I contagi scendono, ma cosa li fa scendere?

Come nei giorni scorsi la domanda di tutti i giornalisti era “quando sarà il picco?”, così oggi è diventata sempre più pressante l’altra domanda: “quando finirà tutto?”. Pur comprendendo la curiosità dei giornalisti e dei loro lettori o ascoltatori, ad entrambe le domande la risposta più corretta sarebbe un bel “boh!”.

Che i contagi stiano diminuendo è cosa certa, che la diminuzione sembri destinata a continuare sembra molto probabile, ma quando si arriverà alla fine o a qualcosa di simile alla fine è proprio impossibile dirlo. Certo si potrebbero proporre dei modelli di simulazione dell’andamento e rifacendosi agli andamenti del passato applicare un modello matematico che, come ogni volta, ci darebbe una risposta. Peccato che molte volte questi modelli hanno fallito la previsione e quando l’hanno azzeccata forse è stato il caso a dar loro una mano.

Ad ogni modo per azzardare una qualsiasi previsione bisognerebbe innanzitutto chiedersi quanto sta diminuendo e cos’è che attualmente fa diminuire i contagi. Per stimare la diminuzione due sono le analisi che possono aiutarci: la prima è il calcolo dell’andamento dell’ìndice RDt e la seconda l’interpolazione dei dati giornalieri con un modello di ciclo trend.

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L’indice RDt è calcolato come rapporto tra la somma delle medie mobili delle frequenze dell’ultima settimana e la somma delle medie mobili delle frequenze dei sette giorni ancora precedenti. Se è maggiore di 1 significa che le frequenze aumentano, se invece è minore significa che diminuiscono. L’indice si discosta dall’unità, che corrisponde alla situazione di frequenze costanti, secondo dinamiche che dipendono dall’accelerazione della crescita o della decrescita dei contagi. Se l’andamento delle frequenze viene ben descritto da una funzione esponenziale, l’RDt corrisponde alla potenza settima dello slope che è il parametro che indica la rapidità di crescita/decrescita dell’esponenziale. L’RDt al 30 gennaio vale 0,83, la sua radice settima vale 0,98, cioè le frequenze stanno diminuendo del 2% al giorno.

Il modello esponenziale di ciclotrend, invece, origina dalla composizione di due modelli: quello del trend esponenziale ottenuto con una regressione logaritmica e quello dell’individuazione del ciclo settimanale con cui le frequenze si allontanano dalla media del periodo. Lo slope del modello esponenziale vale 0.987 e suggerisce una decrescita simile, ma minore di quella suggerita dall’RDt.

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Se volessimo vedere a cosa porterebbe questo modello se lo si proiettasse in avanti, si vedrebbe che per arrivare ad una media settimanale inferiore ai mille contagi si dovrebbe aspettare circa un anno, ma è ovvio che questo sarebbe solo un inutile gioco: i modelli funzionano talvolta a breve termine, ma raramente a lungo termine perché in questo caso intervengono molte variazioni nei fattori che determinano l’andamento del fenomeno in esame, ma questi stessi fattori non rispettano le regolarità matematiche.

Allora è necessario chiedersi quali siano i fattori che possono determinare una diminuzione dei contagi, e quindi quali di questi è probabile che cambino in futuro vuoi a favore vuoi a sfavore.

Contagiosità del virus

Un elemento fondamentale della capacità di espansione di un’epidemia è la contagiosità del virus e su questo punto ci sono state molte dichiarazioni sull’infettività del virus originario e delle sue varianti, dall’Alpha alla Delta all’Omicron. Su quest’ultima variante ci sono state dichiarazioni nel Regno Unito che davano un tempo di raddoppio dei contagiati pari a 48 ore, da cui seguirebbe un Rt all’incirca di 9,5 se calcolato a 156 ore che vengono considerate il tempo medio di contagiosità.

In realtà sono molti i giorni in cui i contagi si sono raddoppiati dopo 48 ore ed anzi il 28 ed il 29 dicembre sono addirittura triplicati (3,15 dai 24.883 contagi del 26 dicembre ai 78.313 del 28 dicembre e 3,18 dai 30.810 del 27 dicembre ai 98.030 del 29 dicembre), ma ciò è dovuto alla variabilità intra settimanale che comporta ad esempio un numero ridotto di diagnosi notificate nei lunedì data la minore attività diagnostica delle domeniche.

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Se trasformiamo i dati dei contagi giornalieri nelle medie settimanali si osserva che queste non hanno mai superato l’incremento di 1,5, raggiunto solo tra Natale e Capodanno.

Se quindi il ruolo delle varianti è stato marginale nell’incremento reale dei contagi – anche se non si nega che possa aver svolto un ruolo in tal senso insieme ad altri fattori – a maggior ragione è difficile oggi sostenere che la diminuzione dei casi sia dovuta alle varianti quando l’ISS nel comunicato stampa 8/22 del 28 gennaio afferma che il 17 gennaio la diffusione di Omicron tra i contagiati è stata del 95,8%.

Vaccinati e suscettibili

Una possibile spiegazione della diminuzione dei contagi potrebbe essere l’aumento degli immunizzati, vuoi perché contagiati e guariti vuoi perché vaccinati con ciclo completo. I dati sui vaccinati si possono trovare nell’open data del Ministero della Salute.

