“Gli USA hanno distrutto quel gasdotto”. Il silenzio tombale sullo scoop di Hersh

È passata una settimana da quando Seymour Hersh ha pubblicato un articolo dal titolo assolutamente fattuale: “Come l’America ha eliminato il gasdotto Nord Stream”. Per essere più precisi: come un gruppo di sommozzatori della Marina degli Stati Uniti, con la collaborazione della Norvegia, ha collocato gli esplosivi che il 26 settembre scorso hanno distrutto il gasdotto russo-tedesco sul fondo del mar Baltico.

L’amministrazione Biden ha colpito l’infrastruttura di un Paese non solo amico, ma membro della Nato (la Germania) il cui scopo era di rifornirsi di energia da un Paese con cui, tecnicamente, gli Stati Uniti non sono in guerra (la Russia).

Traduzione politica: si tratta dello scoop del secolo. Oggi, nel 2023, gli Stati Uniti hanno bombardato un pezzo di Germania. Nessuno però ne parla. Il silenzio della stampa americana è assordante.

Il pretesto, naturalmente, sono le smentite ufficiali: un portavoce della Casa Bianca ha dichiarato che «queste affermazioni sono false e completamente inventate». Tammy Thorp, un portavoce della Central Intelligence Agency, ha ugualmente risposto: «Completamente e totalmente falso». Data l’enormità della cosa, un po’ più di zelo giornalistico sarebbe forse opportuno…

All’epoca delle esplosioni i giornali americani, seguiti a ruota da quelli europei, avevano definito l’attentato “un mistero”, oppure un “auto-sabotaggio” compiuto dalla Russia. Oggi l’ottantacinquenne Hersh commenta che, da quando ha iniziato il suo mestiere negli anni Sessanta, le autorità hanno sempre detto che «i miei articoli erano sbagliati, inventati, scandalosi».

È lui stesso a raccontare sulla piattaforma Substack: «Sono stato un freelance per gran parte della mia carriera. Nel 1969 ho raccontato la storia di un’unità di soldati americani in Vietnam che aveva commesso un orribile crimine di guerra. Avevano ricevuto l’ordine di attaccare un normale villaggio di contadini dove, come sapevano alcuni ufficiali, non avrebbero trovato opposizione, e gli era stato detto di uccidere a vista. I ragazzi uccisero, violentarono e mutilarono per ore, senza trovare alcun nemico. Il crimine fu insabbiato dai vertici militari per diciotto mesi, finché non lo scoprii. Per quel lavoro vinsi un Premio Pulitzer, ma portarlo a conoscenza del pubblico americano non fu facile. (…) Fu rifiutato da Life e da Look. Quando il Washington Post finalmente lo pubblicò, era disseminato di smentite del Pentagono».

Invece era tutto vero e anni dopo il principale responsabile, il tenente William Calley, fu condannato all’ergastolo dalla corte marziale, ma immediatamente graziato dal presidente Nixon.

Dal caso My Lay sono passati 54 anni, ma Hersh non si è certo riposato: si è occupato del colpo di stato in Cile del 1971, della politica estera di Kissinger (The Price of Power, 1983), del mito di Kennedy (The Dark Side of Camelot, 1997) e delle torture di Abu Ghraib in Iraq nel 2004 e di come Osama bin Laden fu ucciso in Pakistan nel 2011.

Benché sia stato talvolta smentito o contestato, per esempio sull’uso di gas in Siria, la verità è che le indagini successive gli hanno quasi sempre dato ragione, come provano i cinque premi George Polk conferitigli dalla scuola di giornalismo di Long Island, un record finora mai uguagliato.

Anche nel caso del Nord Stream le sue fonti sono anonime, ma la ricostruzione degli avvenimenti è coerente e soprattutto implicitamente confermata da prese di posizione ufficiali: più volte il Segretario di Stato Anthony Blinken e, in una conferenza stampa il 9 febbraio 2022, lo stesso Presidente Joe Biden, avevano affermato che consideravano il Nord Stream una minaccia per gli interessi degli Stati Uniti e che, in un modo o nell’altro, sarebbe stato fermato.

Blinken, pochi giorni dopo la distruzione del gasdotto disse che si trattava di una «meravigliosa opportunità per mettere fine una volta per sempre alla dipendenza dall’energia russa».

Victoria Nuland, un alto funzionario del Dipartimento di Stato, nel corso di un’audizione al Senato, disse: «Sono molto soddisfatta, e credo lo sia anche l’amministrazione, di sapere che Nord Stream 2 è adesso un rottame metallico in fondo al mare».

Hersh ha lavorato per anni al New York Times, ma scrive: «Oggi non sarei il benvenuto». In effetti il prestigioso quotidiano in questi giorni ha dedicato decine di articoli al caso della mongolfiera cinese abbattuta sull’Atlantico dopo aver attraversato il Canada e gli Stati Uniti, ha riferito puntualmente di altri tre Ufo distrutti dall’aviazione negli ultimi cinque giorni, ha dato ampio spazio al Super Bowl vinto dai Kansas City Chiefs durante il quale Rihanna ha annunciato la sua seconda gravidanza. Il giornale si è ugualmente occupato (come il manifesto) dei corsi di cultura afroamericana cancellati all’Università della Florida, ma anche di come ci si può preparare psicologicamente a un possibile licenziamento, dei progetti di mini-case per affrontare la crisi degli alloggi negli Stati Uniti, degli auguri per San Valentino, oltre a invitare i suoi lettori a fare sesso con maggiore frequenza e fare attenzione alle uova che mangiano.

Del Nord Stream, neanche una riga: sul motore di ricerca del giornale l’ultimo riferimento a Seymour Hersh risale al 2015.

Fabrizio Tonello

16/3/2023 https://ilmanifesto.it

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