    Pubblicato da franco.cilenti

    celle

    Lettera di un ergastolano, è entrato in carcere con la licenza elementare e, come autodidatta, si è laureato in giursiprudenza. È autore di libri e articoli e tra i promotori di alcune campagne contro l’ergastolo

    QUINDICI GIORNI di FELICITA’

    Alla notizia che il magistrato di sorveglianza mi aveva concesso per la prima volta quindici giorni di permesso a casa*, mia figlia mi ha scritto:

    “Io e te… da sempre una cosa sola contro tutto, invincibili contro la speranza che ci avevano tolto… Vincitori perché non ci saremmo mai rassegnati a vivere l’uno senza l’altra! Non importa quali difficoltà la vita ti metta davanti, vietato arrendersi, aspettare e compiangersi… Siamo soltanto noi e la nostra determinazione gli artefici della nostra felicità! Divisi da sempre uniti all’anima…”

    22 dicembre 2015 È difficile vivere senza un domani. Io ci ho vissuto per venticinque anni. Domani però torno alla vita. Ritorno a casa, da dove non sono mai andato via.

    23 dicembre Esco.Trattengo il respiro. Muovo la testa da tutte le parti. Il cielo mi sembra enorme. Non ho nessun muro davanti. Neppure a destra né a sinistra. Per una frazione di secondo ho l’impulso di voltarmi. E di tornare dentro l’Assassino dei Sogni per sentirmi protetto dalle mura e dalle sbarre del carcere. Non mi sono però mica rimbambito fino a questo punto. Raduno i pensieri. Ispiro profondamente. Chiudo gli occhi per vedere meglio dentro il mio cuore. E salgo in macchina del mio angelo che mi porterà a casa.

    24 dicembre Sono tanto felice. E anche tanto confuso. Oggi, dopo venticinque anni, il mio cuore s’è svegliato alla vigilia di Natale senza un blindato davanti e delle sbarre di dietro. E sono stato circondato tutto il giorno da tanti sorrisi.

    25 dicembre Sono uscito di casa con i miei nipotini. Sono stato ai giardini pubblici. E sulla passeggiata al mare. I bambini assomigliano ai filosofi perché ti fanno di continuo tante domande. E i miei nipotini vedendomi fare cose strane mi hanno chiesto perché abbracciavo gli alberi, toccavo l’erba e annusavo l’odore del mare. Gli ho risposto che nel luogo dove sono stato per tanti anni non c’erano gli alberi, non c’era il mare e mi sono mancati tanto.

    26 dicembre Oggi la mia compagna mi ha dato le chiavi di casa. E mi sono sentito un uomo ancora più libero. Sono entrato e uscito una decina di volte in un’ora, perché è bellissimo aprirti e chiuderti la porta da solo senza aspettare che lo faccia una guardia.

    27 dicembre Oggi sono venuti a trovarmi degli amici e delle amiche di mia figlia. Mi hanno domandato come ho fatto a sopravvivere in tutti questi anni di prigione. Ho scrollato la testa sorridendo. Gli ho risposto che non lo sapevo. E che ormai non aveva più importanza.

    28 dicembre Oggi pioveva, ma nel mio cuore c’era il sole. Sono rimasto un po’ sotto la pioggia perché è bello bagnarsi da uomo libero. E ho pensato che la cosa più terribile del carcere è che con il passare del tempo ti abitui a vivere da prigioniero e ti dimentichi del mondo che esiste oltre il muro di cinta.

    29 dicembre Mia figlia mi ha portato di nuovo in spiaggia. E nel vedere e sentire le onde infrangersi nella spiaggia ho pensato che è tutta un’altra cosa immaginarsi il mare come ho fatto per tanti lunghi anni.

    30 dicembre Nonostante la felicità che sto provando in questi giorni spesso il mio pensiero va ai miei compagni dietro le sbarre. In questi giorni mi sento tanto fortunato che io ce l’ho fatta e loro no. E ho provato il desiderio di dividere con loro un po’ della mia felicità.

    31 dicembre Oggi ho passato uno dei più belli ultimi giorni dell’anno della mia vita, con mio figlio, mia figlia e la mia compagna. Mi sono sentito Ulisse che finalmente è tornato a casa.

    1 gennaio 2016 Oggi è il primo giorno dell’anno e ho iniziato l’anno con il sorriso sulle labbra.Erano venticinque anni che non mi capitava più. Ho giurato a me stesso che continuerò a lottare contro l’esistenza in Italia della “Pena di Morte Viva” per me e i miei compagni. Ho sentito al telefono tanti amici e amiche che per molti anni mi hanno dato il loro affetto sociale.

    2 gennaio Una volta, tante vite fa, venivo chiamato “Il signore delle bische”. Questa sera ho giocato a carte a “Scala quaranta” con il mio nipotino Lorenzo di nove anni. E mi sono subito accorto che non gli andava di perdere. Devo ammettere che non piace neppure a me. …E ci sono rimasto male perché mi ha vinto venti euro.

    3 gennaio Questa sera mia figlia mi ha portato a cena al ristorante. Sono stato tanto felice. E ho pensato che la cosa che conta più di tutto nella vita è l’amore; l’amore è il metro per misurare tutte le cose.

    4 gennaio Questa sera ho raccontato un po’ di fiabe al mio nipotino Michael di sette anni, fiabe che non ho mai potuto raccontare ai miei figli. E mentre io parlavo, lui scriveva. Poi mi ha raccontato, quasi con un senso di colpa, che nel compito in classe sui nonni lui ha nascosto che il suo era in prigione. L’ho baciato con amore. E gli ho risposto che aveva fatto bene.

    5 gennaio Domani rientrerò di nuovo dentro l’Assassino dei Sogni, ma cerco di non essere triste perché penso che ho tanti nuovi ricordi d’amore che mi aiuteranno a continuare a sopravvivere nel mondo dei morti.

    6 gennaio Sono tornato alla mia tomba buia e triste, ma il mio cuore è illuminato e felice dal ricordo del sorriso dei miei nipotini. I miei figli ormai sono grandi e forse non hanno più bisogno del mio amore come quando erano piccoli, ma i miei nipotini ne hanno ancora bisogno e continuerò a lottare e a vivere per loro.

    7 gennaio I miei compagni mi hanno domandato com’era il mondo dei vivi. Mi è venuto in mente il “mito della caverna” di Platone e ho risposto loro che da dentro una prigione possiamo vedere solo le ombre della vita. Poi ho aggiunto che, al di là del muro di cinta, tutto è bello e vivo.

    21/1/2016 dalla pagina Facebook di Marilena Pallareti

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    Autore: franco.cilenti
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