I RIDER: UN TEMA SEMPRE ATTUALE

L’ultima volta che affrontai la questione rider adottai un titolo con esplicito riferimento a un celebre romanzo 1 che, nel corso degli anni, ha appassionato milioni di giovani lettori, e non mi sbagliavo.

Quello dei fattorini addetti alle piattaforme di delivery food sembra essere, appunto, un tema inesauribile cui, di giorno in giorno, si aggiungono altre interessanti pagine.

Risale, infatti, ad appena qualche giorno fa un’intervista “parallela” a Pietro Ichino e al Segretario generale della Federazione Italiana Trasporti della Cisl, Salvatore Pellecchia, sullo stato del confronto rispetto alla “vertenza” rider.

Rilevo subito che, a mio parere, il rappresentante della Fit-Cisl ha retto in maniera sufficientemente adeguata il confronto con il noto “Licenziatore 2”.
Di certo, un pizzico di “cattiveria” in più – nelle repliche di Salvatore Pellecchia – sarebbe stata utile per ancora meglio differenziare le posizioni tra chi tenta di dimostrare di tenere ancora molto alle sorti dei lavoratori e chi, invece, conferma – con tenacia pari solo alla spregiudicatezza – di essere schierato su posizioni avverse!

In questo senso, ad esempio, alla domanda dell’intervistatore, relativamente alla compatibilità dell’attuale organizzazione del lavoro dei rider con un inquadramento contrattuale da lavoratore subordinato, avrei sostenuto che il noto giuslavorista mente quando afferma che un eventuale rapporto di lavoro subordinato non sarebbe conciliabile con “una caratteristica peculiare del platform work, nella versione che abbiamo conosciuto fino a oggi; cioè la possibilità che il rider possa scegliere se presentarsi o meno al lavoro giorno per giorno e se rispondere o meno alle chiamate”.

Ichino dunque mente perché, nei fatti, non è assolutamente vero che fino ad oggi i rider abbiano avuto la facoltà di scegliere quando lavorare e se accettare o meno una chiamata!
E’, infatti, ampiamente noto a tutti – e sufficientemente documentato dall’Inps e dall’Ispettorato del lavoro – che l’attività del rider è condizionata dal “punteggio” (il c.d. rating) attribuito automaticamente dal sistema informatico e collegato a fattori quali: presenza, puntualità, rapidità, accettazione degli ordini, etc.

Di conseguenza, l’eventuale rifiuto di un ordine e/o l’indisponibilità a lavorare in alcuni giorni e/o in determinate fasce orarie, comportano un declassamento (nel rating) che corrisponde a una retrocessione nella relativa classifica e quindi a sempre minori opportunità di lavoro futuro. È questa la ragione – secondo quanto recentemente accertato dal Procuratore della Repubblica di Milano (insieme con Inps e Ispettorato del lavoro) – per la quale al rider è, sostanzialmente, impossibile usufruire di periodi di ferie (non pagate, naturalmente) e/o di malattia; pena la perdita di posizioni nel rating e, addirittura, del posto di lavoro.

Altro che facoltà di scelta, come, invece, continua a sostenere 3 Pietro Ichino!
L’ex Senatore Pd insiste nel falsare la realtà anche quando afferma che un eventuale rapporto di lavoro subordinato prevederebbe – inevitabilmente – una prestazione lavorativa diversa da quella attuale; con obbligo di presentarsi al lavoro ogni giorno e di rispondere alle chiamate. Come se ignorasse l’esistenza del famigerato rating e che, quindi, nulla cambierebbe, perché è sempre stato così.

Tra l’altro, il noto giuslavorista coglie l’occasione per sostenere che i contratti di lavoro subordinato, che Just Eat sta attualmente sottoscrivendo con gran parte dei suoi rider, offrono sì maggiore sicurezza ma, contemporaneamente, minori possibilità di guadagno.

Il che, francamente, appare quale sottile forma di “terrorismo ideologico” (a danno dei dipendenti della Just Eat e di tutti gli altri rider) dal momento che lo stesso Ichino considera addirittura “perfettibile” il recente contratto collettivo – stipulato in data 15 settembre 2020 tra Assodelivery (Associazione delle piattaforme 4 di delivery food) e Ugl – che, nei fatti, già continua a: 1) qualificare i rider quali lavoratori autonomi, 2) condizionarli nell’esercizio delle libertà sindacali, 3) retribuirli con il sistema del cottimo e 4) ignorare qualsiasi ipotesi di ferie e/o malattia retribuite.

Anche in risposta alla possibilità di garantire diritti e tutele ai rider senza, necessariamente, ricorrere all’ipotesi del lavoro subordinato, l’ex Senatore ripropone l’ormai abusato ritornello secondo il quale l’introduzione nel mondo del lavoro delle nuove tecnologie e, con esse, la nascita di quelli che definisce “nuovi lavori”, renderebbe “superata la novecentesca distinzione tra lavoro autonomo e subordinato 5”.

La sua soluzione sarebbe, quindi, il Ccnl sottoscritto il 15 settembre “perfezionato” introducendo “una ragionevole disciplina della malattia e del recesso”. Ergo, ben venga la parte – pur sempre novecentesca – ma meno favorevole ai lavoratori!

Rispetto a questo punto, il responsabile nazionale della Fit-Cisl ha gioco facile nel far rilevare al Prof. Ichino che ciò che in realtà è cambiato – relativamente alla prestazione lavorativa offerta dai rider – è solo la gestione dei cicli produttivi; non più un singolo esercente, ma una piattaforma. Con gli stessi “garzoni di bottega e fattorini”.

