Il Calp blocca il porto di Genova: «La guerra inizia da qui»

Ancora una volta, i lavoratori si dissociano dai massacri e si mettono in azione. Alle prime luci dell’alba di giovedì 31 marzo, i lavoratori del Calp (Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali) hanno indetto sciopero e bloccato gli accessi a due varchi del porto di Genova.

Un blocco antimilitarista per denunciare il passaggio di armi dal Porto di Genova ma non solo, anche la produzione e progettazione di armi nelle vicine aziende come Leonardo e per dimostrare solidarietà con portuali di Livorno e aeroportuali di Pisa, impegnati in lotte simili.

Le azioni del Calp partono da lontano. Da quando il dibattito riarmo/antimilitarismo non era sulla bocca di tutti e nel porto di Genova transitava regolarmente la Bahri, nave saudita con rotta in partenza dall’America del nord e diretta in Siria o in Yemen, ovviamente carica di armi pronte a contribuire al massacro.

Quella nave passa ancora, ma senza più effettuare le operazioni di carico e scarico. Oggi la questione è di piena attualità, con il governo Draghi ben deciso a sottrarre soldi pubblici per finanziare ulteriormente il mercato di guerra.

I portuali, che sono iscritti al sindacato Usb e sono stati supportati nella protesta anche da altre realtà come Osa e Cambiare Rotta, hanno barricato i varchi di accesso porto, illuminati dalla lanterna, dalle 6.30 del mattino fino alle 10, quando sono partiti in corteo verso un’assemblea al circolo dell’autorità portuale.

In presidio, gran presenza di fumogeni, striscioni antimilitaristi, caffè e focaccia. Non è solo folklore, ovviamente: questa battaglia ha una storia lunga, fin da quando – come racconta il socio del Calp Josè Novoi – «all’inizio ci prendevano per pazzi che si opponevano a logiche ormai consolidate, oggi siamo qui a unire studenti e lavoratori difendendo la costituzione, che vieta il passaggio di armi da porti commerciali».

La legge 185/90, infatti, parla chiaro ma viene regolarmente ignorata dai vertici politici, sia locali che nazionali. Ogni dissenso viene immediatamente tacciato e i portuali lo hanno provato sulla loro pelle con diverse denunce a carico e la grottesca accusa di associazione a delinquere.

Questo passaggio di armi, come hanno spiegato i portuali, è l’inizio della guerra. È tra di noi che comincia il massacro di civili a causa della armi prodotte in Italia, da aziende affamate di profitto che stipulano accordi tra di loro per fini militari, ad esempio Leonardo e Iveco, in società per sviluppare nuovi sistemi mortiferi.

Vari interventi all’assemblea hanno sottolineato come la crisi pandemica prima e poi con la guerra si è disvelata la fragilità di un sistema ipercapitalistico che continua ad abbattersi sui settori popolari della società e sulle nuove generazioni.

L’Unione Europea finanzia sempre più la produzione di armi e indirizza verso questo settore lo sviluppo tecnologico. Questo processo è incarnato dal governo Draghi e dalle sue modifiche al Pnnr, ai cui costi vanno quindi aggiunti quelli della partecipazione, ormai diretta e attiva, alla guerra in Ucraina.

A questo proposito il leader del Calp Riccardo Rudino ha dunque ribadito l’anima antimilitarista del movimento: «Bisogna ragionare da compagni. Noi non siamo “né né”, noi siamo “contro”, contro la Nato e contro tutto questo. Il ruolo del Calp è anche quello di chiedere l’Italia fuori dalla Nato, ma soprattutto la Nato fuori dall’Italia».

Una giornata di sciopero che è un importante passo di avvicinamento allo sciopero e alla manifestazione nazionale di Roma del 22 aprile. Una giornata di sciopero che sottolinea quanto queste lotte passino spesso inosservate, sottovalutando il fatto che “la guerra inizia da qui”.

Andrea Tedone

1/4/2022 https://www.dinamopress.it

Tutte le immagini di Andrea Tedone

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *