I costi usurai della sanità privata in Italia

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Oggi il Servizio Sanitario è spinto dai decisori politici ad essere inefficace, in particolare per la mancanza di personale medico e infermieristico. Negli ultimi 30 anni sono stati tagliati oltre 70.000 medici e operatori sanitari, 80.000 posti letto e sono stati chiusi circa 300 ospedali e un numero ancora sconosciuto di struttre di Medicina territoriale. Entro il 2025 avremo altri quattromila medici in meno.

Questa è la fonte avvelenata delle liste d’attesa in sanità è diventato uno dei drammi quotidiani ai quali si rinuncia consapevolmente di dare una risposta da parte dei decisori della politica governativa nazionale e locale. Sono tanti gli interessi usurai che influiscono sul diritto elementare alla salute pubblica, tanti e pervasivi da rendere gli stessi cittadini in attesa di cure e di prevenzione portatori di egoismi e complici di devianze politiche sul tema. Siamo arrivati all’individualismo più odioso, al panico più irrazionale che calpesta l’altro che ti sta accanto, e non siamo ancora alla legalizzazione definitiva di questa barbarie con l’Autonomia Differenziata anche se già operante di fatto, e non solo in Lombardia.

«Ognuno si curi a casa propria» pare sia diventata la strategia di grosse fette di popolazione come risposta contro una sanità pubblica ritenuta inefficiente per i propri bisogni di salute. Ecco che scatta il rancore di punitivo verso gli altri: pare che siano 13 milioni gli italiani che dicono basta alla mobilità sanitaria fuori regione, mentre – sempre secondo dei sondaggi – 21 milioni ritengono giusto penalizzare con tasse aggiuntive o limitazioni nell’accesso alle cure del Servizio sanitario i fumatori, gli alcolisti, i tossicodipendenti e gli obesi, come se questi problemi sociali determinassero una esclusione dalla società.

Pare che almeno il 40% degli italiani esprima rabbia contro il Servizio sanitario pubblico a causa delle liste d’attesa troppo lunghe o i casi di malasanità. Un terzo è critico perché, oltre alle tasse, bisogna pagare di tasca propria troppe prestazioni e perché le strutture non sempre funzionano come dovrebbero. Un quarto degli italiani difende ancora il sistema pubblico: «meno male che il Servizio sanitario esiste». Ovviamente i più arrabbiati – la metà degli italiani – verso il Servizio sanitario sono le persone con redditi bassi, e crede che la politica sappia, o voglia, intervenire per un miglioramento della sanità.

Questo sentimento popolare sta a dimostra che stracciare l’abito della sanità pubblica, confezionato dalla Legge 833 del 1978, è stato una stata una violenza politica compiuta da atti osceni negli ultimi quattro decenni, in particolare tra le “mura domestiche” dei governi nazionali e di quelli regionali e regionali, atti che hanno origine, comunque, da una crepa presente nella stessa Legge che già prevedeva il ricorso attivo delle strutture private.

Quelle strutture finanziate, in gran parte, da sempre con soldi pubblici con il sistema delle convenzioni che hanno avuto il ruolo di vuoyer gaudenti durante gli atti di violenza della maggior parte dei ministri di vari governi, di “governatori” e dei loro assessori di molte regioni.

Per tutti gli anni “80 questa crepa è rimasta chiusa dai rapporti di forza sociali, politici e sindacali che sostanzialmente non hanno permesso al privato di infiltrarsi nei percorsi di prevenzione, cura e riabilitazione del sistema pubblico ma, dal secondo decennio ad oggi, cambiati a favore del privato quei rapporti di forza con le fasi politiche che hanno debilitato la partecipazione politica e trasformato le stesse forze politiche -e sindacali in forma meno apparente- che avevano trasformato in Legge la domanda sociale, quella crepa nella 833 è diventata sempre più grande e funzionale all’ingresso dell’ideologia privatistica dalla porta principale del S.S.N. tramite l’aziendalizzazione delle asl e il permesso dell’uso privato delle strutture pubbliche con l’attività intramoenia dei medici.

Lo Stato è diventato il primo cliente della sanità privata: il SSN acquista infatti il 60 per cento delle sue prestazioni, per un valore di 41 miliardi di euro e nel «decennio 2010-2019 tra tagli e definanziamenti al SSN sono stati sottratti circa € 37 miliardi e il fabbisogno sanitario nazionale (FSN) è aumentato di soli € 8,8 miliardi».

La spesa sanitaria privata è in costante aumento: nel 2020 è stata di 43 miliardi (con un esponenziale aumento causato dall’epidemia covid), nel 2019 era di 39,5 miliardi, nel 2005 era di 25 miliardi. In media nel 2019 ogni italiano (bambini compresi) ha speso di tasca propria 640 euro per curarsi .

Oltre 150 milioni le prestazioni sanitarie pagate di tasca propria dagli italiani, mentre 7 cittadini su 10 hanno speso 17 miliardi per acquistare farmaci; oltre 7 miliardi hanno speso 6 cittadini su 10 visite specialistiche; 8 miliardi la spesa di 4 cittadini su 10 per prestazioni odontoiatriche; quasi 4 miliardi 5 su 10 per prestazioni diagnostiche e analisi di laboratorio; 1 miliardo per protesi e presidi.

Da questi dati risulta una media totale di 655 euro per chi ha problemi di salute, persone di classe medio-bassa perché sono loro che si ammalano di più.
Molti hanno deciso di non pagare questa tassa e hanno rinunciato a prestazioni sanitarie utili (prescritte da soprattutto i poveri e i cittadini del Sud Italia, più poveri e con un servizio sanitario meno finanziato dallo Stato rispetto a quello del Nord.

Questo ha permesso l’aumento dell’intervento privato anche nel territorio sempre più abbandonato dalla Medicina territoriale pubblica con poliambulatori onnicompresivi di servizi e specialistica, quasi dei piccoli ospedali, anche sul versante della “prevenzione” mistificandola con diagnosi precoci che non hanno nulla a che fare con la prevenzione primaria.

Redazione Lavoro e Salute

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NOTA: sul mensile le tabelle I prezzi delle strutture private riprese da www.altroconsumo.it

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