Così come – aggiungerei, ad esempio – nulla è sostanzialmente mutato, per gli operatori dei call-center, i dipendenti Amazon e tanti altri addetti alla c.d. gig economy rispetto alla famigerata “catena di montaggio” di vallettiana memoria.

Il punto vero è che, ormai da diversi anni, è in atto un tentativo neo-liberista tendente non solo a superare le conquiste operaie della seconda metà del ‘900 – come gradirebbe Ichino – ma, addirittura, a riportare la condizione dei lavoratori a quella del secolo ancora precedente!

Altrettanto poco convincente la risposta di Pietro Ichino all’intervistatore che definiva una nuova tendenza quella in atto in Inghilterra e, in particolare, in Spagna, laddove il governo ha deciso di trasformare in legge un diffuso orientamento della Magistratura circa la natura subordinata del lavoro dei rider. In più, e si tratta di un particolare di grande rilevanza, la Ministra del lavoro spagnola ha precisato che tale legge farà parte del piano di riforme strutturali da inviare alla Commissione Europea nel quadro del “Piano di Recupero e Resilenza”. Quello che in Italia, per immotivato ricorso agli inglesismi ed eccesso di provincialismo, insistono a chiamare “Recovery fund”.

Ebbene, anche rispetto a quest’altro aspetto della questione, le considerazioni espresse dall’ex Senatore Pd, appaiono, a mio parere, elusive e tendenti, in definitiva, a produrre poca chiarezza e scarsa comprensione.
Non a caso, rispetto alla decisione della Corte suprema inglese, Ichino tiene molto ad evidenziare che, in sostanza, i rider inglesi non sono stati equiparati a tutti gli effetti ai lavoratori subordinati; non applicandosi, ad essi, la protezione contro i licenziamenti ingiustificati.

Peccato che abbia ritenuto opportuno non rilevare che quanto deciso recentemente dalla Corte inglese corrisponde, più o meno, a quanto già previsto in Italia dalla legge 2 novembre 2019, nr. 128 6 e sancito dalla nostra Corte di Cassazione 7.

Inoltre, relativamente alla decisione adottata in Spagna, resterebbe solo da chiedersi perché mai il noto e qualificato giuslavorista – da sempre sostenitore dell’esigenza, per il nostro Paese, di allinearsi, in tema di lavoro, alla legislazione europea – questa volta non avverta l’esigenza di chiedere che l’Italia si adegui.

Eppure, ancora fino a qualche giorno fa, a proposito della sentenza della Corte Costituzionale 1° aprile 2021, nr. 59 – attraverso la quale è stato sancito che anche nel caso di un licenziamento per motivo economico-organizzativo, laddove il fatto sia insussistente, deve essere sempre 8 disposta la reintegrazione, piuttosto che l’indennizzo economico – Pietro Ichino ha lanciato “fuoco e fiamme” per un atto che, a suo parere “ha l’effetto di tornare ad allontanare l’ordinamento italiano rispetto agli ordinamenti dei nostri partner europei”!

In definitiva, e per concludere: possibile mai che il nostro Paese debba allinearsi agli ordinamenti dei partner europei e ai desiderati di Pietro Ichino quando si tratta di superare tutele e garanzie a favore dei lavoratori italiani – come nel caso della sostanziale cancellazione dell’art. 18 dello Statuto e del contratto a tempo indeterminato – ed essere invece considerato “fuorilegge”, con l’accusa di “provincialismo”, quando – grazie alla sentenza 59/2021 – si tratta di riconquistare un diritto perduto?

NOTE

  • 1- “La storia infinita”; di Michael Ende. Vedi www.blog-lavoroesalute.org del 25 marzo 2021.
  • 2- È sempre opportuno ricordare che Pietro Ichino fu il primo a teorizzare (e suggerire alla Fornero prima e a Renzi dopo) il superamento dell’art. 18 dello Statuto e del vecchio contratto di lavoro a tempo indeterminato. Ricorrendo, a tale fine, all’equivoca e strumentale formula del c.d. “Superamento del dualismo – tra lavoratori garantiti e non – esistente nel Mercato del lavoro italiano”. Con il tragico risultato di adeguare al ribasso – per tutti – le garanzie previgenti.
  • 3- Fonte: “Contratto per i rider di Just Eat: l’altra faccia della medaglia”; www.pietroichino.it del 3 aprile 2021.
  • 4- Tutte le piattaforme attualmente operanti in Italia, meno Just Eat, che lasciò l’Associazione dopo la sigla del suddetto contratto.,
  • 5- Così come avvenne – con effetti nefasti per i lavoratori – quando si scoprì paladino del superamento del “dualismo” nel Mercato del lavoro italiano.
  • 6- Legge di conversione del decreto legge 3 settembre 2019, nr. 101; con modificazioni apportate al decreto legislativo 15 giugno 2015, nr. 81.
  • 7- Sentenza 24 gennaio 2020, nr. 1663.
  • 8- La Corte ha ritenuto incostituzionale la legge 92/2012 (legge Fornero) nella parte in cui prevedeva che nel caso di licenziamento economico-organizzativo manifestatamente infondato il giudice aveva la facoltà discrezionale di disporre la reintegra piuttosto che il solo indennizzo economico. Ne consegue che in futuro dovrà sempre essere disposta la reintegrazione.

di Renato Fioretti

Collaboratore redazionale del mensile Lavoro e Salute

7/4/2021

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