Il baratro dell’autonomia differenziata condanna il Sud nel nome delle diseguaglianze

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L’autonomia differenziata acuisce le differenze sociali ed economiche tra Nord e Sud Italia rafforzando le regioni del Nord, agganciate sempre piu’ alla locomotiva tedesca, facendo sprofondare il Meridione.
E non è detto, anzi sarà l’esatto contrario, che questa situazione porterà benefici all’economia italiana.
Il fatto che le regioni a guida Lega e Pd (esempio Emilia Romagna) siano concordi sull’autonomia differenziata, divisi solo dai modelli di applicazione, dovrebbe indurre a qualche riflessione anche sulle ragioni del recente successo elettorale in Emilia.
E’ una vecchia storia quella del paese a due velocità, nel Sud non manca solo il lavoro ma scuole , servizi ed ospedali sono a livelli assai lontani dal Nord. Le responsabilità di questa situazione sono da ricercare non solo nel modello di sviluppo del capitalismo italiano ma anche nella storia recente del paese con le dismissioni statali operate per compiacere l’UE.
E la storia, narrata da analisi di parte ,è funzionale anche alla reintroduzione delle gabbie salariali con la motivazione che gli stipendi, ad esempio quelli pubblici, nel Sud dovrebbero essere inferiori perchè piu’ basso è il costo della vita.
Ad esempio gli econiomisti Alesina e Giavazzi hanno scritto articoli e saggi per dimostrare che il costo della vita nel Sud , inferiore del 25% rispetto al Nord, dovrebbe indurre a stabilire un nuovo sistema di gabbie con i salari non uguali per tutti, non vincolati ai contratti nazionali ma solo al costo della vita.
Stando ad alcune statistiche una buona parte dei soldi tornano invece al Nord, il Sud beneficerebbe solo di una minima parte dei fondi, ergo la vulgata che le regioni produttive sosterrebbero quelle piu’ arretrate non sarebbe suffragata da fatti reali, una sorta di leit motive per giustificare invece l’autonomia differenziata e l’Italia a doppia velocità.

Nelle regioni meridionali ad esempio ci sono pochi asili nido, lo Stato ha abdicato alle scuole private, religiose in primis, una parte importante dell’istruzione relegandola per altro ai servizi a domanda individuale, a carico degli enti locali e dell’utenza.
Non esiste divario solo relativo alla qualità dei servizi ma alla stessa quantità basterebbe guardare ai posti letto negli ospedali per abitante, al numero di ambulatori oppure ai servizi sociali o anche alle università.
Sono argomenti dirimenti da affrontare se non vogliamo finire con il giustificare l’autonomia differenziata. Il potere di acquisto delle famiglie del Nord è superiore di quasi il 30% di quello delle famiglie meridionali, la differenza è data dall’occupazione femminile, dal numero dei full time dei part time e soprattutto dagli occupati. Nel sud esiste una variegata filiera di lavoro sottopagato e al nero e la responsabilità di questa situazione non è della forza lavoro autoctona che invece subisce decisioni calate dall’alto.

Il numero dei poveri al Sud è cinque volte superiori a quello del nord dove invece piu’ marcate sono le differenze sociali, il costo della vita poi andrebbe rivisto anche in relazione alla qualità dei servizi, ad esempio negli ospedali del Nord arrivano migliaia di utenti dal Sud per ricevere cure e servizi che a casa loro non possono avere.

Nell’Italia delle disuguaglianze economiche, sociali e culturali esistono ormai divari sempre maggiori anche all’interno delle aree piu’ ricche, ad esempio tra Est ed Ovest, ad esempio tra sud tirrenico e sud adriatico per dirne solo una.

La questione allora dirimente non diventa quella del Nord “sacrificato” dal Sub assistenzialista ma la lotta alle crescenti disuguaglianze acuite dal sistema produttivo italiano. Fare i conti con questa situazione diventa importante per tutti, per il padronato e per il sindacato, ignorare il problema sarebbe un errore e una resa vergognosa che porterebbe alle gabbie salariali, a nuove privatizzazioni e a crescenti disuguaglianze nonchè allo stravolgimento dell’Italia nata dalla Resistenza.

Federico Giusti

9/2/2020 www.controlacrisi.org

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