Il Caravaggio scomparso

Il Caravaggio scomparso. Intrigo a Busto Arsizio - Riccardo Ferrazzi - copertina

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Riccardo Ferrazzi ci dà un’immagine di sé attraverso questo libro presentandosi come uno scrittore colto, con una base di ironia molto sottile e una visione lungimirante delle cose.
Certo la sua attività di traduttore dallo spagnolo e dall’inglese hanno contribuito, e non poco, ad affinare e perfezionare la sua scrittura.

In questo libro l’autore affronta il genere prendendolo dal verso di quella raffinata visione letteraria dove non ci sono morti ammazzati, immagini splatter, sangue che scorre a fiumi, inseguimenti che lasciano col fiato sospeso. Mancano le atmosfere cupe del vero noir eppure dentro un’ambientazione di provincia come questa non mancherebbero.
È una scelta dell’autore, credo, quella di muoversi sollevando il lettore da questi ingredienti perché forse non vuole tenere con il fiato sospeso, ma divertire facendo leva su quel senso di ironia e autoironia che aleggia in queste pagine.
Traspare, senza velature attraverso questa storia divertente l’immagine di un piccolo mondo di provincia con i suoi vizi e le sue (poche) virtù. Un modo anche questo di rappresentare la provincia italiana, quella provincia che è alla base del noir di casa nostra.

Il Caravaggio scomparso è un titolo che dice già come si muove il libro. C’è un’opera d’arte al centro della vicenda. Siamo nel nord industriale, un nord fatto di nebbie, un nord che sembra fatto apposta per ispirare trame gialle.
Siamo a Busto Arsizio, nell’alto milanese, zona che l’autore conosce molto bene. Qui Salvatore Navarra, titolare di una piccola fabbrica come tante in queste lande dove la piccola e media imprenditoria la fa da padrona, scompare senza lasciare traccia.
Il figlio Mick si rivolge a Piero Colombo, vecchio compagno di liceo, uno squattrinato giornalista di cronaca locale, e gli chiede di ritrovarlo. Colombo non può rifiutare. La sua vita è minacciata dal continuo rosso del conto in banca, dalle richieste di alimenti dell’ex moglie e la costante promessa del posto fisso in redazione che non arriva mai.
Il reporter si reca immediatamente a Lugano. Busto Arsizio è una città dove tutti sanno di tutti. Ed è risaputo che l’imprenditore aveva un’amante nel Canton Ticino e che spesso si recava a farle visita.
Qui Colombo non cava un ragno dal buco, ma il mistero si infittisce in quanto in Svizzera gli viene danneggiata l’automobile e, nel rientro tra le mura domestiche, viene aggredito.

Poco tempo dopo il capannone della Società Navarra prende fuoco in circostanze misteriose. L’incendio è di chiara origine dolosa.
E anche il figlio scompare misteriosamente per farsi vivo un po’ di tempo dopo con una telefonata al reporter e racconta del furto di una preziosissima tela di Caravaggio avvenuto alcuni anni prima a Palermo.
Cosa si nasconde dietro questa sparizione? Dietro c’è per caso un’oscura manovra mafiosa? Al lettore scoprirlo, accompagnato da questo bizzarro personaggio che è Piero Colombo che ci guida con sottile ironia dentro questo mondo di piccola provincia, la classica provincia del nord Italia, la mentalità degli industrialotti, quei padroncini fatti da sé, gretti, un po’ beceri, che si trastullano perché convinti di aver costruito chissà cosa.
Guardare la realtà con gli occhi di tutti giorni è semplicissimo quando ti fermi e non ti sogni nemmeno di varcare un limite che trovi a portata di mano. Forse oltre quel limite c’è un baratro, ma non lo possiamo sapere. Ecco la vertigine è a un passo e la vita quotidiana non ha voglia di farlo. Forse un passo che lo si può fare soltanto con la scrittura, il grande strumento di indagine che lo scrittore possiede per esplorare un mondo sconosciuto.

È una storia che colpisce perché porta in sé molte domande che possiamo porci perché ci invita a ragionare su un mondo, quello della provincia, quello che ha tenuto, nel bene e nel male, le redini di questo paese e ne ha generato tutte le sue contraddizioni.

Giorgio Bona

Scrittore. Collaboratore redazione del mensile Lavoro e Salute

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