Giustizia per gli operai Breda vittime dell’amianto e del profitto!

La tragica lista di operai, lavoratori e cittadini uccisi dall’amianto continua ad allungarsi. Nel nostro paese il picco delle patologie asbesto-correlate, in particolare dei mesoteliomi, si verificherà nel decennio che è appena iniziato. Questo perché tali patologie possono manifestarsi anche a distanza di 40-50 anni dalla prima esposizione alle polveri e fibre di amianto.

Il periodo di più intenso utilizzo e più elevata esposizione è stato quello dal 1960 al 1985, quando i capitalisti e il loro Stato hanno colpevolmente e deliberatamente fatto prevalere le ragioni del maledetto profitto su quelle della salute e della sicurezza degli operai, costretti a lavorare in ambienti pieni di amianto e altre sostanze cancerogene, senza le dovute informazioni sui rischi e senza dispositivi di protezione.

E’ noto che le polveri uscendo dai luoghi di produzione e disperdendosi nell’aria, nell’acqua e nel suolo, hanno avvelenato anche le famiglie degli operai e i residenti nei quartieri popolari vicini alle fabbriche. Ci sono ancora 40 milioni di tonnellate di amianto in circolazione e le bonifiche di scuole e di edifici sono tuttora da fare, la decontaminazione dei territori giace sulla carta, per precise volontà politiche.

In questo drammatico scenario, mentre cresce fra i lavoratori e nell’opinione pubblica la consapevolezza del pericolo amianto e della sicurezza sui posti di lavoro e dei territori avvelenati, è cominciato il nuovo processo Breda. Il primo processo contro i dirigenti Breda si concluse nel 2003 con l’assoluzione dei dirigenti che scatenò la sacrosanta protesta dei familiari delle vittime – ricordiamo l’occupazione dell’aula del Tribunale per oltre un’ora e mezza, scontrandosi con poliziotti e carabinieri, e il corteo con striscioni e cartelli nei corridoi del Palazzo di Giustizia di Milano. Un secondo processo per la morte di mesotelioma di un lavoratore si concluse nel 2005 con la condanna dei dirigenti, vanificato alcuni mesi dopo dall’indulto deciso in modo bipartisan dal Prodi e Berlusconi.

Più recentemente, nel 2017 un altro processo di primo grado si era concluso nel giugno dello stesso anno con una vergognosa sentenza di assoluzione per i dirigenti Breda Termomeccanica/Ansaldo di Milano, imputati per omicidio colposo della morte per mesotelioma di 12 lavoratori.

Il giudice Luerti della 9° Sezione Penale del Tribunale di Milano, aveva assolto questi manager con le formule “il fatto non sussiste” o per “non aver commesso il fatto”, nonostante le decine di testimonianze di ex operai e dei consulenti ATS (ex ASL) dimostrassero la massiccia presenza di amianto nell’azienda di Viale Sarca.

Un’atroce beffa per gli operai, che avevano aspettato ben sette anni dalle denunce.

Ancora una volta “nessun colpevole”. Ancora una volta gli assassini degli operai sono rimasti impuniti. Ancora una volta i morti sul lavoro sono stati giudicati effetti collaterali dello sfruttamento capitalistico e come tali accettati come inevitabili, o addirittura come inesistenti.

Contro la sentenza il Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro nel Territorio, Medicina Democratica e l’Associazione Italiana Esposti Amianto, presentarono ricorso in appello, in quanto parte civile.

Successivamente alla sentenza del 2017 i familiari di alcuni operai morti avevano dichiarato: “Siamo pieni di rabbia ma non rassegnati. Continueremo a lottare nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, nelle piazze, nel territorio e anche nei Tribunali contro una giustizia che offende e umilia le vittime”.

Oggi, come allora, i familiari esprimono, assieme al loro dolore, la volontà di continuare la battaglia fino in fondo. Non c’è rassegnazione, anche perché il numero delle vittime è in aumento.

Le tre associazioni auspicano “che possa essere messa la parola fine alle teorie inventate da alcuni importanti e ben pagati consulenti delle industrie, che mettono in dubbio le acquisizioni delle Conferenze Internazionali e delle Consensus Conference in relazione ai tempi “accorciati” in cui le malattie correlate all’amianto si manifestano, inducendo per i soggetti colpiti non solo maggiori sofferenze, ma anche un accorciamento della vita.”

La prossima udienza è prevista per il 4 febbraio 2020 presso la Corte d’Appello di Milano (sezione Quinta). Seguiremo con attenzione lo svolgimento di questo processo, che rappresenta un momento di denuncia e di mobilitazione con chiari contenuti di classe, per far emergere la verità sulle cause delle malattie e della morte di tanti operai. Non bisogna permettere che gli operai vengano uccisi due volte: dall’amianto dei padroni e dai giudici!

Anche nei tribunali si deve dimostrare che è necessario e giusto ribellarsi alla barbarie dello sfruttamento, anche in quelle aule deve risuonare la voce degli sfruttati e degli oppressi che si rifiutano di essere considerati uno scarto del mercato capitalistico.

Sempre più forte è la necessità di evidenziare il collegamento fra condizioni generali di vita dei lavoratori e le condizioni riguardanti la salute e sicurezza sul posto di lavoro e nel territorio; la necessità di collegare a livello nazionale le lotte per la salute e la sicurezza, di collegare la lotta operaia con quella delle associazioni e dei familiari delle vittime di stragi sul e da lavoro, dei comitati di difesa del territorio. Questo sulla base della consapevolezza che la soluzione del problema dei morti sul lavoro e da lavoro sta nella lotta per farla finita con un modo di produzione barbaro e con tutte le sovrastrutture politiche, giuridiche, etc. che continuano a concedere la licenza di uccidere per il profitto.

23/1/2020 www.comitatodifesasalutessg.com

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