Il report aggiornato al 31 gennaio 2022 dà un valore di 47.332.846 persone sopra i 12 anni con ciclo vaccinale completo (87,6%) cui si aggiungono i 969.892 contagiati guariti da non più di sei mesi (1,8%). Se aggiungiamo anche coloro che hanno assunto una sola dose si arriva a 49.953.856, cioè il 92.5%.

Se esaminiamo su MADE l’andamento della percentuale di suscettibili abbiamo questo grafico:

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La diminuzione dei suscettibili può aver contribuito certamente all’avvio della decrescita dei contagi, ma non sembra che possa essere stato il solo vero determinante anche perché, come sappiamo, anche i vaccinati con ciclo completo possono contagiarsi seppure con conseguenze di regola molto meno severe.

Attività diagnostica con tamponi

Le frequenze dei soggetti positivi derivano dall’attività diagnostica eseguita con i tamponi, sia molecolari che antigenici. Si sa però che molti soggetti positivi asintomatici sfuggono all’attività diagnostica a meno che si sottopongano all’esame non per dubbio diagnostico, ma solo per controlli preventivi richiesti o meno dalle normative. È quindi evidente che se aumentano i controlli sui soggetti asintomatici aumenta anche il numero di positivi diagnosticati.

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Se ad esempio si esaminano le medie settimanali dal 2-8 al 9-15 gennaio si osserva una diminuzione della positività dei test molecolari e invece un aumento della positività dei test antigenici che però sono più numerosi dei primi di circa 4 volte.

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Nonostante la positività dei test molecolari fosse in chiara diminuzione l’andamento dei nuovi positivi era quasi stabile perché era in leggera crescita la positività degli antigenici anche più numerosi dei molecolari.

Sembra perciò potersi affermare che l’andamento dell’attività diagnostica contribuisca a determinare l’andamento dei nuovi casi positivi.

Misure di contenimento

Nelle precedenti “ondate” la predisposizione di misure anche molto rigide di contenimento della circolazione del virus aveva dimostrato la loro efficacia determinando una discesa della curva epidemica. Non si può però dire che in queste ultime settimane siano state introdotte maggiori misure di contenimento tranne l’obbligo di indossare la FFP2 anche all’aperto e sui mezzi di trasporto ed una maggiore estensione dell’obbligo del Green Pass.

Più che le misure di contenimento è probabile che ci siano stati comportamenti più corretti da parte della popolazione, vuoi perché, terminate le festività, si sono ridotti sia gli incontri familiari, sia la frequenza di soggiorni in località di vacanza, vuoi perché i numeri in crescita dei contagiati hanno dato maggior consapevolezza dei rischi.

Situazione climatica

Non sembra invece che la situazione climatica abbia favorito la diminuzione dei contagi, anzi si ritiene che il freddo possa favorire la circolazione del virus. È probabile che con la primavera si possa verificare un effetto benefico determinato dalla maggiore permanenza all’aperto e dalla maggiore areazione degli ambienti.

Variabilità regionale

La distribuzione dei contagi tra le Regioni non è stata costante negli ultimi due mesi: nelle prime due settimane erano prevalenti i contagi del NE, dalla terza alla sesta il NW ha avuto percentuali quasi doppie rispetto alle altre aree mentre nelle ultime tre settimane le percentuali tra le quattro aree si sono quasi uguagliate.

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Questa distribuzione può significare che l’incremento maggiore dei casi sia avvenuto al Nord e soprattutto al Nordovest portando a dover riconsiderare forse l’ipotesi climatica, ma più facilmente a dover ascrivere quanto osservato alla maggior circolazione delle persone dovuta alla maggior concentrazione di attività economico produttive.

Non conclusioni

Si vorrebbe poter concludere dicendo cosa sta facendo diminuire la circolazione del virus nella popolazione italiana. Purtroppo non sembra potersi indicare un fattore chiaramente prevalente tra quelli cui qui si è fatto cenno. Certamente se si fosse in grado di identificare i diversi ruoli sarebbe più facile fare delle previsioni sull’andamento futuro dell’epidemia. Ma è probabile che, come per altre epidemie, la fine sia imprevedibile. La fine dell’epidemia di peste raccontata dal Manzoni, è attribuita dall’autore a un grande acquazzone che “pulì” la città, ma per spiegare la fine dell’epidemia di Spagnola a inizio ‘900 non ci furono chiare indicazioni, vere o false, come non ce ne sono state per l’epidemia da Sars-Cov-1 all’inizio del terzo millennio.

Ciò fa riflettere su quanto ancora non conosciamo della realtà sanitaria legata all’epidemia e quanto margine di impotenza rimanga ancora nel prevenirla e nell’affrontarla. Molto abbiamo fatto e molte morti sono state evitate, più qui da noi che in tanti altri Paesi del mondo; adesso possiamo sperare che il virus si stanchi e diventi meno attivo e soprattutto che nessun altro suo simile voglia, almeno a breve, sostituirlo nel crearci un’altra situazione così drammatica.

Cesare Cislaghi

3/2/2022 https://epiprev.it

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